L’annuncio dell’Apocalisse spirituale, preludio della catastrofe planetaria è, non a caso, accompagnata dai ripetuti e condivisibili ultimi interventi dei due papa attuali, l’emerito Bendetto XVI e Francesco I, a favore della pace. Chi non li farebbe, anche solo vedendo le immagini del martirio sociale e catastrofe urbana di al-Raqqa dove sono avvenute decapitazioni e crocefissioni contrastate con i bombardamenti. Ma le ultime dichiarazioni appaiono, constatati il silenzio e l’assenza di dio, fautori di una pace costruita in nome proprio, in una prospettiva orizzontale totalmente immanente.
lunedì 25 marzo 2019
L'essere umano è al centro, con un sole spento che gli gira intorno – Pensieri su Cristo ed i cristiani cattolici
L’annuncio dell’Apocalisse spirituale, preludio della catastrofe planetaria è, non a caso, accompagnata dai ripetuti e condivisibili ultimi interventi dei due papa attuali, l’emerito Bendetto XVI e Francesco I, a favore della pace. Chi non li farebbe, anche solo vedendo le immagini del martirio sociale e catastrofe urbana di al-Raqqa dove sono avvenute decapitazioni e crocefissioni contrastate con i bombardamenti. Ma le ultime dichiarazioni appaiono, constatati il silenzio e l’assenza di dio, fautori di una pace costruita in nome proprio, in una prospettiva orizzontale totalmente immanente.
giovedì 12 luglio 2012
Brano in premessa del nuovo pamphlet di Giovanni Dursi
"La prima idea da dimenticare, quando si comincia ad occuparsi della “trasformazione sociale” ed a viverla quotidianamente, è che la “politica” possa essere un quieto mestiere con cui si costruiscono perfetti edifici di parole. Le passioni che animano l'attività trasformatrice della presente realtà sociale non sono alimentate dalla “necessità di pensiero”; semmai, alcune fantasie e visioni corroborano, come “gioco di pensiero”, il concreto percorso antagonistico-duale di fuoriuscita dall'atrocità d'una condizione materiale che codetermina forme individuali di vita da negare e formazioni economico-sociali da mutare radicalmente ed irreversibilmente.____________________________________________
L'antagonismo sociale post-novecentesco si caratterizza con tipiche operazioni multidimensionali – dal tradeunionismo rivendicativo di natura ecnomico-normativa alla lotta armata antisistema – la cui meta è originare una “crisi del quadro politico strutturale” all'interno d'una generale “crisi di situazione e coscienza”, altrimenti è un fallimento.
Il surrealismo del sedicente antagonismo “simbolico”, veicolato per lo più da “eventi flashmob”, non si addice bene alla “trasformazione sociale”. La pianificazione trasformativa, viceversa, riesce ad organizzare, scuotendo energie proletarie di massa, un interesse pubblico crescente verso la ribellione materiale-coscienziale scoprendone criticamente la sua finalità – il potere politico – per troppi decenni assurdamente emarginato dal vivo della lotta di classe, non a caso anche dalle più alte personalità culturali contemporanee che al surrealismo del sedicente antagonismo “simbolico” si richiamano legittimandone la dispersione di energie eversive.
Da Atene, a Parigi, a Roma, Madrid e altrove in Europa le lotte sociali e le pratiche eversive, solo quando si amalgamano all'ingegno multiforme d'una organizzazione politica rivoluzionaria, rendono la “trasformazione sociale” il terreno privilegiato d'una straordinaria avventura dell'intelligenza umana, liberata dalle retoriche manipolatrici del “riformismo” e dello “spontaneismo”, dalla banalità anastetizzante delle “compatibilità”, dalle consuetudini di certa intelligencija ribellistica ed estetizzante che mal interpreta il concetto marxiano di general intellect che nei Grundrisse è definito come sapere sociale diffuso che il “capitale” valorizza per i suoi scopi, in particolare ai fini dello sviluppo tecnico-tecnologico quale fattore cruciale nella produzione (combinazione di competenze tecnologiche e dell'intelletto sociale, o sapere sociale generale che determina la crescente importanza delle macchine nell'organizzazione sociale) (1). Consuetudini, queste ultime, mortificanti e, a volta, addirittura annichilenti, quando ancora oggi, tutti i giorni, c'è chi si reca negli altiforni e chi presso le postazioni informatico-telematiche a scrivere desiderando “dare forma all'informe e coscienza all'incosciente”.
La “trasformazione sociale” non prevede romanticismo, né “naturale” evoluzione del sistema produttivo-sociale vigente immaginandone un'imminente implosione.
