giovedì 19 ottobre 2023

Seguendo un razzo, di “ignota” provenienza, che semina morte ...

Alle ore 16:01 del 18 Ottobre, l'ANSA informa di scontri a Beirut, nei pressi dell'ambasciata degli Stati Uniti in una manifestazione di sostegno al popolo palestinese e di protesta per i bombardamenti israeliani su Gaza.


Ulteriori brutalità sono in corso anche nella città capitale dell'omonimo Stato che si sommano alle inenarrabili violenze iniziate all'alba del 7 Ottobre 2023 con l'attacco strategico in territorio israeliano, mirato a incidere profondamente nello scenario mediorientale e mondiale, da parte del Ḥaraka al-muqāwama al-islāmiyya, il «Movimento della resistenza islamica», Ḥamas.

L'odierno è un ultimo capitolo – certo non il più cruento, l'esercito pare abbia, secondo quanto appurato in queste ore, rapidamente caricato i manifestanti – di una tragica sequenza di morti e distruzioni che ha subito Ghazza (in arabo قطاع غزة‎, in ebraico ‛Azzāh) negli ultimi decenni, la città palestinese di quasi seicentomila (rif. al censimento del 2017), situata nella penisola del Sinai, dalla quale si dirama la Striscia costiera mediterranea di Gaza su circa 45 km² che vede detenere oggi in cattività oltre due milioni di cittadini.

Accostandosi in modo pragmàtico [1] al rinvigorito conflitto bellico arabo-israeliano, arginando quanto più possibile i sentimenti, peraltro alquanto sollecitati, e soffermandosi sull'episodio dell'Ospedale “Al-Ahli” di Gaza colpito da un devastante razzo ieri, Martedì 17, provocando centinaia di vittime,, sembra corretto astenersi da ogni velleitaria e ipocrita propensione a prendere posizione, a schierarsi ideologicamente.

Questa affermazione, lungi dal desiderio tipicamente piccolo-borghese di equidistanza o di deleteria indifferenza, scaturisce da un tentativo di ripristinare in modo determinato l'onestà intellettuale, proprio in ragione di una contagiosa tendenza, da contrastare, che incombe sui fatti anticipando conclusioni approssimative, acritiche, superficiali, tendenziose, frutto di pregiudizi.

Allo storico serio interessano i fatti. A questo criterio, pur non essendo esperti di ricerca storiografica, intendiamo attenerci.

Iniziando proprio da uno degli ultimi fatti, quello del razzo che ha colpito l'Ospedale di Gaza. La cronaca ci pone di fronte ad un classico “fattoide” di ultima generazione. Apprendiamo con angoscia che i morti riconducibili alla deflagrazione dell'ordigno sul nosocomio, a ventiquattrore dall'evento, non si riesce a capire a chi attribuirli, non si è in grado di addossare le responsabilità dell'ennesimo eccidio.

Le “agenzie” addestrate alle mistificazioni di fatti di guerra si sono appropriate dell'accaduto e, senza risparmiare colpi altrettanto efferati quanto le schegge assassine del missile scoppiato, mirano e colpiscono i nemici con gran quantità di munizioni-parole.

La notizia, pur nella sua crudele gravità, è quasi del tutto resa priva di fondamento, in quanto in un'area vigilata da satelliti e sistemi di sorveglianza, in un teatro di guerra circoscritto, infestato da droni e sotto osservazione permanente, diventa davvero improbabile non avere la prova della traiettoria e, conseguentemente, della postazione del sito di lancio.

Le conoscenze divulgate sull'accaduto sono diffuse all'interno di narrazioni contrapposte e amplificate dai mezzi di comunicazione di massa che promuovono o l'una o l'altra descrizione al punto da essere percepite entrambe come vere o, al contrario, ambedue come false. Dunque, le versioni si elidono.

C'è da chiedersi: si ha davvero necessità di capire chi sono i “cattivi” o i “buoni” di questa tragedia, perché, ribadiamolo ancora, non si assiste ad un film dell'orrore. Dobbiamo fare la macabra conta di quante gole in queste ultime settimane sono state squarciate da parte dei contendenti ? Oppure, se si preferisce, calcolare il totale in modo arbitrario ? Siamo in presenza di una stramba belligeranza tra angeli e demoni ?

