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domenica 8 dicembre 2019

Primo scandaglio sul movimento delle "sardine"

Per movimento sociale impegnato nel rinnovamento della “politica” e della “rappresentanza” si può intendere l'insieme dei soggetti – singole persone o associate, gruppi organizzati o spontanei – attraverso cui la “società civile”, a partire dagli ultimi decenni (anni '80) del Novecento, dal momento della crisi irreversibile del sistema dei partiti di massa reduci dell'esperienza politico-istituzionale democratica post-bellica, viene esprimendo frustrazioni, capacità critica, volontà militanti emergenti e un protagonismo comunicativo-sociale (narrazione contrapposta a quella del “potere” costituito) nonché politico competente (allusioni esplicite alla “democrazia diretta”), strutturando la propria azione cosciente, sia a fini di difesa (rivendicazionismo economico-normativo), sia a fini di costruzione identitaria e d'organizzazione politico-culturale.
La storia recente dei movimenti sociali che interpretano diffuse e variegate esigenze di rinnovamento politico è dunque l'evoluzione del continuo processo di ricomposizione politica delle masse, sin dalla radicale espressione di tornare a contare nei riguardi della autoreferenzialità del ceto politico, per giungere – sempre partendo da questa aurorale determinante coscienza -, in alcuni casi efficacemente (le esperienze che datano dal '68 al '77), ad un antagonismo duale, ad una risoluta dialettica con il governo capitalistico dello sviluppo industriale del modo di produzione e della riproduzione delle correlate forme di vita.
Pertanto, due sembrano essere i limiti intrinseci alle insorgenze attuali della società civile nella porzione di mondo occidentale che si riferisce all'Europa.
In Francia una protesta contro il caro carburante, vede la galassia dei gilet gialli continuare dal 17 Novembre 2018 la lotta e guerriglia cittadina, unificando lentamente i soggetti frammentati dello scontento sociale; pur essendosi presentati alle ultime Elezioni europee di fine maggio ottenendo percentuali deludenti, non hanno intenzione di fermarsi neanche dopo i ripensamenti governativi, senza però evolvere positivamente dal “situazionismo” e dalla logica intrinseca alle “rivolte da stakeholders”, privi, come sembrano essere, di una pianificazione politico-organizzativa che agisca da piattaforma necessaria a costruire alleanze e “neutralità” utili ad autentico progetto di irreversibile mutamento sociale, cioè ad una trasformazione prodotta in un dato periodo storico (capitalismo globale) nella struttura della società. A dimostrazione di ciò, infatti, non è per nulla chiara la direzione di tali lotte e guerriglie cittadine oltre il condivisibile discorso trade-unionistico che alimenta.
In questo caso, il lessico è incerto.
Tensioni e processi sociali conflittuali indotti da una cecità strategica – pur avendo caratteristiche tali da poter diventare un'estesa 'rivolta' popolare -, nel lungo periodo, implodono ed autorizzano il potere ad esercitare violente azioni repressive e di controllo conformistico delle nuove leve di “les révolutionnaires, les qualifiant de casseurs et de fauteurs de troubles peu recommandables”, come ebbe a definire i membri di tale movimento francese l'ex Presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano.
Per quanto riguarda le manifestazioni delle “sardine” in giro per l’Italia, il movimento nato a Bologna con l’ormai celebre flash mob di 15mila persone in spasmodica replica ed in attesa dell'esito delle Elezioni regionali dell'Emilia Romagna previste a Gennaio 2020, buone quest'ultime per verificarne l'impatto politico-elettorale a sostegno dell'establishment in crisi di fronte alle spallate della destra, il limite principale è di affermare la complessità sociale foriera di alienazione popolare riconducendo però ad un orizzonte intrasistemico il potenziale eversivo delle disuguaglianze sociali.
Il “soggettivismo” delle “sardine” esemplificato dalle pratiche di piazza e dall'ispirazione ecumenica dei promotori autoconfina, purtroppo, il movimento negli angusti ambiti “generazionali” 1 e nella gretta considerazione della «democrazia reale» come luogo esclusivo di retoriche politiche a confronto dal quale potrebbe scaturire un'agognato cambiamento nelle urne.
Ecco, pensare di sconfiggere il liberismo contemporaneo e/o contrastare la pericolosità e le gravi conseguenze, a dir poco apocalittiche, della cosiddetta “finanziarizzazione dell’economia”, in altre parole, della disintegrazione dell’economia reale, anche limitatamante alla metropoli italiana, con il ripristino della corretta ritualità partecipativo-elettorale e con l'enfasi narrativa della “rappresentanza”, dalla quale, con l'immissione di forze fresche (le stesse migliori “sardine” ?), spontaneamente si genererebbe una democrazia sostenibile sorretta dal modo d'espressione della volontà popolare, vuol dire illudersi e non aver capito la lezione di storia che scaturisce dai 74 anni intercorrenti dal risultati del Referendum istituzionale di domenica 2 e lunedì 3 giugno 1946, indetto per determinare la forma di Stato da dare all'Italia dopo la fine del regime fascista e della seconda guerra mondiale.
In quest'altro caso, il lessico è ambiguo.
Altra è la prospettiva della rottura degli ordinamenti statuali e giuridici, sociali ed economici di una società e la riconfigurazione radicale degli stessi attraverso un nuovo potere, strutturatosi nel corso di manifestazioni che inducono – queste si – uno squilibrio fra strutture fondamentali del consenso e del potere.
Giovanni Dursi
Docente M.I.U.R. di Filosofia e Scienze umane


