sabato 6 novembre 2010
Sapere, potere e semiosfera
Sussiste un'analogia di struttura tra l'accumulazione della ricchezza, socialmente prodotta ed appropriata privatamente, e l'elaborazione monadica dei “materiali informativi” sulla realtà; l'incremento indefinito di conoscenze – soggettivisticamente prodotte – rende plausibile e socialmente operativo il nesso sapere-potere. Al di fuori di un”interlocuzione sociale” stabile e d'una condivisa costruzione delle “verità” sulle contraddittorie forme di vita, al di fuori d'una autentica “conoscenza collettiva”, non sono mai attendibili cognizioni proposte nella e dalla forma gerarchica del “lavoro intellettuale” realmente sussunto nell'organizzazione sociale capitalista. Ciò accade anche quando, individualmente e nelle sembianze di “falsa coscienza”, ci si propone come artefici di pensiero antagonista, alternativo alle diffuse conoscenze compatibili con l'assetto di potere; anzi, in questa guisa, si esprime proprio l'oggettiva separazione tra “chi sa o presume di sapere” e il referente sociale per il quale immagina di rappresentarne e, nel contempo, configurarne l'“esterna coscienza”. Le conoscenze – anche quelle autoprodotte e detenute da un singolo individuo – sono immerse “in un continuum semiotico pieno di formazioni di tipo diverso collocato a vari livelli di organizzazione”: è proprio questo continuum che rende possibile la vita sociale, di relazione e comunicazione, ed è chiamato da Jurij Michajlovič Lotman (1922 -1993) semiosfera. “La semiosfera è quello spazio semiotico al di fuori del quale non è possibile l’esistenza della semiosi” (passo tratto dal saggio intitolato appunto La semiosfera, 1984, in Lotman 1985, Venezia, Marsilio p. 58). Altro è identificare nel proprio operato e praticare quella schizofrenica separazione tra la possibile acquisizione ed il possesso di conoscenze e nozioni fatte proprie attraverso lo studio, l'informazione, l'applicazione e l'apprendimento, da un lato, e l'esperienza sociale, quell'insieme di pratiche – piuttosto che un apparato concettuale fabbricato teoricamente – che scaturiscono dall'aver visto, provato, esperimentato insieme ad altri e che generano il patrimonio culturale della collettività, dall'altro. A proposito, va ricordato che nella teologia cristiana, la “sapienza” è un attributo divino che si identifica con il Verbo o Figlio; tale concezione revisiona l'idea del tardo giudaismo, secondo la quale la “sapienza” è manifestazione di Dio (che “sa”) come creatore ed ordinatore provvidenziale del mondo (che “non sa”), confluendo nelle teologia cattolica che l'annovera tra i sette doni dello Spirito Santo in grado di conferire (a coloro che “non sanno”) la grazia del discernimento delle “realtà soprannaturali”.
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