Il portavoce delle Forze di Difesa israeliane, Daniel Hagari ha ribadito durante una conferenza stampa “che non c'è stato alcun fuoco dell'IDF da terra, dal mare o dall'aria che ha colpito l'ospedale", aggiungendo che le immagini dimostrano l’assenza di danni strutturali agli edifici intorno all'ospedale e nessun cratere compatibile con un attacco aereo. Fonti della “Jihad islamica” smentiscono che sia stato possibile un “fuoco amico” e che l'unico obiettivo politico-militare è di liberare la Palestina dalla presenza israeliana e costruirvi uno Stato islamico.

Ciò che, invece, è possibile appurare con certezza è che non c'è sincera intenzione di cessare il fuoco e i massacri, non si registra alcuna volontà di negoziare la pace, da parte, rispettivamente, dei belligeranti e degli occulti registi, attualmente fuori scena.

In effetti, l'agenda politica internazionale prevede altre azioni.

La prima è quella di mero maquillage politico. Ricordare retoricamente – come fa, tra tanti, Ursula Gertrud von der Leyen, la Presidente, in scadenza di mandato, della Commissione europea - la storica opzione di convivenza tra lo Stato ebraico d'Israele ed il popolo di Palestina; tale rievocazione è motivata dall’avvicinamento tra Russia e Repubblica islamica dopo la guerra con l’Ucraina.

La domanda è legittima: perché si torna solo ora – dopo ben 76 anni - al piano adottato dall’Assemblea generale delle NU, il 29 Novembre 1947, per la spartizione della Palestina mandataria in due Stati: uno ebraico, comprendente il 56% del territorio, l’altro arabo, sulla parte restante, mentre Gerusalemme sarebbe stata corpus separatum sotto l’amministrazione delle Nazioni Unite ? L'inerente Risoluzione ONU n° 181 fu approvata a larga maggioranza dopo lunghi negoziati preliminari, fu accettata dalla comunità ebraica e respinta dalla comunità araba, pertanto non fu mai attuata.

La seconda azione che caratterizza le relazioni internazionali consiste nel disfacimento politico e manu militari di un inedito complesso ordine mondiale che faticosamente si fa strada nella storia, effettivamente multipolare, funzionale al ridimensionamento, alla relativizzazione delle tradizionali potenze globali che hanno governato gli affari internazionali, tutelando, tuttavia, esclusivamente gli interessi nazionali (gli esempi più calzanti sono le guerre in Iraq e Afghanistan, quest’ultima con il suo corollario in Pakistan), fino all'altro ieri vigenti e sopravviventi.

In conclusione, si vuole rammentare che la Striscia di Gaza, è densamente popolata con un’età media dei residenti di 17,7 anni, soprattutto in conseguenza del massiccio afflusso di profughi palestinesi dopo la costituzione dello Stato di Israele nel 1948. Rimase sotto il controllo egiziano fino al 1967, salvo un breve periodo di occupazione israeliana dal novembre 1956 al marzo 1957, quando fu invasa dalle forze israeliane durante la “guerra dei Sei giorni” e poi sottoposta ad amministrazione militare [2].

Rivendicata dall’OLP come parte di uno Stato palestinese indipendente, veniva posta dagli accordi di Oslo del 1993 sotto il controllo dell’Autorità nazionale palestinese in base al principio della restituzione dei territori occupati in cambio della pace. Proprio la città di Gaza, il 14 Dicembre 1998, fu teatro di una storica visita del presidente degli Stati Uniti Bill Clinton: l’abrogazione dallo Statuto dell’Olp dei riferimenti alla distruzione di Israele, proclamata solennemente in quell’occasione dalla dirigenza palestinese, sembrava spianare la strada alla creazione imminente di uno Stato palestinese e al reciproco riconoscimento fra i due popoli. Ma al contrario, i ritardi israeliani nell’implementazione degli accordi, l’espansione degli insediamenti ebraici in Cisgiordania e a Gaza, il crescente ricorso, da un lato ad atti di terrorismo e, dall'altro, all'autodifesa con l'intifada palestinese azzerarono di fatto i progressi compiuti nei negoziati tra le parti e inauguravano una lunga stagione di violenze di cui faceva le spese soprattutto la sempre più impoverita popolazione palestinese.