1 A questo proposito, va ricordato che la Resistenza al Fascismo nacque in Italia vent’anni prima che negli altri paesi democratici dell’Europa occidentale; lo studio della Resistenza italiana, propriamente detta, e cioè dei venti mesi dell’occupazione tedesca, dal settembre 1943 all’aprile 1945, non può quindi prescindere dall’opposizione al Fascismo nei vent’anni precedenti, in cui essa affonda le sue radici e ritrova i suoi storici precedenti. Ciò evidenzia, inequivocabilmente, che non furono solo i giovani ad opporsi con le armi ai nazi-fascisti, bensì che molti partigiani, sopravvissuti ai conflitti a fuoco, giunsero all'età della maturità con le armi in pugno dedicando l'adolescenza alla Resistenza.

lunedì 25 marzo 2019

L'essere umano è al centro, con un sole spento che gli gira intorno – Pensieri su Cristo ed i cristiani cattolici

In un intervento pubblico tenuto anni fa ed enfatizzato dalla stampa e dal “circo” mediatico, Karol Wojtyla si è pronunciato sul “silenzio di Dio, che non si rivela più e sembra essersi rinchiuso nel suo cielo, quasi disgustato dall’agire dell’umanità”. Il terrificante messaggio, per la comunità cristiana cattolica, di un dio silente, pronto alla tempestosa collera che abbandona l’umanità al proprio delirio babelico è stato sbrigativamente liquidato dai media come sermone generalista (prodotto immateriale “buono” per stigmatizzare la guerra, la distruzione dell’habitat, il presunto deficit etico nella sessualità, la clonazione).
Crediamo, invece, che l’inquietante messaggio interroghi profondamente tutti gli aspetti della cristianità, oltre a quella parte di mondo laico che fonda i propri valori culturali e morali trascendendo una prospettiva esclusivamente autoidentitaria e autoreferenziale. Papa Wojtyla, consapevole, e noi con lui, della decadenza (nel linguaggio dell’economia, degenerazione iperliberista) che caratterizza l’occidente capitalista, la denuncia come il male attuale che l’umanità non è più in grado di sanare, al limite di un epocale harahiri.
L’annuncio dell’Apocalisse spirituale, preludio della catastrofe planetaria è, non a caso, accompagnata dai ripetuti e condivisibili ultimi interventi dei due papa attuali, l’emerito
Bendetto XVI e Francesco I, a favore della pace. Chi non li farebbe, anche solo vedendo le immagini del martirio sociale e catastrofe urbana di al-Raqqa dove sono avvenute decapitazioni e crocefissioni contrastate con i bombardamenti. Ma le ultime dichiarazioni appaiono, constatati il silenzio e l’assenza di dio, fautori di una pace costruita in nome proprio, in una prospettiva orizzontale totalmente immanente.
Viene aperto, in questo non più “nuovo” millennio, uno scenario filosofico di tipo tolemaico, dove l’essere umano è al centro con un sole spento che gli gira intorno. Nuove e, fino a poco tempo fa, impensabili alleanze sono possibili nella rappresentazione di un improbabile neo-illuminismo che ora sembra accomunare Chiesa cattolica e sinistra no-global. Entrambe sembrano dimenticare che lo straccetto arcobalenico che va da Gino Strada a Don Ciotti ha sostituito la stretta di mano a Pinochet di ieri, che l’intervento in favore della pace di oggi è in contraddizione con l’interventismo espresso da Giovanni Paolo II nell’omelia in occasione del Giubileo dei militari e delle forze di polizia, nel Novembre del 2000, che vogliamo ricordare: «La pace è un fondamentale diritto di ogni uomo, che va continuamente promosso, tenendo conto che gli uomini in quanto peccatori sono e saranno sempre sotto la minaccia della guerra fino alla venuta del Cristo. Talora questo compito, come l’esperienza anche recente ha dimostrato, comporta iniziative concrete per disarmare l’aggressore. Intendo qui riferirmi alla cosiddetta “ingerenza umanitaria”, che rappresenta, dopo il fallimento degli sforzi della politica e degli strumenti di difesa non violenti, l’estremo tentativo a cui ricorrere per arrestare la mano dell’ingiusto aggressore».
Senza entrare nel merito della variabile, nella storia della Chiesa, dell’opportunità politica dei diversi “expedit” o “non expedit”, emerge il dato terribile che la morte di dio, già profetizzata da Nietzsche, è stata questa volta annunciata dal “megafono vaticano“, che utilizza a pieno titolo e a piene mani il sistema dell’informazione multimediale per amplificarsi. È evidente a tutti che il pugno, evocato e giustificato da Francesco I da dare all'eventuale villano colpevole di aver offeso sua madre, fa pendant con le variegate forme di esasperazione magico-misterica, di esaltazione delirante, di nociva intossicazione delle relazioni sociali ahimè testimoniata dai modi di intendere il cristianesimo da parte dei credenti contemporanei.
Certo è che l'autentico cristiano non avverte la necessità di definirsi tale e/o baciato dalla grazia divina; egli opera da cristiano, emulando Cristo, anche nell'epoca della virtualizzazione identitaria schizofrenica indotta da un uso né consapevole né critico dei social network che, a volte, vengono anacronisticamente demonizzati e ripudiati rifugiandosi nella solipsistica penitenziale preghiera. Tali pratiche devote o delle liturgie ad hoc, quasi personali, à la carte, in preda al vaneggiamento della propria simbolica perfezione, autorizza tali pseudocristiani a stigmatizzare ed ossessionare, con i propri angusti codici interpretativi, i portatori del pensiero critico, della laicità costitutiva dell'etica pubblica, dell'ateismo, della razionalità filosofica e scientifica.
Questo rito mistico dell'irrazionalità – molto simile ai roghi accesi dall'Inquisizione per estirpare le eresie detentrici di verità – sta annichilendo i cristiani cattolici che si rifugiano nell'intimismo della preghiera e del dialogo egolatrico con dio; inoltre, vedrà la parte egemone politicamente (destra neofascista) del mondo cattolico imporre la propria “supremazia spirituale” con la violenza argomentativa e della sua influenza istituzionale, celebrare a Verona (dal 29 al 31 Marzo 2019) il XIII World Congress of Families , evento organizzatore del movimento globale antiabortista, antifemminista, anti-LGBTQI e delle azioni contro la tutela dei diritti delle persone.