La “trasformazione sociale” è una complessa costruzione umana, che smonta l'ovvia apparenza della realtà percepita come immodificabile ed insuperabile, stabilisce nessi innovativi tra struttura e sovrastrutture, coglie riferimenti ed analogie tra accumulazione indefinita di ricchezze (economia) e incremento delle conoscenze (cultura), che un'esigua parte del “corpo sociale” realizza, mentre, dall'altra la parte più consistente subisce sfruttamento intensivo e continuo ed alienazione, individua codici nei quali esprimere prassi che sfuggono alla colonizzazione della ragione capitalistica che aprioristicamente incede nel delimitare la sfera dell'esistenza delle moltitudini sottoponendole al dispotismo della sua logica e del suo “sistema valoriale”.
L'antagonismo si spinge nelle zone ignote o volutamente ignorate e proibite delle contraddizioni sociali che le convenzioni politico-partitiche e sindacali esorcizzano come “mistero delle cose”, in modo da imporre all'immaginario di massa ed allo stesso “indefinito interiore” un'immagine riflessa, da parata, da rappresentazione essitenziale alla Truman Show della condizione umana dentro cui soffocare, rimuovere, negare, celare tutta la “realtà altra”, quella del conflitto e della librazione possibile.
..."
(1) È a tal proposito che Paolo Virno scrive (in "General Intellect" in Lessico Postfordista- Dizionario di idee della mutazione, Milano, Feltrinelli, 2001), adattando il concetto all’attuale epoca post-fordista, del lavoro immateriale: “Il lavoro vivo incarna, dunque, il general intellect o “cervello sociale” di cui ha parlato Marx come del “principale pilastro della produzione e della ricchezza”. Il general intellect non coincide più, oggi, con il capitale fisso, ossia con il sapere rappreso nel sistema di macchine, ma fa tutt’uno con la cooperazione linguistica di una moltitudine di soggetti viventi”.
mercoledì 8 giugno 2011
Quello che conta
Il successo della sinistra nelle recenti elezioni amministrative è stato accompagnato, come spesso accade, da numerosi commenti di politici, giornalisti e osservatori. Uno dei refrain più gettonati è stato che la sinistra ha vinto grazie alle primarie e ai leader. Ma è stato davvero così? Dire che sono le primarie a far vincere un sindaco, un presidente di regione o, addirittura, un un presidente del consiglio è di per sé un’affermazione indimostrabile. In diversi Paesi si stanno diffondendo, o sono utilizzate da anni, le primarie e, com’è ovvio che sia, il candidato da essi selezionato può vincere o perdere. Per esempio, lo sfidante di Obama, McCain ha vinto le primarie del Partito Repubblicano, eppure è stato sconfitto. In Europa, sia Walter Veltroni che Ségoléne Royal hanno vinto le primarie, eppure sono stati sconfitti. Pertanto non c’è un nesso che lega le selezione per mezzo delle primarie con la vittoria, anzi, come nel caso delle amministrative di Napoli, esse possono essere la causa di una prematura e mortificante sconfitta. L’elogio delle primarie è accompagnato da un corollario, anch’esso discutibile, quello dell’effetto leader. La vittoria nelle amministrative da molti è stata spiegata con l’apporto del leader. Anche qui però non tutto è lineare. Se nelle recenti amministrative vi è stato effetto leader, questo è avvenuto prevalentemente nella città di Napoli, dove il voto per De Magistris al primo turno ha di gran lunga superato, quasi doppiandolo, quello delle liste che lo appoggiavano. Nel secondo turno vi è stato, sì, un vero e proprio plebiscito, ma senza l’apporto dell’altra coalizione di sinistra e del Terzo polo, questo risultato non si sarebbe raggiunto. Al primo turno, infatti, De Magistris, aveva raccolto 128.303 voti; l’altro sfidante di centrosinistra Morcone, 89.280, e il candidato del Terzo Polo Pasquino, 45.449.