Tra il 2000 e il 2005 lo stato di crisi economica incombente a Gaza appariva sempre più preoccupante, aggravato dalle continue ‘chiusure’ militari israeliane della Striscia che impedivano il regolare funzionamento della vita lavorativa dei numerosi palestinesi che si recavano in Israele. Aumentava la disoccupazione, crollavano gli scambi commerciali, peggioravano i servizi sociali. Nell’agosto 2005 il primo ministro israeliano Ariel Sharon decise di procedere unilateralmente allo smantellamento delle basi militari e delle numerose colonie ebraiche costituitesi nella Striscia nel corso dei decenni successivi all’occupazione (21 colonie con circa 8200 abitanti), mettendo fine all’amministrazione militare.

Tutto il territorio di Gaza passava così in mano palestinese.

Dopo il ritiro Israele si riservò comunque il controllo dello spazio aereo e delle acque territoriali, il diritto di vietare l’ingresso nella Striscia a coloro che non vi risultavano residenti, il controllo totale dei movimenti di persone e merci tra Gaza e la Cisgiordania e di tutte le merci in entrata nella Striscia, con conseguente facoltà di chiudere i relativi varchi.

Per queste ragioni, le elezioni politiche del Gennaio 2006 in Cisgiordania e a Gaza facevano registrare il successo elettorale di Ḥamas, capace di penetrare in profondità nella società palestinese raccogliendo adesioni sia tra le fasce più disagiate della popolazione, sia tra gli studenti universitari e i ceti emergenti. Il rifiuto di al-Fatàh, fino ad allora la più forte organizzazione politica palestinese, di formare un governo di unità nazionale con Ḥamas, non disposta a rinunciare ai suoi proclami sulla distruzione dello Stato ebraico, lasciava presagire uno scontro imminente tra le due organizzazioni, che fu rinviato solo a causa della violenta offensiva lanciata da Ḥamas contro Israele (fine Giugno 2006), cui quest’ultimo rispose con un’incursione del suo esercito nella Striscia, incursione che portò allo stremo la popolazione già fortemente colpita.

Tra l’autunno del 2006 e il Giugno del 2007 nonostante un illusorio accordo di governo tra i due partiti palestinesi, s’intensificavano gli scontri nelle strade tra i militanti delle due opposte fazioni, culminati in una vera e propria battaglia militare provocata da Ḥamas che vedeva sconfitta ed espulsa al-Fatàh dal territorio di tutta la Striscia, mentre la stessa Ḥamas s’impossessava di tutti i centri di potere. Si determinava di fatto una divisione tra Cisgiordania e Gaza; quest’ultima, infatti, non riconosceva più l’autorità del presidente palestinese Abū Māzen,che rappresentava l’anima moderata dell’universo palestinese.

Tra il 2006 e il 2007 si intensificavano le operazioni militari israeliane a Gaza con l’obiettivo dichiarato di smantellare le basi di lancio dei missili Qassam, che minacciavano Sderot, il deserto del Negev, Ashkelon e la città costiera di Ashod. L’alleanza tra Ḥamas, gli Hezbollah libanesi e l’Iran del presidente Ahmadinejad potenziava la forza militare di Ḥamas, ma non risparmiava alla popolazione della Striscia un’ennesima prova di resistenza.

Il 18 Gennaio 2008 Israele chiudeva ancora una volta Gaza in una morsa tagliando tutti i rifornimenti: cibo, combustile, aiuti umanitari. Il 23 Gennaio alcune centinaia di migliaia di palestinesi forzavano il valico di Rafah al confine con l’Egitto in cerca di cibo e assistenza. Pronta ad approfittare della tragedia della popolazione, Ḥamas alzava i toni della sua propaganda anti-israeliana per guadagnare attenzione e appoggi nella comunità internazionale, ma alla fine dell’anno, il 27 dicembre, Israele scatenava una nuova guerra a Gaza. Obiettivo dichiarato dell’attacco era porre fine al lancio di razzi sul territorio israeliano, che dal 2000 aveva provocato 28 vittime.