A latere, viene spontaneo chiedere che, a questo proposito, ognuno parli per sé. Cos’hanno da dire sul silenzio di dio le migliaia di giovani riunite, con cadenze prossime, per un giubileo festoso e rumoreggiante ? E tutti coloro, e crediamo siano tanti, che, nell’ascolto dell’altro e nel silenzio di sé, lottano per la pace attraverso la costruzione di un punto di vista che trascenda il proprio ? Forse è Iannacci, in una sua vecchia canzone che può inconsapevolmente indicarci la soluzione del paradosso teologico di un Verbo muto, di un Lògos afasico quando ricorda che “bisogna avere orecchio, bisogna averne un sacco, tanto, anzi parecchio…”.
L’esperienza dell’ascolto – impossibile agli integralisti e rubato ai mistici del XXI secolo, sordamente impegnati in via esclusiva nel penitenziàgite - è possibile a partire dal silenzio, non di un eventuale dio, ma nostro, mettendo a tacere le chiacchiere rumoreggianti, individuali e collettive, tipiche dell’alienante sistema dominante dell’informazione. Si presentano sempre più come “rumore dei media” che diviene omologante informazione del dominio che tutto cerca di coprire, anche i pensieri più personali e le più intime convinzioni, secondo il modello del Panoptico, la struttura di un edificio ideato da J. Bentham nel corso della seconda metà del secolo XVIII per rispondere alle nuove esigenze di organizzazione e controllo sociale dettate dallo sviluppo dei centri urbani e dalle mutate condizioni di lavoro, entrambi epifenomeni della cosiddetta prima rivoluzione industriale.
Viene da chiedersi se tale incessante rumore di fondo – ciò che, parafrasando Foucault, possiamo intendere come una sorta di “visibilità” come “trappola” della modernità – non sia uno strumento di persuasione alla conformità, che, garantendo spazi identitari di “buonismo”, purché controllato, eterodiretto e collettivo, cerca di mettere in realtà al bando ogni divergente esperienza di libertà individuale e collettiva. Non è il silenzio di dio che preoccupa, tappa obbligata fra l’altro di ogni autentica esperienza spirituale, ma la chiassosità di proclami invadenti e unilaterali sulla nostra personale identità. Inoltre, nella ricostruzione di “fronti”, siano anche ispirati da valori encomiabili come quello della pace – che, in definitiva, si gioca sul terreno economico piuttosto che prepolitico, morale -, c’è sempre il rischio di inceppare in meccanismi identitari di gruppo che, nella riconferma di sé, escludono l’altro.
Esclusione non solo del nemico guerrafondaio, ma anche di qualsiasi verticalità che, al di fuori di noi, concorra ad ispirare le nostra azioni. Se dio tace, parliamo noi, se ci abbandona alla guerra, qualcuno ha sempre un Papa che lavora per tutti. Il rischio vero è che la secolarizzazione della Chiesa cattolica vada di pari passo con la delirante riconferma di sé di chi si pensa nel giusto. Se l’abbandono dell’umanità al suo destino da parte di dio appare motivato dagli avvenimenti degli ultimi anni (non è mai troppo tardi ...), sorge ancora più stridente l’autoesaltazione dei vari e mutevoli “fronti” per la vita. Come se la guerra fosse sempre e comunque voluta da altri e non riguardasse profondamente ciascuno di noi nella sua più intima essenza, nell’aderire o meno ad una concezione del proprio essere al mondo basata sul profitto. Altro che dimensione eterea, altro che il sentire dell'anima ! Consapevolezza, questa dell'adesione alla materialità dell'esistenza, che solo lo sguardo autocosciente, coltivato nel personale spazio interiore che si sforza di cogliere l'obiettività, può far scaturire: forse, in quello spazio, religioso o laico che sia, “dio”, per chi crede in dio, o l’arma della razionalità critica possono parlare ancora. Di fronte al bivio storico Trump – Kim Jong-un, bisogna immaginare quale strada alternativa scegliere.
Giovanni Dursi

martedì 25 ottobre 2016

N O perchè ...

No perché gli interessi in gioco - territorialmente, economicamente e socialmente vasti - sono "gestiti", paradossalmente, da entrambi gli schieramenti referendari, ridefinendoli in termini di interessi politicamente ristretti. Basta sapere come si è giunti - parlamentarmente - a questo Referendum confermativo  e da chi è sponsorizzato. Ecco perché va riletto il libro "Senza tregua - La guerra dei GAP" di Giovanni Pesce.

Prefazione [kb 8 HTML]
Capitolo Primo Alla macchia [kb 33 HTML]
Capitolo Secondo Nelle Brigate Internazionali [kb 30 HTML]
Capiitolo terzo Come nasce una bomba [kb 44 HTML]
Capitolo Quarto Quanto vale un gappista? [kb 47 HTML]
Capitolo Quinto All'assalto di Torino [kb 42 HTML]
Capitolo Sesto Morte e trasfigurazione [kb 83 HTML]
Capitolo Settimo
Addio Torino [kb 34 HTML]
Capitolo Ottavo Milano[kb 34 HTML]
Capitolo Nono La battaglia dei binari [kb 44 HTML]
Capitolo Decimo Spie, carnefici e giustizieri [kb 32 HTML]
Capitolo Undicesimo Un elemento sicuro [kb 44 HTML]
Capitolo Dodicesimo Valle Olona [kb 40 HTML]
Capitolo Tredicesimo Reazioni a catena [kb 52 HTML]
Capitolo Quattordicesimo A ritmo serrato [kb 60 HTML]
Libro intero [kb 267 ZIP]

