martedì 6 settembre 2011

Sull'emancipazione sociale

Prospettive dell'emancipazione sociale a partire dal sollevazioni e mobilitazioni di massa nell'area euro-meditterranea - "Quelli che in vengono denominati "movimenti sociali", sono anzitutto azioni collettive improvvise e intermittenti di insubordinazione sociale contro il capitale e le specifiche modalità neoliberiste di dominazione. Volendo distinguere i tratti emancipativi, i limiti e le difficoltà della mobilitazione e delle sollevazioni indigene e popolari nell'area euro-meditteranea nell'ultimo decennio, vanno indagate le potenzialità e difficoltà di fronte alle quali le attuali modalità collettive di intervento e partecipazione antagonistica e/o autogestita nei temi politici e, in generale, nella vita pubblica dei diversi paesi, si trovano di fronte. L'obiettivo è presentare in maniera ordinata una serie di categorie e distinzioni basilari, al fine di rendere intelligibile il conflitto sociale contemporaneo, e affrontare la questione della emancipazione sociale. Questa tematica, sotto la prospettiva dei molteplici movimenti sociali di disobbedienza all'ordine capitalistico nel nostro continente, si caratterizza per due difficoltà principali: 1. il problema della relazione tra la costruzione dell'autonomia locale e l'autogestione di certi ambiti della vita sociale, e il confronto con lo sfruttamento e il dominio del capitale a livello generale -- in ogni singolo paese e nel mondo globalizzato. Cioè, la questione di trovare una soluzione al problema dell'articolazione delle lotte a partire dalla loro autonomia. 2. Il problema del potere, cioè, la questione dei modi più pertinenti di costruire nuove forme di autoregolazione della vita sociale che non si cristallizzino in nuove modalità di dominazione. È possibile presentarecc sette tesi sulla resistenza e la emancipazione possibile e una ipotesi per pensare il cambiamento.

Tesi 1

Quelli che vengono denominati "movimenti sociali", sono anzitutto azioni collettive improvvise e intermittenti di insubordinazione sociale contro il capitale e le specifiche modalità neoliberiste di dominazione consolidatesi in

■modificazioni nell'uso della forza lavoro che apre la porta a nuove e più acute forme di sfruttamento

■il saccheggio e l'espoliazione di beni comuni (acqua, gas, biodiversità, etc.), e lo smantellamento generale di ciò che fu ricchezza e spazio pubblico

■la privatizzazione istituzionalizzata che regolamenta e sanziona i modi di partecipazione alla vita pubblica, criminalizzando qualunque altra forma di intervento sui temi comuni.

Tesi 2

Una determinata forma di insubordinazione sociale sorge quando un eterogeneo conglomerato di persone, collettivi e gruppi si dota di un obiettivo negativo che attacchi aspetti precisi di qualcuna delle tre fondamenta dell'offensiva neoliberista menzionate, e produce una vasta lotta di resistenza che, in genere, straripa oltre l'intreccio istituzionale e normativo dominante e accettato come legittimo in ognuno dei paesi dove ha luogo (il caso delle lotte per l'acqua in Bolivia è paradigmatco di questo tipo di movimenti). Un altro tipo di movimenti ha tratti più stabili, il grado di coesione interna tra i suoi membri è più denso e si propone obiettivi non meramente definiti dalla negatività e l'antagonismo, e può stabilire "idee forza" positive per riconfigurare ambiti più ampi dello spazio sociale (la ribellione delle frammentate comunità metropolitane, è un esempio paradigmatico di questo tipo di movimenti).

Questo tipo di tipologia dei movimenti contemporanei di insubordinazione può costruirsi precisando alcuni tratti che li differenziano, come per esempio la loro "volatilità", cioè, il loro grado di coesione e condensazione interna; se privilegiano o no azioni di confronto con l'ordine del capitale, o la costruzione di autonome relazioni sociali distinte su un determinato territorio, i loro modi di confluenza e interconnessione con altri movimenti, cioè se privilegiano una sintonia temporanea delle proprie azioni collettive o se piuttosto si concentrano sullo stabilire-inventare certe forme di occupazione territoriale definita, etc. Il compito di costruire una tipologia non è una mera oziosità accademica se contribuisce alla comprensione delle diverse meccaniche -- non lineari, in alcun caso -- della resistenza e dell'insubordinazione. Il primo tipo di movimenti, dunque, sono le azioni collettive a più alto grado di volatilità: dense aggregazioni di uomini e donne che dispiegano sullo spazio pubblico -- la strada, i media, le strutture e istituzioni pubbliche -- la loro azione penetrante, simultanea nel tempo sebbene scarsamente coordinata, esibendo una specifica e stridente "capacità di veto" contro determinati aspetti puntuali, locali, nazionali o globali dei progetti capitalistici.