Con il cessate il fuoco del 18 Gennaio 2009 e il ritiro delle truppe israeliane dopo l’operazione Piombo Fuso, Gaza appariva un campo di rovine: tra 1166 e 1417 morti il bilancio delle vittime tra i palestinesi, e moltissime le perdite registrate tra i civili; 13 gli israeliani morti, 10 militari e tre civili.

L’impressione suscitata nel mondo dalla situazione a Gaza spinse il Consiglio per i diritti umani delle NU a istituire una Commissione d’indagine i cui risultati furono resi noti nel settembre 2009: si leggeva nella dichiarazione, successivamente sconfessata dal presidente, ma non dagli altri membri della Commissione, che Israele aveva reiteratamente violato i diritti umani della popolazione palestinese e forse commesso anche crimini contro l’umanità.

Il 2009, intanto, aveva fatto registrare numerosi ma sterili tentativi di giungere a una riconciliazione tra Ḥamas e al-Fatàh con la mediazione dell’Egitto, mentre una trattativa segreta era stata avviata alla fine dell’anno tra Israele e i vertici di Ḥamas per il rilascio del giovane soldato israeliano Gilad Shalit rapito il 25 Giugno 2006 da un commando palestinese dell'organizzazione penetrato in territorio israeliano dalla Striscia attraverso un tunnel sotterraneo.

Nel Maggio 2010 l’attenzione della comunità internazionale fu richiamata dall’incursione armata della marina israeliana sulla nave turca Mavi Marmara che navigava in acque internazionali alla testa di una flottiglia di navi dirette a Gaza e intenzionate a forzare il blocco navale israeliano intorno alla Striscia per consegnare aiuti umanitari e beni di prima necessità. Nove attivisti turchi a bordo della Mavi Marmara furono uccisi e molti vennero feriti dopo il tentativo di resistenza violenta da parte dell’equipaggio all’incursione israeliana. L’episodio determinò un brusco deterioramento dei rapporti tra Israele e la Turchia, importante alleato strategico dello Stato ebraico nella regione.

Nel corso del 2011, malgrado i tentativi di riannodare i rapporti tra i due paesi, permaneva uno stato di tensione, alimentato anche dal rapporto della Commissione istituita dalle NU che pur accusando Israele di aver ecceduto nell’uso spropositato della forza non considerava illegittimo, come auspicato dal governo turco, il blocco israeliano intorno a Gaza.

Nel maggio 2011, dopo i numerosi tentativi andati a vuoto e una recrudescenza delle violenze tra i militanti delle due organizzazioni, i leader di Ḥamas e al-Fatàh firmavano al Cairo un accordo di riconciliazione, prontamente criticato dalle autorità israeliane, che fissava al 2012 le nuove consultazioni parlamentari e presidenziali. Ma la posizione di forza di Ḥamas veniva ribadita ancora una volta nell’Ottobre del 2011, quando l’11 del mese, dopo cinque anni di delicati negoziati condotti con la mediazione egiziana, i vertici dell’organizzazione e le autorità israeliane annunciavano l’accordo sul rilascio di Gilad Shalit in cambio della liberazione di oltre mille palestinesi prigionieri nelle carceri israeliane. Il 18 Ottobre Shalit tornava a casa e contemporaneamente i primi 477 detenuti palestinesi venivano liberati.

