mercoledì 25 febbraio 2015

"Ho fatto esperienza dell'estraneità"

By Giovanni Dursi "Ho fatto esperienza dell'estraneità. L'anima ha le sue forme. Spiritualità è la mia fame, la mia stanchezza, il mio sudore. Ruggito della vita, pochi secondi, suadente tempesta, ogni volta tutto è sconvolto. Perdo i compagni, uno ad uno, per strada, ridanciani. Ispirati, girano a destra e a manca, ansimanti come ronzini sfiancati, godono del disfacimento, neanche se ne avvedono. La loro anima, leccornia nel trogolo di avidi maiali. Pregano, tremebondi, credono, dopo tanti affanni, s'arrendono. Narciso padre li accoglie in grembo. Si specchiano e si donano. In certi periodi, in una vita, tutte le tensioni latenti sembrano addensarsi. Si prefigurano già quelle che segneranno il tempo a venire. Il libro più felice è quello da scrivere, zampilla come sangue dal polso lacerato, per non morire.
L'anima ha le sue forme. Il racconto in cifra della storia sottile e tormentosa mi scuote, mi riguarda. Il tempo delle preghiere, della speranza, dell'amore mi è estraneo. L'eco di frammenti dei lunghi dialoghi con con gli amici, sempre più debole. Mesi esacerbati, mi uccido, come tubercolosi la borghesia in me, cessa l'insano respiro. Partorisco nelle meravigliose domande, nelle succose intentate attività. Poco tempo prima di questi fatti, annoto nel mio diario: «Se guardo al futuro, ai cinquant’anni che seguiranno, vedo davanti a me un grande deserto grigio». La «metafisica della gioventù» non tonifica né nutre d'intensità. S'avvicina, per la sua dolente impudica realtà, al clima dell'hotel Auschwitz-Birkenau. . . .
", Ottobre 2013