martedì 7 settembre 2010

Il dire e il fare

Nulla è vero nel “sapere costruito sulla realtà”, tutto è verosimile. Quando nell'attività d'analisi – onesta e attenta – dello stato presente di cose si curva il “sapere costruito sulla realtà” verso un'esposizione sistematica rappresentativa delle contraddittorie forme dell'organizzazione sociale, si generano sistemi interrelati di categorie “filosofiche” (a volte, attendibili), con evidenti connessioni teorico-politiche interne, che finiscono per agire come ipostasi di problematiche dalle quali pur originano. Evitare l'ipostatizzazione delle “coscienze” individuali ed – estensivamente – della “coscienza sociale” è un arduo compito del “pensiero” e del “linguaggio” liberi. Per evitare che si arrivi a contemplare come compatibile anche la figura del capitalista filantropo … Esaminati alla luce dell'attività pratica e conoscitiva (scientifica) degli uomini, alla luce delle acquisizioni delle scienze naturali e sociali contemporanee, le problematiche connesse alla “contraddizione” strutturale del sistema capitalistico, non possono essere affrontate con la retorica tipica delle “narrazioni” etiche (pre-politiche) o antropologiche, a partire, come spesso capita, da “reperti” giornalistici (ad esempio, un'ulteriore intervista di un Ministro della Repubblica). Lo stile di chi ragione di “cose pubbliche” dovrebbe essere caratterizzato da attitudini, atteggiamenti d'indagine che superino la denuncia polemica dei misfatti del potere, secolarmente contrastato dalle masse polari più efficacemente che non da infuocati pamphlet, e tengano conto delle tappe storiche del tentativo d'assalto al cielo (edificare una nuova socialità svincolata dalle leggi del profitto) delle moltitudini diseredate, compresa la “tappa” leninista del 1917/1924 che – troppo frettolosamente ed ideologicamente trattate da certa nouvelle philosophie che ha dato il “meglio di sé” negli anni '70/'80 – sembra esulare dall'odierno dibattito sulla “crisi” e, soprattutto, dalle pratiche antagoniste oggettivamente intraprese per contrastarne il devastante incedere. Facciamo tutti un sforzo di sottoporre a critica le odierne concezioni e pratiche “rivoluzionarie” (se è questo l'orizzonte e non si vuole assistere – comodamente assisi di fronte al monitor del computer - ad una “volontà” che in modo prometeico fornisce un'alta retorica testimonianza di quanto marcio sia questo “mondo”), aggregandoci (come umilmente propongo da tempo ed ho esemplificato in una proposta di cui al link: http://cprca2010.ning.com/profiles/blogs/lt-unaltra-opposizione-e?xg_source=activity) intorno a problemi fondamentali della vita sociale creando una fenomenologia unificante delle lotte di resistenza e dirompente dell'assetto attuale del potere, capillarmente posizionato anche nell'azione pervasiva ed anestetizzante dei media (tutti), per riaffermare con forza la “cittadinanza attiva”.Le esposizioni laconiche e chiare di quanto accade nel mondo o più da presso sono utili (le “reti”, in generale, vanno “usate” per questo: informare, conoscere, mobilitare), ma non con le “relazioni proprie di universi sintetici”, comprese quelle più discutibili che possono occasionarsi nelle “cloache virtuali”, sarà mai possibile affrontare la “complessità globale” che necessita di corpi e menti effettuali, operanti – in forma “nomade” e “stanziale”, ad un tempo - con i piedi ben piantati in terra. Concludo con una “rischiosa” citazione, spero stimolante: «Marx riassume tutto questo dicendo che l'essenza soggettiva astratta viene scoperta dal capitalismo solo per essere di nuovo incatenata, alienata, non più, è vero, in un elemento esterno ed indipendente, come oggettività, bensì nell'elemento soggettivo stesso della proprietà privata: “Un tempo, l'uomo era esteriore a se stesso, il suo stato era quello dell'alienazione reale; ora questo stato si è mutato in atto di alienazione, di spossessamento”. In effetti, è la forma della proprietà privata a condizionare la congiunzione dei flussi decodificati, cioè la loro assiomatizzazione in un sistema in cui il flusso dei mezzi di produzione, in quanto proprietà dei capitalisti, si riconduce al flusso di lavoro detto libero, come “proprietà” dei lavoratori (cosicché le restrizioni statali in materia o il contenuto della proprietà privata non colpiscono assolutamente tale forma. È ancora la forma della proprietà privata a costituire il centro delle riterritorializzazioni fattizie del capitalismo. Essa produce le immagini che riempiono il campo d'immanenza del capitalismo, . . .». Gli autori sono Gilles Deleuze e Félix Guattari; l'opera è “L'anti-Edipo – Capitalismo e schizofrenia”, Cap. IV, 3 Psicanalisi e capitalismo, pag. 345, Biblioteca Einaudi, 1975.
Giovanni Dursi
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