Nel Novembre 2012 si è verificata una nuova ripresa delle ostilità israelo-palestinesi: una nuova offensiva di Israele, nel corso dell’operazione denominata “Colonna di nuvola”, ha provocato la morte di A. al Jabari, leader delle brigate Ezzedin Al Qassam, il braccio militare di Ḥamas, seguita da numerose incursioni aeree nella Striscia di Gaza che hanno colpito un totale di circa 1300 obiettivi e prodotto 160 morti, mentre concomitanti lanci di razzi a opera delle forze di resistenza palestinesi interessavano Tel Aviv e altre città israeliane. Dopo otto giorni di violenti scontri, un accordo bilaterale per il cessate il fuoco è stato raggiunto grazie alla mediazione del nuovo governo islamista dell'Egitto e sostenuto dagli Usa, sebbene la tregua appaia agli osservatori internazionali ancora molto fragile e l'OLP abbia presentato una protesta al Consiglio di sicurezza dell'ONU per la sua violazione da parte di Israele, dove si sarebbero inoltre registrati ancora sporadici lanci di razzi sparati dalla Striscia di Gaza.

Nel maggio 2014, dopo il raggiungimento di un’intesa tra al-Fatàh e Ḥamas, le due fazioni si sono accordate sulla nomina di R. Hamdullah a primo ministro del governo transitorio di unità nazionale, ufficialmente insediatosi il mese successivo; le dimissioni di Hamdullah, rassegnate nel giugno 2015 per l’impossibilità di rendere operativo l’esecutivo all’interno della Striscia di Gaza, e i continui dissidi interni hanno portato al rinvio delle elezioni, mentre la Cisgiordania e Gerusalemme hanno visto un drammatico aumento della tensione, sfociato nel settembre 2015 in una nuova ondata di violenza, poi rientrata anche grazie al mancato appoggio delle principali organizzazioni politiche palestinesi. Un passo decisivo verso la riconciliazione è stato compiuto nel Settembre 2017 con lo scioglimento dell’esecutivo di Ḥamas a Gaza e con l’accettazione da parte del movimento islamista delle condizioni poste dall'ANP, tra cui l’indizione di elezioni generali che comprendano anche Gaza e Palestina.

Nel Maggio 2021 violenti scontri scoppiati a seguito dell’allontanamento di alcune famiglie palestinesi da un quartiere di Gerusalemme hanno provocato una recrudescenza del conflitto israelo-palestinese, nel corso della quale le due parti si sono affrontate con scontri di artiglieria e attacchi aerei che hanno provocato la morte di circa 200 individui.

La tregua tra Hamas e Israele è stata raggiunta alla fine di Maggio, quando esse hanno concordato il cessate il fuoco, reclamando entrambe la vittoria, ma negli anni successivi si sono registrate varie fasi di ripresa delle ostilità alternate a labili tregue, come nell'Agosto 2022 e nel Maggio 2023, mentre nell'Ottobre 2023 Hamas decide di rompere gli indugi e lancia da Gaza una nuova offensiva contro diverse città israeliane attraverso incursioni via terra e raid aerei, cui Israele ha risposto assediando l'area della Striscia e bloccando le forniture di cibo, elettricità, carburante e acqua. L’escalation militare ha aperto uno scenario di guerra che ha generato nella comunità internazionale grande apprensione per il rischio di una estensione del conflitto ben oltre il contesto regionale.

18/10/2023 Giovanni Dursi

1 Nel significato di «attinente ai fatti», derivato di πρᾶγμα -ατος «cosa, fatto», che riguarda prevalentemente l’attività pratica, l’azione; caratterizzato dal prevalere degli interessi pratici su quelli teoretici e sui valori ideali.

2 Per la dettagliata ricostruzione qui riportata, l'autore dell'articolo si è valso di fonti storiografiche offerte dall'Istituto della Enciclopedia italiana fondata da Giovanni Treccani, Società per azioni, che tra gli scopi annovera la produzione di opere che possono comunque derivarne, o si richiamino a quella esperienza; l'esercizio delle iniziative e attività editoriali e di quelle culturali in ogni forma e modalità, in specie per gli sviluppi della cultura umanistica e scientifica, per la tutela, la valorizzazione e la diffusione della cultura italiana, nonché per esigenze e attività educative, di ricerca, di formazione e di servizio sociale (Art. 2 Oggetto, Statuto, Allegato "A" all'Atto rep. n. 64340 racc. n. 21028.