Nella Gazzetta Ufficiale del 15 Aprile 2016 è stato pubblicato il testo della Legge costituzionale approvato da entrambe le Camere, in seconda deliberazione, a maggioranza assoluta dei componenti. La riforma dispone, in particolare, il superamento dell'attuale sistema di bicameralismo paritario, riformando il Senato che diviene organo di rappresentanza delle istituzioni territoriali; contestualmente, sono oggetto di revisione la disciplina del procedimento legislativo e le previsioni del Titolo V della Parte seconda della Costituzione sulle competenze dello Stato e delle Regioni. E' altresì disposta la soppressione del CNEL. 
A seguito della presentazione di richieste di sottoposizione della legge a referendum costituzionale, ai sensi dell'art. 138 della Costituzione, l'Ufficio centrale per il referendum della Corte di cassazione ha dichiarato la legittimità del seguente quesito referendario: «Approvate voi il testo della legge costituzionale concernente "Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione" approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016?».
Il 4 Dicembre 2016 si svolgerà il referendum popolare confermativo previsto dall'articolo 138 della Costituzione sulla suddetta legge costituzionale.
* * * * *
Resistenza e Costituzione.

di Alberto Berti

Questo è un discorso che voglio fare soprattutto ai giovani amici di Recsando sapendo che nelle nostre scuole certi problemi che dovrebbero contribuire alla loro formazione di cittadini di una repubblica democratica raramente vengono affrontati e se affrontati lo vengono con estrema superficialità dando loro scarsissima importanza.

Credo che pochissimi conoscano la nostra Carta Costituzionale e che ancora meno siano coloro che si rendono conto di vivere in un paese che ha una delle costituzioni più avanzate fra quelle esistenti.

In Austria, in Svezia, negli Stati Uniti, già in quelle che sono le ultime classi delle scuole elementari, i maestri cominciano a spiegare la Costituzione che regola i rapporti fra i cittadini ed i poteri dello stato in cui vivono. Negli Stati Uniti i ragazzi vengono educati a conoscere anche gli “emendamenti” della loro Costituzione e richiamarsi ad essi.

In Italia, fra qualche settimana, il 22 dicembre festeggeremo (?) i cinquant’anni dell’approvazione a grandissima maggioranza della Costituzione avvenuta nel lontano 22 dicembre 1947 da parte dell’Assemblea Costituente eletta dal popolo italiano il 2 giugno 1946 assieme al referendum che spazzava via la monarchia savoiarda.

L’approvazione della Costituzione ha segnato una svolta fondamentale nella storia del nostro paese, non soltanto per i principi che essa ha posto alla base dell’ordinamento della società italiana, ma anche per le garanzie di cui li ha rivestiti e che hanno il loro perno nella qualificazione della Costituzione stessa come Costituzione rigida.

Cosa vuol dire Costituzione rigida? Vuol dire semplicemente che i “princìpi” in essa enunciati non sono modificabili con procedure legislative ordinarie e, dall’altro lato, che le leggi che sono incompatibili con quei principi non hanno alcuna validità. Sono da ritenersi nulle. Anzi, la dottrina costituzionalista e la giurisprudenza della Corte Costituzionale (anch’essa introdotta nel nostro paese per la prima volta con la Costituzione) hanno messo in luce la regola secondo la quale esiste un nucleo di “principi supremi” che non sono suscettibili di modificazione neppure attraverso i procedimenti di revisione che la Costituzione stessa prevede. Infatti in questi ultimi tempi si è parlato molto di revisione della Costituzione, da parte della Commissione bicamerale appositamente designata, ma se fate caso, leggendo i giornali, vedrete che essa si è occupata dell’ordinamento dello Stato, sul sistema delle elezioni di deputati e senatori, sui compiti attribuiti alle due Camere, sull’elezione del Presidente della Repubblica, sulle funzioni pubbliche attribuite a comuni, provincie, Regioni e Stato, eccetera, quindi la commissione è intervenuta sulla seconda parte della Costituzione e non sulla prima che enunciava i principi fondamentali del nostro vivere civile.

Sarebbe opportuno, senza che io li ripeta qui di seguito, che i miei giovani lettori leggessero i primi articoli della costituzione in modo da poter percepire e comprendere, la portata pratica dell’affermazione dei valori della libertà, dell’eguaglianza e della democrazia. Il catalogo delle libertà che la Costituzione enuncia, comprende, insieme con i classici diritti civili e politici, un complesso di diritti economici e sociali i quali concorrono a qualificare la forma di Stato, oltre che come forma di stato di diritto, anche come stato sociale.

Queste enunciazioni sviluppano, in particolare, i due princìpi, certamente “supremi” che troviamo scritti negli articoli 2 e 3, che fondano la libertà umana e l’esigenza di promuovere in ogni modo possibile l’eliminazione delle discriminazioni - sia di diritto che di fatto - che ostacolano la realizzazione dell’eguaglianza dei cittadini.

Adesso, care sandonaute e sandonauti, occorrerebbe stabilire come la Costituzione italiana sia nata e perché. Ed allora bisogna riandare a quel meraviglioso fenomeno popolare che è stata la Resistenza.

Per dare un significato politico, per stabilire un collegamento tra Resistenza e Costituzione, penso che sia necessario iniziare ricordando il discorso di Piero Calamandrei ai giovani milanesi tenuto nel 1955 che si concluse con la forte immagine secondo la quale la Costituzione veniva presentata come un “testamento”: il testamento dei caduti della Resistenza.

Calamandrei con il suo mirabile discorso voleva tenere viva l’attenzione dei giovani sui valori che la Costituzione aveva codificato e che le vicende politiche successive rischiavano in qualche modo di appannare.