Questo tipo di movimenti consiste anzitutto nel dispiegarsi collettivo di una enorme carica di energia sociale che destruttura le decisioni e le istituzioni dell'ordine neoliberista: Cochabamba contro la privatizzazione dell'acqua nel 2000 e El Alto nel 2003-2005, l'Argentina nel 2001 contro le misure finanziarie di espoliazione massiccia della popolazione, tra le altre; la rivolta civile di Arequipa contro la privatizzazione dell'energia elettrica nel 2001; e inoltre l'opposizione degli abitanti e vicini di Atenco, ai bordi di Città del Messico, per la privatizzazione delle loro terre da destinare alla costruzione di un aeroporto, la lotta degli studenti nel CGH della UNAM contro lo smantellamento dell'educazione pubblica in Messico, la resistenza contro l'esproprio di terre in Tepoztlán, Morelos, Messico, attuata da comuneros e abitanti delle vicinanze, etc., sono esempi di movimenti di insubordinazione di questo tipo.

Tutti essi sono movimenti di insubordinazione improvvisi e, solo a volte, cumulativi, quasi sempre intermittenti e parziali, che contribuiscono soprattutto a modificare la correlazione di forze esistente in ogni paese dove hanno luogo, arrivando occasionalmente a mettere sotto scacco l'andamento normativo e istituzionale del capitale, e quindi il suo ordine.

In certa misura, è in questo tipo di movimenti che affiora in maniera lacerante la contraddizione dell'epoca: quella tra i popoli poveri, sfruttati, disprezzati e derubati delle proprie risorse, presenti nelle diverse nazioni, e il potere delle imprese multinazionali organizzate intorno ai protetti da parte dello stato nordamericano, i cui interessi e visioni del mondo sono veicolati dai distinti governi dei paesi. Questi movimenti delineano una nuova grammatica, cioè nuove regole per i linguaggi della lotta sociale, che non sono facilmente compresi per il loro carattere fondamentalmente destrutturante dell'ordine dominante, oltre che produttori di socialità positiva. In queso senso, sono movimenti di insubordinazione che modificano profondamente e sostanzialmente la correlazione delle forze in un luogo o in una nazione, sebbene lo facciano in genere durante corti intervalli di tempo. D'altro lato, per il modo come tali movimenti privilegiano l'unione orizzontale delle molteplicità sociali, aprendo la via alla cooperazione per la lotta, e in tanto che rendono più complessa la vita politica di ogni paese creando spazi per la partecipazione politica di strutture sociali prima limitate all'ambito della vita privata -- le famiglie, i vicinati, i gruppi sociali, e una gran diversità di collettivi e comunità --, sono movimenti anche gravidi di possibilità emancipative in germe che, a lunga scadenza, possono modificare in maniera decisiva la correlazione delle forze.

Il secondo tipo di movimento di insubordinazione è meno volatile, cioè, più denso, coeso, e stabile; privilegia la lotta di resistenza e la costruzione di autonomia locale, scava in maniera lenta e persistente nelle relazioni di dominio e solo occasionalmente irrompe in maniera dirompente nello spazio pubblico, presentandosi come soggetto critico che sfida i principali supporti dell'ordine del capitale: la struttura della proprietà, le forme liberali -- privatizzate -- della politica, le stratificazioni razziali della società che sostiene il "colonialismo interno". Esempi di questo tipo di movimento sono i MST brasiliani, l'EZLN messicano e, in certa misura, il movimento rurale aymara in Bolivia, il tessuto sindacale-comunitario dei produttori di coca nel Chapare, e l'organizzazione di resistenza, principalmente quechua, in Ecuador. Tutti questi sono movimenti di più lunga data, con una tradizione di lotta e resistenza sedimentata atraverso le loro precedenti azioni di confronto ed autoconfigurazione, con un grado minore di eterogeneità interna e situati, chiaramente, dentro un canone nazionale di azione politica, senza per questo negare le sue possibilità e capacità -- soprattutto nel caso zapatista -- di aprirsi ad altre problematiche, e di relazionarsi con una molteplicità di lotte di resistenza in altri paesi, con un contenuto molto meno "nazionale".

La virtù di questi movimenti, che in certa misura operano per stabilizzare fluttuazioni e rotture sociali precedenti, è che costruiscono ambiti di resistenza collettiva suscettibili di dispiegarsi, anche ad intermittenza, in azioni più dirompenti che tendono a modificare le correlazioni di forze non in forma convulsa e spasmodica, ma a più lunga scadenza. Intanto occupano territori demarcati con nitidezza, e in essi dispiegano energie che strutturano nuove relazioni sociali che, in maniera completa, trasformano, superano e annullano tendenzialmente certe relazioni di dominio e sfruttamento, o le fanno rivivere sotto nuove funzioni.

