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domenica 13 novembre 2011

Fine anno con il botto ...

Il coordinamento nazionale del Comitato “No debito” si è riunito nel momento in cui si va definendo nettamente l'ipotesi denunciata chiaramente con l'assemblea del 1° ottobre. L'investitura di Mario Monti come nuovo presidente del consiglio realizza quel “governo unico delle banche” che rappresenta una minaccia dichiarata ai diritti sociali e dei lavoratori e delle condizioni di vita dei settori popolari. E' un governo che godrà in una prima fase di “consenso” sia a livello politico bipartizan (per esplicita responsabilità di Napolitano) sia in vasti ambiti della società che lo interpreterà come il governo che “ha mandato via Berlusconi”. Ciò significa che l'iniziativa della campagna No Debito e sui cinque punti dell'assemblea del 1° ottobre dovrà fare i conti, in una prima fase, con un senso comune divergente e con ostilità crescenti sul piano politico. Si rimane convinti che la posizione indicata in questi mesi – no al debito e no al vincolo europeo – mantenga intatta la sua credibilità e troverà conferma nello sviluppo dei fatti. In tal senso, assume enorme rilievo politico l'assemblea nazionale a Roma del prossimo 17 dicembre convocata dal comitato No Debito, una occasione che rappresenta il primo grande appuntamento di massa dell'opposizione politica e sociale al “governo della Bce” rappresentato da Mario Monti. Tutti coloro che sono contrari a questo governo e alla Bce sono invitati a partecipare a questo appuntamento e tutti coloro che hanno condiviso l'appello “Dobbiamo fermarli” sono invitati a preparare e a far crescere questo appuntamento sia a livello locale che nazionale. Nell'assemblea nazionale del 17 dicembre verrà avanzata la proposta di convocazione di una grande manifestazione nazionale dell'opposizione sociale e politica alle misure del governo Monti per l'inizio del prossimo anno.
La tabella di marcia del Comitato No Debito prevede il lancio dell'obiettivo “Noi vogliamo decidere. Referendum!”. A tale scopo verrà lanciato un appello che chiederà la convocazione di un referendum contro le misure della Bce e – di fronte al prevedibile rifiuto da parte delle istituzioni preposte – avvierà i preparativi di un referendum autogestito inteso come consultazione popolare e democratica di massa contro i diktat dell'Unione Europea. La proposta del referendum è una proposta che il comitato No Debito avanza come terreno di iniziativa unitaria a tutte le forze e i soggetti che ritengono di poter e voler condividere questa battaglia di democrazia.
In secondo luogo assumono un carattere decisivo le assemblee locali e la costituzione dei comitati locali “No debito” possibilmente entro la data dell'assemblea del 17 dicembre. La commissione organizzazione comunica che in calendario sono state già fissate alcune iniziative locali (vedi il calendario pubblicato in homepage). Sono in via di definizione altre assemblee (Bologna, Bari, Trieste, Gorizia, Veneto). E' importante che le assemblee siano pubbliche, rappresentative e inclusive anche dei soggetti sociali e politici che fino ad ora non hanno firmato l'appello “Dobbiamo fermarli”. Il Comitato No Debito porterà il proprio contributo al convegno del Forum Diritti Lavoro che si terrà a Roma il 18 novembre e agli incontri previsti per discutere il referendum contro l'art.8 e la legge 30. Per il 10 dicembre è confermato il primo seminario con gli economisti a Roma mentre un secondo seminario si terrà a gennaio a Milano.
Il Comitato No Debito aderisce e partecipa con un proprio striscione e spezzone unitario alla manifestazione del 26 novembre convocata dal Forum dei comitati per l'acqua pubblica. La commissione comunicazione ha resocontato la propria attività (consapevole ancora dei limiti esistenti e che sono stati sottolineati). In primo luogo indica che l'identità assunta sarà quella di “Comitato No Debito” pur consaspevoli che i cinque punti di programma avanzano obiettivi non legati solo a questa dimensione. E' stato approntato un logo che indica il nesso tra il “Noi” come forma di partecipazione collettiva in prima persona e gli obiettivi che verranno declinati nei vari momenti (NOI No debito, NOI vogliamo decidere, NOI no alla guerra, NOI per i beni comuni, NOI per i diritti dei lavoratori, vedi qui a fianco). 
E' stato aperto un primo gruppo su facebook e adesso verrà attivata anche una pagina Facebook ufficiale del Comitato No Debito. Si stanno centralizzando gli indirizzi dei giornalisti e delle redazioni per favorire una maggiore comunicazione. A breve si risistemerà il sito per renderlo più dinamico e accattivante”.
Da martedi 15 novembre comincerà un appuntamento di comunicazione integrata quindicinale del comitato No Debito che aggiornerà le informazioni, indicazioni e campagne. La trasmissione si terrà negli studi di Radio Città Aperta alle 14.30, verrà trasmessa in diretta in streaming video da Libera Tv e potrà essere embeddada da tutte le pagine web, radio o televisioni che vorranno collegarsi a questa iniziativa. La cosa potrebbe raggiungere migliaia e migliaia di persone.
Roma, 10 novembre