A più di cinquant’anni di distanza mi sembra necessario accentuare non tanto il fatto militare, quanto il forte spessore politico che danno valore alla Resistenza e alla guerra di liberazione.

Se ci volessimo limitare a ricordare la Resistenza come un solo fatto militare saremmo oggi ridotti a celebrarla come vecchi compagni d’armi che si ritrovano, consumano assieme il rancio, ascoltano qualche ricordo, si salutano augurandosi di ritrovarsi l’anno successivo.

Se la guerra di liberazione e la lotta partigiana consistessero soltanto in un evento di carattere militare, terminata la guerra, il 25 aprile 1945, si sarebbe potuto dire missione compiuta, non ne parliamo più. Invece bisogna parlarne, perché la lotta di liberazione del nostro paese non è stata soltanto un fatto di carattere militare, è stata un fatto politico, nel senso nobile della parola, e non partitico: cioè nell’interesse della collettività, del bene collettivo. Infatti nei territori occupati dai nazisti, diciamocelo francamente, l’unica vera forma di rappresentanza dell’Italia era data dai partigiani e da coloro che combattevano per la Libertà.

L’esercito non esisteva più, si era liquefatto come neve al sole, il paese era in mano ai nazisti oppressori e chi veramente rappresentava il paese erano i partigiani, i comitati di liberazione nazionale tant’è vero che furono costituite delle repubbliche partigiane Carnia, Montefiorino, Val d’Ossola, dove i loro governi provvisori emanarono addirittura delle leggi.

Durante quei governi ci fu una distinzione tra giurisdizione civile e quella penale; ci fu una distinzione tra reati comuni e reati politici; ci fu una polizia alle dirette dipendenze della magistratura: tutte cose che hanno servito a quello che si doveva costruire nel nostro paese. E' da ricordare che la costruzione politica derivante dalla Resistenza è stata difficilissima fin dal tempo della Resistenza stessa, perché i partigiani non avevano alle spalle quello che avevano gli altri resistenti e combattenti in Europa. I grandi avvenimenti, come la rivoluzione russa, hanno avuto dei precedenti di carattere culturale e filosofico. Per la rivoluzione francese abbiamo avuto tutto il periodo dell’illuminismo, per la rivoluzione russa abbiamo avuto tutto il marxismo, le sue implicazioni, le culture diverse intorno al marxismo, le discussioni. In Italia dietro le spalle non c’era nulla.


Ci fu chi battezzò la Resistenza come il nostro Secondo Risorgimento. Non sono d’accordo con quel grande storico che fu Luigi Salvatorelli. Anzitutto perché al Risorgimento partecipò, anzi lo portò alla vittoria la monarchia sabauda che non parteciperà alla Resistenza. Il Re che aveva già tradito lo statuto albertino, che non seppe ripudiare il fascismo, che non si tirò indietro né davanti alle leggi razziali ne alla dichiarazione di guerra, di fronte al movimento di Resistenza rimase freddo ed assente ed i motivi li conosciamo sin troppo bene. Pensava di rifarsi una verginità e di far dimenticare le sue malefatte avallando la dichiarazione di guerra alla Germania nazista presentatagli da Badoglio nell’ottobre del 1943.

La differenza tra Risorgimento e Resistenza è notevole: i due movimenti sono paragonabili su un solo piano, quello di liberare l’Italia dall’occupazione straniera. Per il resto, idee, contenuti, esercito, lotte, partecipazione, ecc. sono diversissimi.

Il Risorgimento discende direttamente dalle idee della rivoluzione francese e dalle guerre napoleoniche che fanno balenare nelle menti più aperte degli italiani la possibilità e la necessità di riunire dopo tanti secoli l’Italia in un solo Stato. Quelli che sentono questa necessità e si prodigano per propagandarla costituiscono un'élite minoritaria rispetto al resto della popolazione. Si tratta di nobili, intellettuali, professionisti e studenti. La classe operaia e quella contadina non sentono e da quei problemi non vengono affascinate. Anzi, per quel poco che sanno, li odiano. Per loro l’unità d’Italia significa guerra, carneficine, lutti e miserie di cui loro, contadini ed operai sono costretti a portarne il peso. Infatti essi costituiscono la cosiddetta carne da cannone, quella che deve sacrificarsi sui campi di battaglia. Da ciò deriva il loro odio per i Bandi di mobilitazione generale, le cartoline precetto di richiamo alle armi ed in una parola di tutto ciò che ha attinenza con la guerra.

La Resistenza è una cosa diversa: non esistono né Bandi di mobilitazione, né cartoline precetto. Si va in montagna liberamente, spinti da ideali diversissimi, quando addirittura non saranno i Bandi della repubblica di Salò a costringere i giovani ad una scelta decisiva.

Ci si ritrova in montagna giovani e vecchi, operai e contadini, uomini e donne, comunisti, socialisti, GL, monarchici e persino i cattolici che durante il Risorgimento erano stati col cuore dalla parte del Papato. Per la prima volta nella storia d’Italia contadini ed operai partecipano attivamente alla costruzione del loro futuro e non lo subiscono. Troviamo formazioni partigiane costituite quasi completamente da contadini, come nel cuneese, oppure da operai dei cantieri navali nella Venezia Giulia.

Le donne s’impegnano in tutte le forme possibili: reperimento di viveri in pianura per portarli con le gerle in montagna, cucendo indumenti per il parente o l’amico partigiano, facendo la staffetta da una formazione all’altra, portando ordini e notizie sia dalla pianura che dalla città. Come sarebbe stata possibile altrimenti una Resistenza senza l’aiuto delle donne?