Tesi 3

Nei movimenti di insubordinazione del primo tipo, i più volatili e incendiari, non è il successo di una finalità prestabilita che permette di valutarli obiettivamente. Piuttosto, se l'intento è intravedere i tratti emancipativi nel dispiegarsi medesimo dell'azione sociale di insubordinazione, è importante comprendere come i molteplici mosaici mobili del conflitto sociale sfuggano ai diagrammi del potere che li hanno costituiti -- o cercato di costituire -- in frammenti controllabili. Come cooperano tra sé per risovere i problemi comuni. Come i collettivi e i gruppi umani disobbedienti inventano linee di fuga e flussi di forza che destabilizzano e pongono in dubbio l'andamento statale vigente nei suoi aspetti nomativi e istituzionali. Come si appropriano di e ricostituiscono spazi pubblici. Questa prospettiva ci permette di leggere nuovi insegnamenti in un'infinità di esperienze particolari di conflitto contro il capitale per scrutare nella grammatica della emancipazione. Cioè, ci permette di apprendere dalla lotta sociale e non assumere una sterile posizione di "valutazione dogmatica" degli evidenti limiti di cui questo tipo di movimenti soffre.

Tesi 4

In alcuni paesi -- a partire dalla espansione e generalizzazione di un conflitto su risorse naturali decisive -- si produce uno sviluppo di contenuti e significati degli obiettivi iniziali della insubordinazione sociale. Il caso del gas boliviano è paradigmatico: da "NO alla vendita del gas" come idea mobilizzatrice da prima del 2003, si è passati all'idea di "riappropriazione sociale delle risorse naturali" e all'impostazione della "nazionalizzazione del gas" e dell'"Assemblea Costituente -- originaria e sovrana". Inoltre, l'esperienza boliviana recente ci colloca nella problematica del transito dall'esistenza di capacità di mobilitazione e intervento collettivo nelle tematiche comuni, sufficienti per bloccare i piani dei governi, uno dopo l'altro, alla questione di come questa "moltitudine in atto" si erige sovrana oltre i limiti del conflitto. Cioè, la questione del potere.

In generale, lo sviluppo degli obiettivi del movimento nella Bolivia di oggi, gira intorno ai vari modi in cui si soddisfano le necessità, aprendo spazi a nuovi conflitti e dando luogo a paradossi. Il caso del gas e dell'acqua in Bolivia è il più chiaro su questa questione. Il paradosso, qui, riguarda il soggetto dell'azione sovrana di recupero di ciò che è stato dato via, cioè, chi è tenuto a nazionalizzare, a riappropriarsi della riccheza comune: è alle popolazioni, alle comuntà locali, ai comuneros, ai lavoratori, ai cittadini politicizzati in senso antiliberista, che corrisponde la prerogativa di far valere la proprietà della ricchezza comune, includendo la potestà di decidere su tutto lo spettro dell' attività produttiva, della sua gestione, destino e usufrutto... o è lo Stato, cioè la rappresentazione illusoria della totalità sociale, che deve esercitare la decisione sovrana sul patrimonio comune lasciando al movimento sociale la pressione perché lo faccia? Qui c'è un limite per il primo tipo di movimenti che, nella Bolivia del 2005, rimane pericolosamente aperto come un vortice che minaccia di aspirare la forza sociale destrutturante sgorgata negli utlimi cinque anni.

Tesi 5

Nei movimenti di insubordinazione del secondo tipo, i più stabili e duraturi, è decisivo il consolidarsi di spazi di autonomia, nella progressiva costruzione, lenta e difficile, di nuove relazioni sociali di "resistenza" che non riproducano nè le gerarchie nè le segmentazioni e divisioni sociali precedentemente esperite, nei molteplici sforzi di sottrarsi ai paradigmi e dispositivi della dominazione e dello sfruttamento.

Tesi 6

Il problema più difficile per questo secondo tipo di movimenti è in primo luogo nel riuscire ad evitare una possibile autarchia che possa condurli all'isolamento e alla minaccia di scomposizione. Cioè: come possono questo tipo di movimenti di insubordinazione, una volta ricomposta una certa stabilità sociale dopo la loro irruzione, dedicarsi a tendere i propri vincoli interni e dotarsi di nuovi obiettivi di confronto con l'ordine del capitale? In secondo luogo, all'interno delle proprie costruzioni autonome c'è anche un possibile paradosso: la riconfigurazione di ordini statali -- cristallizzati -- di dominazione dentro le sue politiche e pratiche quotidiane.