http://www.centroriformastato.org/crs2/spip.php?article249
sabato 19 marzo 2011
Uomini precari




Le onde S, onde “secondarie”, muovono la roccia perpendicolarmente alla loro direzione di propagazione; sono “onde di taglio”. Le onde “superficiali” sono generate dal combinarsi delle onde P e delle onde S; sono quelle che provocano i maggiori danni. Nei terremoti, le onde di Rayleigh muovono le particelle secondo orbite ellittiche in un piano verticale lungo la direzione di propagazione, come avviene per le onde in acqua. Led onde di Love, muovono invece le particelle trasversalmente alla direzione di propagazione, ma solo sul piano orizzontale. Onde terrificanti che rendono precaria la vita. Tutto ciò è noto da tempo. In queste ore, Germania e Svizzera bloccano i programmi atomici; gli USA, presi in controtendenza rispetto alle intenzioni di un potenziamento del piano energetico da uranio per emancipare il paese dalla dipendenza da petrolio, pensano ad una revisione del piano originario. Durevoli o meno questi ripensamenti politici non saranno forieri di un'economia che metta al centro le tematiche della diseguale distribuzione planetaria del reddito e dello “sviluppo umano” in grado di rompere radicalmente con la concezione tradizionale dello sviluppo come “crescita economica”, proponendo un paradigma di sviluppo che riguarda non tanto la crescita della ricchezza di una nazione, bensì l'ambiente nel quale le persone possono esprimere in pieno il loro potenziale. Il concetto di ”sviluppo umano” è stato ideato dall'economista pakistano Mahbub ul Haq insieme a Sir Richard Jolly. Compare per la prima volta nel 1990 all'interno del primo Rapporto sullo Sviluppo Umano dell'Undp, il quale afferma da subito: "questo rapporto si occupa della gente e del modo in cui lo sviluppo ne amplia le scelte. Si occupa di questioni che vanno al di là di concetti quali crescita del PNL, reddito e ricchezza, produzione di beni e accumulazione di capitale. La facoltà di una persona di avere accesso a un reddito rappresenta una di queste possibilità di scelta, ma non la somma totale delle aspirazioni umane" (Human Development Report, 1990). Un processo che si fonda su quattro pilastri specifici: eguaglianza (lo sviluppo umano consiste in un ampliamento delle opportunità a beneficio di ogni essere umano); sostenibilità (il processo di sviluppo deve essere capace di garantire la riproduzione del capitale fisico, umano e ambientale utilizzato); partecipazione (i processi economici, sociali e culturali attivati per promuovere lo sviluppo devono osservare la partecipazione dei beneficiari stessi); produttività (all'interno del processo economico di sviluppo ognuno deve avere la possibilità di partecipare alla di produzione dei redditi e di incrementare la propria produttività). Poiché il concetto consiste nell'ampliamento delle scelte, il fondamento stesso del processo è la libertà. Se non vi è libertà, infatti, non è possibile disporre di scelte. Per questo Amartya Sen afferma: "lo sviluppo può essere visto come un processo di espansione delle libertà reali di cui la gente può godere". L'Indice di Sviluppo umano (HDI, Human Development Index) non è la panacea, ma un discreto inizio, un efficace contrasto alla precarietà, mentre si continua a blaterare di localizzazione dei siti per impianti nucleari di “ultima generazione” e di come trattare le scorie radioattive, poiché le priorità apprezzate dai sacerdoti del PIL continuano ad essere legate al momento particolarmente difficile per il mercato delle fonti d'energia, non per l'umanità, evidentemente. Le reali preoccupazioni dei governanti sono solo l'incremento dei prezzi del petrolio e l'allungamento di ombre oscure sulla sicurezza e sulla continuità di indispensabili prossimi approvvigionamenti, vedendo nei processi di destabilizzazione politica in atto dal Nord Africa al Golfo persico un micidiale bivio fra costi del barile in crescita e gravi pericoli connessi all'alternativa nucleare. A meno che non si apra una prospettiva di conveniente business delle energie rinnovabili. Accogliendo l'invito di Jeremy Rifkin, si potrebbe creare una rete diffusa di piccoli impianti la cui resa sarebbe superiore e i cui costi sarebbero inferiori ad una gran quantità di centrali nucleari. L'incombente pensiero economico incentrato sul PIL, ritarderà le decisioni dei Governi occidentali nel compiere scelte di rinuncia al controllo centralizzato della produzione di energia; banco di prova d'una ipotetica “nuova sensibilità” potrebbe essere il Consiglio europeo del 24 e 25 Marzo prossimi, nel quale Capi di Stato e di Governo dovrebbero formalizzare un'intesa sulla riforma della governance economica, sulla revisione del patto UE di stabilità e crescita e sulla stretta sui debiti pubblici con l'adozione di sanzioni. È prevedibile assistere ad una passerella di smemorati, all'indecoroso spettacolo di tagli a tutela dei margini di profitto, all'indiscussa liturgia del PIL e della precarietà delle genti. Forse si discuterà di guerra ONU - NATO, di quei "giorni difficili" evocati dal Presidente Napolitano Una politica che mai prende decisioni a favore dei popoli è una politica da rottamare. Per evitare la precarietà eterna.
lunedì 7 marzo 2011
Un altro mondo possibile, senza energia nucleare



Il fosco avvenire che Veronesi dipinge in assenza del nucleare non impensierisce Paesi come l’Austria, la Danimarca ed altri, che escludono il ricorso a questa fonte e puntano all’autosufficienza energetica con le fonti rinnovabili (quelle fonti che L’Europa si prodiga a sviluppare mentre il nostro Governo, con grande e più che sospetta puntualità, si prodiga a disincentivare). è invece noto a tutti gli esperti che tanto la Germania che la Francia, optano per prolungare la vita operativa dei reattori esistenti: una scelta estremamente rischiosa, perché l’invecchiamento aumenta le probabilità di incidenti (è stata segnalata un’anomalia all’impianto d’emergenza in ben 34 reattori francesi, in funzione da 30 anni, che potrebbe rendere insufficiente il raffreddamento in caso di incidente, e causare fino alla fusione del nocciolo!) anche perché il bombardamento neutr! onico mina le strutture.
