In
un intervento pubblico tenuto anni fa ed enfatizzato dalla stampa e
dal “circo” mediatico, Karol
Wojtyla
si è pronunciato sul “silenzio
di Dio, che non si rivela più e sembra essersi rinchiuso nel suo
cielo, quasi disgustato dall’agire dell’umanità”.
Il terrificante messaggio, per la comunità cristiana cattolica, di
un dio silente, pronto alla tempestosa collera che abbandona
l’umanità al proprio delirio babelico è stato sbrigativamente
liquidato dai media
come
sermone generalista (prodotto immateriale “buono” per
stigmatizzare la guerra, la distruzione dell’habitat,
il presunto deficit
etico nella sessualità, la clonazione).
Crediamo,
invece, che l’inquietante messaggio interroghi profondamente tutti
gli aspetti della cristianità, oltre a quella parte di mondo laico
che fonda i propri valori culturali e morali trascendendo una
prospettiva esclusivamente autoidentitaria e autoreferenziale. Papa
Wojtyla, consapevole, e noi con lui, della
decadenza
(nel linguaggio dell’economia, degenerazione iperliberista) che
caratterizza l’occidente capitalista, la denuncia come il male
attuale che l’umanità non è più in grado di sanare, al limite di
un epocale harahiri.
L’annuncio dell’Apocalisse spirituale, preludio della catastrofe planetaria è, non a caso, accompagnata dai ripetuti e condivisibili ultimi interventi dei due papa attuali, l’emerito Bendetto XVI e Francesco I, a favore della pace. Chi non li farebbe, anche solo vedendo le immagini del martirio sociale e catastrofe urbana di al-Raqqa dove sono avvenute decapitazioni e crocefissioni contrastate con i bombardamenti. Ma le ultime dichiarazioni appaiono, constatati il silenzio e l’assenza di dio, fautori di una pace costruita in nome proprio, in una prospettiva orizzontale totalmente immanente.
L’annuncio dell’Apocalisse spirituale, preludio della catastrofe planetaria è, non a caso, accompagnata dai ripetuti e condivisibili ultimi interventi dei due papa attuali, l’emerito Bendetto XVI e Francesco I, a favore della pace. Chi non li farebbe, anche solo vedendo le immagini del martirio sociale e catastrofe urbana di al-Raqqa dove sono avvenute decapitazioni e crocefissioni contrastate con i bombardamenti. Ma le ultime dichiarazioni appaiono, constatati il silenzio e l’assenza di dio, fautori di una pace costruita in nome proprio, in una prospettiva orizzontale totalmente immanente.
Viene
aperto, in questo non più “nuovo” millennio, uno
scenario filosofico
di tipo tolemaico, dove l’essere
umano è al centro con un sole spento che gli gira intorno.
Nuove e, fino a poco tempo fa, impensabili alleanze sono possibili
nella rappresentazione di un improbabile neo-illuminismo che ora
sembra accomunare Chiesa cattolica e sinistra no-global.
Entrambe sembrano dimenticare che lo straccetto arcobalenico che va
da Gino
Strada
a Don
Ciotti
ha sostituito la stretta di mano a Pinochet di ieri, che l’intervento
in favore della pace di oggi è in contraddizione con l’interventismo
espresso da Giovanni Paolo II nell’omelia in occasione del Giubileo
dei militari e delle forze di polizia, nel Novembre del 2000, che
vogliamo ricordare: «La
pace è un fondamentale diritto di ogni uomo, che va continuamente
promosso, tenendo conto che gli uomini in quanto peccatori sono e
saranno sempre sotto la minaccia della guerra fino alla venuta del
Cristo. Talora questo compito, come l’esperienza anche recente ha
dimostrato, comporta iniziative concrete per disarmare l’aggressore.
Intendo qui riferirmi alla cosiddetta “ingerenza umanitaria”, che
rappresenta, dopo il fallimento degli sforzi della politica e degli
strumenti di difesa non violenti, l’estremo tentativo a cui
ricorrere per arrestare la mano dell’ingiusto aggressore».
Senza
entrare nel merito della variabile, nella storia della Chiesa,
dell’opportunità politica dei diversi “expedit”
o “non
expedit”,
emerge il dato terribile che la morte
di dio,
già profetizzata da Nietzsche, è stata questa volta annunciata dal
“megafono
vaticano“,
che utilizza a pieno titolo e a piene mani il sistema
dell’informazione multimediale per amplificarsi. È evidente a
tutti che il pugno, evocato e giustificato da Francesco
I da
dare all'eventuale villano colpevole di aver offeso sua madre, fa
pendant
con
le variegate forme di esasperazione magico-misterica, di esaltazione
delirante, di nociva
intossicazione delle relazioni sociali ahimè testimoniata dai modi
di intendere il cristianesimo da parte dei credenti contemporanei.
Certo
è che l'autentico
cristiano non avverte la necessità di definirsi tale e/o baciato
dalla grazia divina;
egli opera da cristiano, emulando Cristo, anche nell'epoca della
virtualizzazione identitaria schizofrenica indotta da un uso né
consapevole né critico dei social
network
che, a volte, vengono anacronisticamente demonizzati e ripudiati
rifugiandosi nella solipsistica penitenziale preghiera. Tali pratiche
devote o delle liturgie ad
hoc,
quasi personali, à
la carte,
in preda al vaneggiamento della propria simbolica perfezione,
autorizza tali pseudocristiani a stigmatizzare ed ossessionare, con i
propri angusti codici interpretativi, i portatori del pensiero
critico, della laicità costitutiva dell'etica pubblica,
dell'ateismo, della razionalità filosofica e scientifica.