lunedì 7 marzo 2011

Date: di lotte e di memorie - Facciamo sul serio uno sciopero generale che pesi nella vita sociale e politica dell’Italia

Poche segnalazioni sul blog http://blog.libero.it/VoceProletaria nelle quali, tra vari altri report ed articoli, abbiamo voluto privilegiare, per il momento, due date a noi molto vicine: l'8 Marzo, Giornata Internazionale di Lotta delle Donne; e l'11 Marzo, giornata carica di significato per i militanti comunisti bolognesi per l'uccisione di Francesco Lorusso. Su queste due date abbiamo „caricato“ un po' di materiale di diversa origine e alcuni appuntamenti ad esse relative. La data che, tuttavia, risulterà più importante per tutte e tutti è un po' più spostata nel tempo, al prossimo 6 Maggio. E' infatti quella la data che – alleluja! - la Camusso ha scelto per l'indizione dello Sciopero Generale della CGIL. Crediamo sia una scelta ai limiti della provocazione per i lavoratori, soprattutto per quelle centinaia di migliaia che, dallo scorso 16 Ottobre, sono scesi più volte in piazza in manifestazione nonché in tanti scioperi di categoria, invocando appunto lo Sciopero Generale in tempi brevi. La Camusso, invece, fedele al PD ed alla Confindustria, ha voluto scongiurare imbarazzanti (per lei e la sua cricca...) „coincidenze“ con momenti significativi di lotta (14 e 22 Dicembre scorsi; il referendum di Mirafiori; lo sciopero della FIOM del 28 Gennaio...) ed approda ora ad una giornata che è prossima soltanto alla scadenza elettorale per le amministrative di alcune grandi città: Milano, Torino, Napoli, Bologna più altre minori. Molto probabilmente avrà pensato di trasformare la pressione sempre più crescente delle federazioni di categoria e di varie Camere del Lavoro, che da tempo spingono con insistenza per lo Sciopero Generale, in un momento di volano per una possibile affermazione del PD in dette elezioni. Un giochino stupido (e, a parer nostro, pure inutile: il PD è capace di farsi male anche con il soccorso della CGIL...) che svela l'interesse ed il referente di questa dirigenza CGIL. Ad ogni modo, sarebbe ancor più stupido ignorare e sottovalutare il potenziale di questa data e, soprattutto, la possibilità di estendere e generalizzare la portata di questo Sciopero.La Camusso lo ha proclamato di sole 4 ore; lo dovremo far diventare di tutta la giornata! La Camusso lo vuol circoscrivere ai „suoi“ iscritti; lo dobbiamo far diventare di tutti i lavoratori, precari e „garantiti“, e di tutte le sigle sindacali conflittuali. Un primo segnale importante è già arrivato dalla disdetta della data del 25 Marzo, inizialmente indetto da FLC e Funzione Pubblica CGIL, peer confluire nella data del 6 Maggio, e già si sa che alcune categorie, così come intere strutture territoriali, estenderanno la durata a tutta la giornata lavorativa, superando il limite delle 4 ore. Noi, che siamo anche più ottimisti e volenterosi, intendiamo estenderlo e generalizzarlo anche alle associazioni ed agli ambiti sociali che negli ultimi mesi hanno manifestato la loro opposizione ai piani s-fascisti di questo Governo, pur senza dimenticare che il loro ed il nostro nemico non è il solo Berlusconi, ma anche Confindustria e, perché no, il sistema baronale rappresentato dalla CRUI. Percorsi di lotta che si sono espressi contro lo sfascio della Scuola e dell'Università pubblica; contro la mancata ricostruzione di L'Aquila e la relativa speculazione che ntorno ad essa si è sviluppata; per il mantenimento in mano pubblica dell'acqua, bene primario e comune; e tante altre espressioni di malessere sociale possono e devono finalmente intrecciarsi e ritrovarsi. In piazza, tutti insieme! Il 6 Maggio!
Per il momento ci fermiamo qui, e lasciamo spazio ad un comunicato di Giorgio Cremaschi sempre relativo al 6 Maggio, che qui di seguito riproduciamo. Naturalmente ritorneremo sull'argomento, ma fin da ora poniamo qui un interrogativo: cosa c'entrano UIL e CISL col prossimo Primo Maggio? Anche su questa data intendiamo parlare... Da Proletaria Vox
A seguire: Dalla lettura di Gramsci, un importante contributo per l'azione sindacale dei comunisti. Da leggere assolutamente!
I comunisti e il Sindacato di Classe. Di Comunisti Uniti.
http://blog.libero.it/VoceProletaria/9955544.html
Un appuntamento vissuto in modi molto diversi, eppure legati dallo stesso filo. 8 Marzo con le donne partigiane. Di Donne ANPI Bologna.
http://blog.libero.it/VoceProletaria/9955479.html
8 Marzo di lotta a Trento. Di Lavoratrici ORVEA.
http://blog.libero.it/VoceProletaria/9955508.html
8 Marzo, giornata internazionale di lotta. Di UdB/CUB.
http://blog.libero.it/VoceProletaria/9962147.html
8 Marzo di tanti anni fa. Di J.V.Dzugasvilj Stalin.
http://blog.libero.it/VoceProletaria/9962085.html
La memoria di Bologna...
11 Marzo, Bologna, Francesco Lorusso. Di Proletaria Vox.
http://blog.libero.it/VoceProletaria/9962042.html
Continua la deriva neoconcertativa di questa sigla...
La firma meschina di USB in CAI. Di CUB Trasporti.
http://blog.libero.it/VoceProletaria/9962066.html
Affari internazionali, letture „di classe“.