E infatti gli incidenti alle centrali sono in aumento in tutti i paesi (altro dato che il Professore evidentemente non conosce o trascura): al punto che persino in Francia, che rappresenta nell’immaginario collettivo il paese del “grande consenso” al nucleare civile e militare, stanno crescendo i dubbi e le ansie, dopo che alcuni sevizi televisivi sono riusciti a divulgare i dati concernenti il quadro preoccupante della contaminazione radioattiva del territorio.

Dimenticando che scienziati e ricercatori di chiara fama, che hanno dedicato la loro vita a documentare gli effetti di una nube radioattiva che ha colpito non solo URSS, Ucraina e Bielorussia, ma l’Europa intera, parlano di un milione di vittime! Come può un oncologo accettare di dirigere un’Agenzia per la Sicurezza del Nucleare, ignorando o trascurando questi studi? Come può il professor Veronesi non sapere che già negli anni ’90 solo in Bielorussia e Ucraina i casi accertati di carcinoma infantile della tiroide furono quasi 1000 (con un incremento di 30 volte e addirittura di 100 volte nelle zone più vicine a Chernobyl). Come può non sapere che da alcuni anni aumentano, in molti altri Paesi europei, le segnalazioni di incrementi di leucemie infantili direttamente correlate alla dispersione di isotopi radioattivi del cesio che permangono in ambiente e catene alimentari per decenni?
Come può un oncologo di chiara fama non sapere che alcuni ricercatori russi hanno pubblicato, su riviste prestigiose come Science e Nature, i risultati di studi e ricerche che dimostrano come i figli dei cosiddetti “liquidatori” di Chernobyl, siano portatori di alti tassi di mutazioni: un dato che può chiarire non soltanto i dati, lungamente contestati, concernenti l’incremento di leucemie in bambini nati da genitori residenti nei dintorni di impianti nucleari inglesi, ma anche e soprattutto i risultati allarmanti di un recente studio tedesco, noto con l’acronimo KIKK (Kinderkrebs in der Umgebung von KernKraftwerken, Cancro infantile nei dintorni delle centrali nucleari), che ha descritto 1592 casi di tumori solidi (molti dei quali di origine embrionale) e 593 leucemie infantili in bambini di età inferiore a 5 anni, residenti negli anni 1980-2003 nei dintorni delle 16 centrali tedesche.
Tanto più che importanti studi scientifici documentano il rilascio di isotopi radioattivi (trizio, cripto, ecc) in ambiente e catene alimentari durante il normale funzionamento delle centrali e che l’introduzione di materiale radioattivo per via alimentare in piccole dosi quotidiane, rappresenta con ogni probabilità la modalità di esposizione più pericolosa, anche perché collettiva e difficilmente valutabile. E infine il “banale” problema dei residui nucleari, che costa ancora agli italiani 400 milioni di euro l’anno (almeno 10 miliardi dal 1987, e chissà per quanti anni ancora). Come può il professore non sapere che nessun Paese al mondo ha ancora trovato una soluzione per il problema delle scorie nucleari e che depositi geologici sicuri esistono solo nell’immaginazione di alcuni “nuclearisti”; che Yucca Mountain dopo decenni di lavori e milioni di dollari spesi è stato definitivamente accantonato, e gli americani non sanno più dove mettere gli enormi quantitativi di combustibile esausto sparsi in una settantina di siti; che nel deposito di Asse in Germania si sono trovate (solo ora !) infiltrazioni d’acqua che minacciano un vero disastro e richiederanno spese colossali per il recupero e il trasferimento (dove?) dei fusti.
A questo proposito, in verità, il professore una soluzione la propone: sostiene che si tenderebbe a individuare un unico sito per Continente e che, per fortuna, l’Italia non sarebbe stata individuata quale sito ideale di questo stoccaggio. Speriamo che chi ha dato queste informazioni al prof. Veronesi non intendesse far riferimento a quella che taluni soggetti prospettano come l’unica soluzione possibile per materiali che rischiano di inquinare l’intera ecosfera per millenni (non è certo consolante il fatto che il continente designato a discarica planetaria non sarebbe in tal caso né l’Europa, né il Nordamerica). è facile prevedere che nei prossimi giorni si scateneranno le critiche contro un “oncologo famoso” che non si perita di fare affermazioni pubbliche tacciabili quantomeno di leggerezza.

Fonte: http://www.infoaut.org/blog/no-tavabenicomuni/item/661-nucleare-risposta-a-umberto-veronesi%E2%80%8F
sabato 6 novembre 2010
Sapere, potere e semiosfera