La Resistenza fu infatti, come la definì Salvemini, una guerra di popolo, né più, né meno di quello che aveva dichiarato Parri ai primi di novembre del 1943, quando con Valiani attraversò il confine svizzero per incontrarsi con i delegati angloamericani i quali dal movimento partigiano si aspettavano solo sabotaggi ed informazioni e rimasero strabiliati quando egli affermò ripetutamente che puntava su una guerra del popolo italiano, condotta da una esercito del popolo: i partigiani. A quel tempo i partigiani che erano saliti in montagna ammontavano si e no a qualche migliaio.

Alcuni fatti mi sembrano importanti da chiarire in quanto di solito vengono dimenticati o sottovalutati. Man mano che la lotta partigiana aumentava d’intensità nei territori occupati dai tedeschi essa si conquistò l’ammirazione ed il rispetto dei comandi alleati, specie dopo l’insurrezione di Firenze che pose fine alla lotta sanguinosissima combattuta in Toscana. Nello stesso mese di agosto del 1944 la brigata Rosselli, comandata da Nuto Revelli, impedì per alcuni giorni nella battaglia della Val Stura alla 90° divisione corazzata tedesca di accorrere da Acqui, dove si trovava, a Tolone, valicando il passo della Maddalena, per bloccare lo sbarco angloamericano avvenuto tra Nizza e Marsiglia. Nello stesso tempo i garibaldini di Arrigo Boldrini con i mazziniani di Biasini e Libero Gualtieri combattevano contro i tedeschi sulla linea gotica.

La guerra di liberazione nazionale fu senza alcun dubbio una lotta armata contro l’invasore nazista e contro il fascismo nostrano messosi al suo servizio, ma fu anche una lotta politica che cominciò al Sud nel territorio già liberato dagli angloamericani i quali tardavano a ripristinare le libertà democratiche. In ciò vi era senza alcun dubbio l’interesse di Churchill che voleva difendere la monarchia sabauda e che la riteneva un possibile futuro baluardo contro una eventuale minaccia comunista.

Il congresso del partito d’azione tenutosi a Bari nel gennaio del 1944, che si espresse in modi durissimi all’unanimità contro la monarchia sabauda aveva profondamente turbato Churchill che neanche l’arrivo di Togliatti dalla Russia nel successivo marzo e la conseguente “svolta di Salerno” riuscirà a tranquillizzare.

Il fatto politico più importante fu senza dubbio la creazione dei CLN, i Comitati di Liberazione Nazionale, che consentirono di dare alla Resistenza italiana un unico indirizzo politico, un unico comando generale della lotta partigiana e s’imposero, con loro unitarietà, sia di fronte alle forze partigiane che li riconobbero come loro emanazione, ma anche rispetto alle autorità militari angloamericane.

I CLN che discendevano a grappolo dal centro, Milano, sino al più sperduto paese dove si lottava per la libertà, vennero riconosciuti dagli alleati, ma l’azione politica più importante si svolse a Roma.

Qualche giorno prima della liberazione di Roma, il CLN centrale chiese in forma ultimativa le dimissioni del generale Badoglio da presidente del consiglio, di dare pieni poteri legislativi al governo che si sarebbe formato, di esentare i ministri dal giuramento di fedeltà al Re e di farli giurare invece nell’interesse supremo della nazione e stabilire con un decreto legge che al termine della guerra il popolo italiano avrebbe potuto scegliere la forma statuale che più gli aggradava: monarchia o repubblica.

Liberata Roma, Badoglio fu costretto a dimettersi ed il suo successore, Bonomi, ex presidente del CLN romano, si fece dare pieni poteri legislativi e sulla base degli stessi emanò il 25 giugno 1944 il decreto che stabiliva sia l’elezione di una Assemblea Costituente che la scelta istituzionale, a guerra conclusa, tra Monarchia e Repubblica. Calamandrei commentò:” siamo usciti dalla legalità statutaria e siamo entrati nella legalità precostituente.”

A fine estate, sbalordito dell’opera delle brigate partigiane e dei CLN, il toscano in particolare e dell’importanza assunta dal movimento partigiano che era riuscito a creare tre zone libere ed aveva bloccato una intera divisione corazzata che si stava precipitando a dare manforte alle guarnigioni tedesche che tentavano di impedire lo sbarco, il Comando delle truppe alleate, chiese un incontro con il CLN alta Italia (CLNAI). La delegazione del CLNAI (formata da Parri, Pizzoni, Paietta e Sogno) che si recò a Roma già da mesi liberata, ebbe dagli incaricati del generale Wilson e del Maresciallo Alexander il riconoscimento del diritto di condurre la lotta partigiana, che costituiva un invito alle popolazioni di sostenere il movimento partigiano e fu anche firmato un protocollo di accordo col quale le autorità militari alleate s’impegnavano ad avallare le nomine dei responsabili amministrativi (Prefetti, sindaci, questori, provveditori agli studi,ecc.) effettuate dai CLN.

Il successo della missione romana degli esponenti della Resistenza nel Nord, ancora occupato dai nazisti fu completato dalla promessa Alleata di intensificare i lanci paracadutati di armi ed aiuti di vario genere alle formazioni partigiane.

Il tutto venne raccolto in un protocollo firmato da entrambe le parti. L’importanza politica di questo protocollo è notevolissima: eccetto che nel caso della Jugoslavia, gli alleati avevano sempre trattato con i governi in esilio delle varie nazioni occupate dai tedeschi. In questo caso invece trattavano e firmavano documenti direttamente col movimento partigiano operante nella zona occupata dai nazisti ed ebbe sentore di quelli che erano i motivi ed i programmi del movimento partigiano.

Udirono Parri dichiarare senza mezzi termini che si combatteva per costituire una repubblica democratica che bandisse in quella che sarebbe stata la sua nuova carta costituzionale ogni tipo di guerra di aggressione, che non ci sarebbero più state in Italia discriminazioni dovute a razza, fede religiosa od altro, che l’eguaglianza dei cittadini di fronte alle leggi dello stato non avrebbe avuto limitazioni, eccetera; tutte cose che noi poi troveremo scritte tra i principi della nostra costituzione.