Dal Wisconsin al Nord Africa...Di Valerio Evangelisti.
http://blog.libero.it/VoceProletaria/9962514.html
Uno sciopero generale chiaro e forte contro Governo e Confindustria
di Giorgio Cremaschi, 03.03.2011
La segretaria generale della Cgil, Susanna Camusso, ha annunciato che lo sciopero generale è convocato per il 6 maggio. E’ la peggiore delle decisioni migliori.Lo sciopero generale è stato chiesto da mesi e finalmente si fa. Ma la data è troppo in là rispetto alle urgenze e ai problemi e, soprattutto, non sono ancora chiare la dimensione e i contenuti dello sciopero. Sarebbe sbagliato uno sciopero di 4 ore indirizzato solo contro il Governo. Occorre uno sciopero generale di 8 ore che coinvolga tutto il mondo del lavoro, compreso quello precario, e che sia indirizzato anche esplicitamente contro la Confindustria e il sistema delle imprese che, guidato dalla Fiat, sta distruggendo diritti e sistema contrattuale.
I fatti parlano chiaro. La presidente della Confindustria, Emma Marcegaglia, ha riaperto lo scontro sull’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, rivendicando per le imprese la “flessibilità in uscita”, visto che quella in entrata è anche troppa. C’è del metodo in tutta questa follia. La rivendicazione della libertà di licenziamento mette il suggello finale a un’aggressione al contratto, ai diritti, allo Statuto dei lavoratori, alla stessa Costituzione, che ha avuto un’accelerazione con l’aggressione di Marchionne ai diritti dei lavoratori Fiat.
D’altra parte è evidente che se si vuol far pagare tutti i costi della crisi ai lavoratori e se la crisi continua, al di là delle chiacchiere, l’attacco ai diritti del lavoro, al salario, alle libertà, assieme a una nuova offensiva sulle privatizzazioni e contro lo stato sociale, sono l’unica strada per fare soldi.
Il punto è che questa linea reazionaria del padronato italiano è oggi il cemento di un blocco di potere politico e sindacale che governa il paese. Spesso si dice che non c’è più la concertazione, non è vero, semplicemente il blocco concertativo è oggi formato dal governo, da una serie di poteri forti, dalla Confindustria, dalla Cisl e dalla Uil. Da esso è esclusa l’opposizione politica, che non se ne è ancora accorta, e la Cgil, che spera ancora che non sia così.
Eppure l’ultimo contratto del commercio nel quale le aziende hanno volutamente inserito norme come il recepimento del collegato lavoro, che sembrano fatte apposta per impedire in ogni caso anche alla più moderata delle Cgil la firma, quest’ultimo accordo separato dovrebbe dimostrare che il blocco politico, economico e sindacale che governa oggi l’Italia è intenzionato a continuare nell’emarginazione della Cgil e di tutto ciò che in qualche modo non rientra nei suoi disegni. Pare, a questo punto, che la segreteria della Cgil abbia finalmente superato le riserve e gli indugi e si appresti ad annunciare la fatidica data dello sciopero generale. Se così sarà, sarà un fatto positivo, che prende atto della realtà. Il più grande sindacato italiano, proclamando lo sciopero generale, si trova però di fronte a due scelte di fondo. La prima è che è evidente che questo sciopero non potrà essere indirizzato solo contro Berlusconi, ma anche contro la Confindustria e inevitabilmente contro il blocco di potere di cui Cisl e Uil fanno parte. Sarà quindi uno sciopero che dovrà costruire uno schieramento alternativo a quello che oggi costruisce gli accordi separati, il collegato lavoro, le deroghe contrattuali, la negazione delle libertà sindacali e dei diritti individuali delle lavoratrici e dei lavoratori. Sarà uno sciopero sindacale ma anche politico, nel senso che è anche politico il blocco di potere contro cui si scende in lotta. Dovrà anche però essere uno sciopero in grado di mostrare la forza di tutto quel mondo del lavoro, di tutto quel paese, che oggi si oppone ai disegni autoritari di Berlusconi, Marchionne e del loro blocco di potere. Dovrà quindi essere uno sciopero fatto per fermare il paese, chiaro nelle controparti e altrettanto nelle intenzioni di riuscita. Non quindi uno sciopero di 4 ore o simili, per qualche manifestazione, ma uno sciopero completo, di tutta la giornata lavorativa, di tutte le categorie, che ci provi davvero a far sentire il peso del lavoro che non ci sta nella vita politica italiana. Se questa sarà la scelta lo sciopero generale si incontrerà inevitabilmente con tutti i movimenti di lotta, che in questi mesi hanno risposto all’attacco ai diritti. Dagli studenti, ai movimenti sociali, a quelli civili e democratici. Parlerà necessariamente alla mobilitazione eccezionale delle donne contro l’attacco alla dignità della persona. Dovrà quindi essere uno sciopero generale forte e aperto, in grado di proporre un blocco sociale e civile alternativo al blocco politico ed economico che governa il disastro attuale dell’Italia. Su questo bisogna insistere ora, anche di fronte a incertezze, ambiguità e minimizzazioni con cui si vuol già derubricare un’eventuale decisione della Cgil. Facciamo sul serio uno sciopero generale che pesi nella vita sociale e politica dell’Italia.