Per questo tipo di movimenti, stabilizzati nel tempo come corpo di relazioni sociali territorialmente localizzato si presenta, inoltre, la questione della difficoltà di trovare alleanze, per stabilire rapporti con altri movimenti e altre lotte: come riesce un gruppo sociale di resistenza già consolidato -- e impegnato nel suo proprio auto-consolidamento -- a stabilire vincoli orizzontali di cooperazione per la lotta con altri conglomerati sociali distinti, come riesce a stabilire relazioni di reciprocità?

Tesi 7

La capacità emancipativa dei movimenti di insubordinazione che tendono a soddisfare le necessità quotidiane in altra maniera, si può misurare a partire dalle loro possibilità di passare con maggiore o minore fluidità dalla autogestione della vita quotidiana all'antagonismo e viceversa.

In generale si è qui presentata una classificazione tra i movimenti di insubordinazione sociale dei due tipi qui distinti: il consolidamento dei progressi in termini di modificazione della relazione generale di forze mediante la costruzione esplicita di relazioni sociali e della gestione degli ambiti di vita a partire dall'autonomia; oppure, privilegio delle azioni e compiti di confronto e di dispiegamento dell'antagonismo, nel mezzo del quale si abilitano forme di coordinamento temporale con altri gruppi, collettivi e settori di lotta e resistenza. In certa misura, questa classificazione fissa il paradigma di una strategia ciclica in due tempi, che si possono chiamare "accerchiare e costruire". La difficoltà consiste nel fatto che, in generale, e nella misura in cui ogni tempo suole presentarsi come opzione escludente e/o complessa e difficilmente concordante con l'altro tempo che configura la coppia "accerchiamento e costruzione"; si è presentata finora una relativa carenza di coordinazione configurante -- nazionale e globale -- dell'insieme dei movimenti di insubordinazione.

I movimenti di insubordinazione che privilegiano il consolidamento autonomo e territoriale di relazioni sociali distinte hanno frequentemente incontrato difficoltà a funzionare come organismi di conflitto e ad unirsi con altri movimenti sociali di insubordinazione, in maniera tale da "cedere" terreno e tempo -- per esprimerci in qualche modo -- a favore di governi, stati e imprese multinazionali che stabilizzeranno le linee della dominazione e dello sfruttamento.

Da parte loro, i movimenti che privilegiano il conflitto, il momento antagonistico ma che nn sono riusciti a consolidare spazi e territori di costruzione e difesa esplicita delle proprie pratiche autonome, quotidiane e politiche, sebbene tracciano le linee e gli spazi delle trasformazioni in una società data, non riescono tuttavia a sedimentare nè dare forma all'energia che generano con le proprie azioni e, in genere, sono riusciti solo ad essere forza destrutturante che la forza dello Stato e del capitale assorbe, introducendola nelle proprie finalità -- in certa misura è ciò che è successo in Ecuador e può ancora succedere in Bolivia.

In base alle idee precedenti, deboli per il loro livello di generalizzazione dei ricchissimi dettagli di ogni singolo evento, forti perché tendono a ridurre la complessità rendendo intellegibili e comparabili fatti diversi, avanzo le seguenti ipotesi:

L'idea di una strategia del "poter fare" dei movimenti sociali passa per l'articolazione e comprensione e il dispiegamento della molteplicità di azioni collettive per l'emancipazione, nei suoi aspetti costruttivi ed antagonistici.

In questo senso, l'emacipazione deve essere vista come una trasformazione di relazioni sociali che si produce a partire dalla disarticolazione dell'ordine del capitale e della sua dominazione. A questo scopo sono ugualmente decisivi sia i movimenti di antagonismo che di consolidamento-costruzione delle relazioni sociali basate sulla reciprocità e il riconoscimento dell'autonomia. Finora, quello che fanno i movimenti di insubordinazione è introdurre energia destabilizzatrice nel sistema dominante, sia costruendo nicchie di autonomia, sia dispiegando azioni di conflitto. A partire da qui, la questione della emancipazione dipende dal nostro dotarci di strumentazione teorica per pensare alle possibilità di un "cambio di stato", per servire simultaneamente al problema di introdurre fluttuazioni e deconfigurare l'ordine dominante, così come il problema di stabilizzare sotto diversi lineamenti e forme sociali l'energia sociale così dispiegata.

Enunciarlo è relativamente semplice, contribuire alla sua realizzazione pratica è una sfida gigantesca."

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