sabato 9 marzo 2013

Tra Umstülpung, Umkehrung e Hybris – Nota di sconnessione dal dibattito M5S, Wu Ming, “Bifo” ed altri

Il termine – rovesciamento – appartiene al lessico filosofico hegeliano: indica il passaggio dall'idea all'esistenza. Nella marxiana Critica della filosofia hegeliana del diritto (1843), “rovesciamento” è denotato negativamente ed indica uno scambio tra reale e ideale. L'esempio del rapporto tra idea di Stato (come autodeterminazione della volontà) e monarca chiarisce la connotazione negativa; «in primo luogo – scrive Karl Marx – il rovesciamento del fine rappresentato in esistenza è qui immediato, magico. In secondo luogo, il soggetto è qui la pura autodeterminazione della volontà, il semplice concetto stesso; è l'essenza della volontà che è determinata come soggetto mistico; non è alcun volere reale; individuale, cosciente, è l'astrazione della volontà, che si rovescia in esserci naturale, è l'idea pura che s'incarna in un individuo». In direzione feuerbachiana, Marx nei Manoscritti economico-filosofici del 1844, sottolinea come il “rovesciamento” soggetto-predicato rappresenti il centro teorico della dialettica hegeliana. In essa il soggetto concreto, rappresentato dall'uomo e dalla natura reale, diviene il semplice predicato (un'attribuzione oggettuale) del vero soggetto astratto. Quest'ultimo si svela al termine del processo dialettico, dopo aver negato come alienato, cioè come predicato esteriore, il soggetto reale (l'uomo e la natura). «Il soggetto e il predicato si trovano quindi fra loro nel rapporto di un rovesciamento assoluto, mistico soggetto-oggetto o soggettività prevaricante l'oggetto». Il rovesciamento soggetto-predicato conferma quindi, secondo Marx, l'omogeneità della filosofia di Hegel all'alienazione dell'uomo reale. Viene scambiato il “concreto” con l'”astratto”: l'allontanamento dell'uomo dalla natura e viceversa viene concettualmente oggettivato nella negatività del loro ruolo in quanto esteriori rispetto ad un principio assoluto. Sarà la loro negazione (negazione della negazione) a sopprimere l'alienazione. Il tema del “rovesciamento”, solo assimilandosi al tema teorico-politico della dialettica materialistica, può esprimere il significato autentico. Infatti, nel poscritto alla seconda edizione del Capitale, Marx rivendica la necessità di operare un rovesciamento della dialettica hegeliana per liberarla dalla sua religiosità di fondo: «La mistificazione alla quale soggiace la dialettica nelle mani di Hegel … » di mostra che essa è capovolta; pertanto, «bisogna rovesciarla per scoprire il nocciolo razionale entro il guscio mistico». La legge economica, interna alla storia umana, inesorabile o meno, non può essere soppressa, né sottovalutata. Se una forza predomina sulle altre, nasce una “crisi” che ha una funzione positiva in sé perché può portare a quell'equilibrio esigibile ed attuabile solo fuoriuscendo dalla precedente contraddizione insita nella formazione economico-sociale generatrice della “crisi”. Non esistono “mani invisibili”, tanto meno “eccessi sostenibili”; esistono contraddizioni. Non considerare Hybris, figura divina che incarna la violenza, qualsiasi pratica che ecceda rispetto all'equilibrio voluto da Zeus e ritenuto da tanti inevitabile condizione umana retta da Dike, significa trascurare la natura ontologica della “crisi” attardandosi ad osservare il deretano di chi sembra correre più veloce divertendosi a commentarne le movenze. Non sono gli scandali a far crollare le istituzioni, lo Stato capitalistico-borghese, altrettanto esiziale la presunta “eticoterapia” somministrata, alle stesse Istituzioni, da una pattuglia di “rappresentanti del popolo” che hanno invaso le trincee ormai sguarnite del potere dedito al laido conservatorismo. Il sentimento irreversibile antipartito non ha nelle sue previsioni il rinnovamento, quella rifondazione necessaria della società capace di destrutturarne la contraddizione principale, non codifica la novitas, unica ed indispensabile, della rivoluzione politica, non sa parlare della prospettiva. Trattasi di un inedito capitolo d'una favola archetipa, d'una narrazione che esprime con linguaggio rinnovato un vecchio copione.