Altro aspetto politico importante della Resistenza italiana fu l’organizzazione degli scioperi dei primi di marzo 1944 che bloccarono l’attività di moltissime fabbriche e di intere città. A Milano si fermarono i tram, lo sciopero bloccò anche Il Corriere della Sera. Non era possibile per i nazifascisti nascondere la gravità che da tali scioperi emergeva. Inoltre fu attraverso l’attività dei propagandisti politici nelle fabbriche, negli uffici e dappertutto che in molti cittadini, sino a quel momento disinteressati, si manifestò il desiderio e la necessità di seguire attentamente le vicissitudini della politica.

Le fucilazioni e le deportazioni di scioperanti, operate dai nazisti, i manifesti affissi nelle strade che annunciavano condanne a morte ottennero solo lo scopo di fare odiare ancor di più dalle popolazioni fascisti e nazisti.

Un altro aspetto che non bisogna dimenticare è l’apporto di idee e programmi che la Resistenza ha elaborato e consegnato ai futuri reggitori della politica nazionale. E da quelle idee e da quei programmi che sono usciti i valori, i principi che sono alla base delle nostra Costituzione che il 22 dicembre compirà cinquant’anni. Ricordiamocelo.

San Donato Milanese, 20 Novembre 1997

Senza tregua - La guerra dei GAP

sabato 15 ottobre 2016

NO Renzi Day

NO Renzi Day. Sabato 22 Ottobre  Manifestazione nazionale a Roma 
per il NO sociale alla controriforma costituzionale
                             
In allegato trovate appello, adesioni, programma, locandina del NO Renzi day

Primi firmatari Lidia Menapace partigiana Bruna, Umberto Lorenzoni partigiano Eros, Paolo Maddalena, Luigi De Magistris, Nicoletta Dosio, Moni Ovadia, Valerio Evangelisti, Dino Greco, Pino Marziale, Antonio Distasi, Mimmo Mignano, Stefano Fassina, Franco Russo, Giorgio Cremaschi, Fabrizio Tomaselli, Luciano Vasapollo, Carlo Formenti, Ernesto Screpanti, Sergio Cararo, Paolo Ferrero, Manuela Palermi, Mauro Casadio, Paolo Leonardi, Giovanni Russo Spena, Emiddia Papi, Paola Palmieri, Guido Lutrario, Eleonora Forenza, Claudia Candeloro, Carlo Guglielmi, Franco Turigliatto, Moreno Pasquinelli, Stefano D’Errico, Fabio Frati, Maurizio Acerbo, Andrea Ferroni, Roberta Fantozzi, Rosa Rinaldi, Laura Di Lucia Coletti, Ciccio Auletta, Marco Bersani, Roberto Musacchio, Cesare Antetomaso, Massimo Rossi, Italo Di Sabato, Haidi Giuliani, Francesco Caruso, Emilio Molinari, Alfio Nicotra, Fabio Alberti

NO RENZI DAY
NO ALLA CONTRORIFORMA E AL GOVERNO RENZI
L’appello del Coordinamento
per il NO Sociale alla Controriforma Costituzionale:

Il governo Renzi dopo infiniti ritardi ha fissato la data del voto referendario per il 4 dicembre. Organizzazioni sindacali di base, movimenti civili e sociali, organizzazioni politiche militanti della lotta per la democrazia, il lavoro e l’ambiente, partigiani, hanno dato vita al COORDINAMENTO PER UN NO SOCIALE ALLA CONTRORIFORMA COSTITUZIONALE che propone due scadenze nelle quali far sentire le ragioni sociali del NO:
- Il 21 ottobre il coordinamento sostiene lo SCIOPERO GENERALE proclamato sinora da USB, UNICOBAS, USI per la difesa dei diritti del lavoro e dello stato sociale, per difendere ed applicare la Costituzione del 1948, per dire basta al governo Renzi e al massacro sociale. Lo sciopero si svolgerà con iniziative diffuse in tutto il paese.
- Il 22 ottobre il COORDINAMENTO indice il NORENZIDAY, manifestazione nazionale a Roma per dire NO alla Controriforma Costituzionale ed a tutti i suoi autori nel nome del popolo sfruttato, precario, senza lavoro, impoverito, avvelenato.
I temi della mobilitazione saranno:
PER L’APPLICAZIONE DEI PRINCIPI E DEI DIRITTI DELLA COSTITUZIONE DEL1948: IL LAVORO, LA FORMAZIONE E LA SCUOLA PUBBLICA, LA CASA, IL REDDITO, LO STATO SOCIALE E I BENI COMUNI IN MANO PUBBLICA, L’AMBIENTE E LA DEMOCRAZIA, LA DEMOCRAZIA E LA SICUREZZA SUI LUOGHI DI LAVORO. LA LIBERTÀ E LA SOVRANITÀ DEMOCRATICA DEL POPOLO ITALIANO, OGGI SOTTOPOSTA AD UN VERGOGNOSO ATTACCO DA PARTE DEI GOVERNI DEGLI USA, DELLA GERMANIA E DALLA BUROCRAZIA DELLA UE.
NO ALLA CONTRORIFORMA COSTITUZIONALE DEL GOVERNO, DELLA CONFINDUSTRIA, DELLE BANCHE E DELL’ UNIONE EUROPEA.
NO AL JOBSACT, ALLA PRECARIETA’ SOCIALE, ALLA BUONA SCUOLA, ALLA LEGGE FORNERO, AL DECRETO MADIA, ALLA TAV E ALLE GRANDI OPERE, ALLA PERSECUZIONE DEI MIGRANTI, ALLA DISTRUZIONE DELLO STATO SOCIALE, ALLE PRIVATIZZAZIONI, AI TAGLI ALLA SANITA’, AGLI INTERVENTI SULLE PENSIONI A FAVORE DELLE BANCHE, AL TTIP ED AL CETA.
NO ALLA GUERRA, ALLA NATO, ALLE SPESE E ALLE MISSIONI MILITARI, ALLA REPRESSIONE PADRONALE, POLIZIESCA E GIUDIZIARIA.
DOPO LO SCIOPERO GENERALE DEL 21 OTTOBRE LA MOBILITAZIONE CONVERGERÀ DAL POMERIGGIO DEL 21 IN PIAZZA SAN GIOVANNI PER UNA ACCAMPATA DI PROTESTA DA CUI PARTIRÀ IL 22 OTTOBRE IL CORTEO DEL NORENZIDAY