Questo
rito mistico dell'irrazionalità – molto simile ai roghi accesi
dall'Inquisizione per estirpare le eresie detentrici di verità –
sta annichilendo i cristiani cattolici che si rifugiano
nell'intimismo della preghiera e del dialogo egolatrico con dio;
inoltre, vedrà la parte egemone politicamente (destra neofascista)
del mondo cattolico imporre la propria “supremazia spirituale”
con la violenza argomentativa
e
della
sua
influenza istituzionale, celebrare a Verona (dal 29 al 31 Marzo 2019)
il XIII World
Congress of Families
, evento organizzatore del movimento globale antiabortista,
antifemminista, anti-LGBTQI e delle azioni contro la tutela dei
diritti delle persone.
A
latere,
viene spontaneo chiedere che, a questo proposito, ognuno parli per
sé. Cos’hanno da dire sul silenzio di dio le migliaia di giovani
riunite, con cadenze prossime, per un giubileo festoso e
rumoreggiante ? E tutti coloro, e crediamo siano tanti, che,
nell’ascolto dell’altro e nel silenzio di sé, lottano per la
pace attraverso la costruzione di un punto di vista che trascenda il
proprio ? Forse è Iannacci, in una sua vecchia canzone che può
inconsapevolmente indicarci la soluzione del paradosso teologico di
un Verbo
muto,
di un Lògos
afasico quando ricorda che “bisogna
avere orecchio, bisogna averne un sacco, tanto, anzi parecchio…”.
L’esperienza
dell’ascolto
– impossibile agli integralisti e rubato ai mistici del XXI secolo,
sordamente impegnati in via esclusiva nel penitenziàgite
- è possibile a partire dal silenzio, non di un eventuale dio, ma
nostro, mettendo a tacere le chiacchiere rumoreggianti, individuali e
collettive, tipiche dell’alienante sistema dominante
dell’informazione. Si presentano sempre più come “rumore
dei media”
che diviene omologante informazione del dominio che tutto cerca di
coprire, anche i pensieri più personali e le più intime
convinzioni, secondo il modello
del Panoptico,
la struttura di un edificio ideato da J. Bentham nel corso della
seconda metà del secolo XVIII per rispondere alle nuove esigenze di
organizzazione e controllo sociale dettate dallo sviluppo dei centri
urbani e dalle mutate condizioni di lavoro, entrambi epifenomeni
della cosiddetta prima rivoluzione industriale.
Viene
da chiedersi se tale incessante rumore
di fondo
– ciò che, parafrasando Foucault,
possiamo intendere come una sorta di “visibilità”
come “trappola”
della modernità – non sia uno strumento di persuasione alla
conformità, che, garantendo spazi identitari di “buonismo”,
purché controllato, eterodiretto e collettivo, cerca di mettere in
realtà al bando ogni divergente esperienza di libertà
individuale e collettiva.
Non è il silenzio di dio che preoccupa, tappa obbligata fra l’altro
di ogni autentica esperienza spirituale, ma la chiassosità di
proclami invadenti e unilaterali sulla nostra personale identità.
Inoltre, nella ricostruzione di “fronti”,
siano anche ispirati da valori encomiabili come quello della pace –
che, in definitiva, si gioca sul terreno economico piuttosto che
prepolitico, morale -, c’è sempre il rischio di inceppare in
meccanismi identitari di gruppo che, nella riconferma di sé,
escludono l’altro.
Esclusione
non solo del nemico guerrafondaio, ma anche di qualsiasi verticalità
che, al di fuori di noi, concorra ad ispirare le nostra azioni. Se
dio tace, parliamo noi, se ci abbandona alla guerra, qualcuno ha
sempre un Papa che lavora per tutti. Il rischio vero è che la
secolarizzazione della Chiesa cattolica vada di pari passo con la
delirante riconferma
di sé di chi si pensa nel giusto.
Se l’abbandono
dell’umanità
al suo destino da parte di dio appare motivato dagli avvenimenti
degli ultimi anni (non è mai troppo tardi ...), sorge ancora più
stridente l’autoesaltazione dei vari e mutevoli “fronti” per la
vita.
Come se la guerra
fosse sempre e comunque voluta da altri e non riguardasse
profondamente ciascuno di noi nella sua più intima essenza,
nell’aderire o meno ad una concezione del proprio essere al mondo
basata sul profitto. Altro che dimensione eterea, altro che il
sentire dell'anima ! Consapevolezza, questa dell'adesione alla
materialità dell'esistenza, che solo lo sguardo autocosciente,
coltivato nel personale spazio interiore che si sforza di cogliere
l'obiettività, può far scaturire: forse, in quello spazio,
religioso o laico che sia, “dio”, per chi crede in dio, o l’arma
della razionalità
critica
possono parlare ancora. Di fronte al bivio storico Trump – Kim
Jong-un, bisogna immaginare quale strada alternativa scegliere.
Giovanni
Dursi
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