Lidia Menapace partigiana Bruna, Umberto Lorenzoni partigiano Eros, Paolo Maddalena, Luigi De Magistris, Nicoletta Dosio, Moni Ovadia, Valerio Evangelisti, Dino Greco, Pino Marziale, Antonio Distasi, Mimmo Mignano, Stefano Fassina, Franco Russo, Giorgio Cremaschi, Fabrizio Tomaselli, Luciano Vasapollo, Carlo Formenti, Ernesto Screpanti, Sergio Cararo, Paolo Ferrero, Manuela Palermi, Mauro Casadio, Paolo Leonardi, Giovanni Russo Spena, Emiddia Papi, Paola Palmieri, Guido Lutrario, Eleonora Forenza, Claudia Candeloro, Carlo Guglielmi, Franco Turigliatto, Moreno Pasquinelli, Stefano D’Errico, Fabio Frati, Maurizio Acerbo, Andrea Ferroni, Roberta Fantozzi, Rosa Rinaldi, Laura Di Lucia Coletti, Ciccio Auletta, Marco Bersani, Roberto Musacchio, Cesare Antetomaso, Massimo Rossi, Italo Di Sabato, Haidi Giuliani, Francesco Caruso, Emilio Molinari, Alfio Nicotra, Fabio Alberti

Prime adesioni: USB, UNICOBAS, USI, CUB Trasporti Lazio, Eurostop, Movimento No TAV Val di Susa, Forum Diritti Lavoro, Contropiano, Carovana delle periferie Roma, Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua, Partito della Rifondazione Comunista, Rossa, Rete dei Comunisti, Sinistra Anticapitalista, Partito Comunista Italiano, Noi Restiamo, L’Altra Europa con Tsipras, Militant Roma, CONUP (pensionati), Centro Sociale 28 Maggio Brescia, USI Cons, FGCI, Giovani Comunisti, Sinistra No Euro, CARC, Circolo Agorà Pisa, Centro internazionale Crocevia, Rete NOWAR, Per un’altra città – Laboratorio Politico Firenze, Fronte Popolare Milano, Partito Comunista dei Lavoratori, P101, Economia Per I Cittadini, Comitato per il No di Roma, Coord. Per la Democrazia Costituzionale (comitato per il NO) Napoli, Comitato della Franciacorta per il NO, ATTAC Italia, Partigiani della Scuola Pubblica, MGA (associazione avvocati), Collettivo Comunista (M-L) Nuoro, Sinistra per Roma, Giuristi democratici, centro sociale Zona 22 (San Vito Ch), Osservatorio sulla repressione, Controlacrisi
Movimento Nazionale Antifascista per la Difesa Integrale e il Rilancio della Costituzione, Comitato per "Un NO per la democrazia sociale”, Comitato per il 'NO' di Civitavecchia, Comitato Nazionale Lipscuola, Comitato Ligure La Scuola per il NO, Rete per l'autorganizzazione popolare, collettivo politico della Casa del Popolo Giuseppe Tanas, Facciamosinistra, CSOA TERRA ROSSA Lecce, Università Popolare Asylum, Arsave - Laboratorio per la città che vogliamo, PMLI, Lavoro e Salute, Forum Insegnanti, Partito di Alternativa Comunista, Associazione Politico Culturale "La Rossa" di Lari (PI), Commissione Audit sul debito pubblico di Parma, Fronte di Lotta No Austerity, autoconvocatiscuoleroma
Mario Agostinelli, Carlo Andreini, Carlo Barbiani, Gaetano Bucci, Giovanni Caggiati, Ciampi Angelo, Chirico Domenico, Gabriele Visco Gialardi, Enzo Lanini, Arianna Roggeri, Angelo Ruggeri, Paolo Andreozzi, Mario Eustachio de Bellis, Marina Boscaino, Alfredo Toppi, Stefano Galieni, Fabio de Nardis, Carla Maria Ruffini, Sergio Cesaratto, Angelo Di Naro

Coordinamento per NO Sociale alla Controriforma Costituzionale
Per informazioni, adesioni e contatti: coordinamentonosociale@gmail.com

 NO RENZI DAY
NO ALLA CONTRORIFORMA E AL GOVERNO RENZI
Programma in corso di definizione della due giorni per il No Renzi Day
Venerdi 21 ottobre
giornata dello sciopero generale indetto da USB, UNICOBAS, USI ci saranno iniziative territoriali in tutta Italia.
Dalle ore 16.00 a Roma “accampata” di lotta con dibattiti su Europa e riforme
a P.zza San Giovanni, dalle 21 concerti di Banda Bassotti, Assalti frontali, Pugni in tasca, The Conspirators, Los 3 altos, Skasso, intermezzi con Giordano Deplano, Cristian Raimo ed altri. Parteciperà anche Rikom Carnera con il suo rap per Abd Elsalam. La serata è intitolata ad Abd Elsalam, operaio ucciso mentre lottava per i diritti di tutti.
Sabato 22 ottobre ore 14.00 corteo nazionale da piazza San Giovanni