martedì 8 febbraio 2011

giovedì 13 gennaio 2011

Rabbia all'epoca della "politica palindroma"

L'Impero non ha alternative sociali al suo interno. Il tempo imperiale prevede uno “sviluppo umano” (http://www.conflittidimenticati.it/cd/docs/3464.pdf - http://hdr.undp.org/en/ - http://www.conflittidimenticati.it/cd/a/32736.html) che decreta la morte, solo per alcuni. Straziante, incomparabilmente più d'ogni logos violato, morire di stenti. Morire di freddo, di fame, di cure, d'assenza di relazioni, d'assenza di lavoro e dignità. La “razionalità” umana risiede nella violenza, imperniata nella nozione di polemos. Altra indole omicida si rintraccia nello sterminio di bisogni agonistici ed antagonistici, espressione utopistica (utopia deriva dal greco οὐ – non - e τόπος – luogo) di ciò che deve e può essere ancora realizzato. La parola "rabbia" deriva dal sanscrito "rabbahs", che significa "fare violenza". Quindi, c'è liberazione dal neocapitalismo globale nel determinato esercizio delle soluzioni di continuità, delle rotture, della inconciliabile dualità nel corpo sociale. “L'intima natura delle cose ama nascondersi” (Fr. 123). Essa va incessantemente ricercata, aprendosi dall'Uno al Tutto e facendo ritorno dal Tutto all'Uno, per il tramite di un pensiero e di un cammino che siano istantaneamente e simultaneamente dimoranti nel Tutto e nell'Uno. Questo è lo schema euristico e, insieme, ermeneutico della filosofia di Eraclito. Esso consente di strappare dall'oscurità e rendere intelligibili alcuni enunciati eraclitei centrali, particolarmente vicini al tema che va sottoposto a investigazione:
a. "Non si riconoscerebbe la parola giustizia, se non esistesse l'ingiustizia” (Fr. 23);
b. “Tutto è a un tempo concordia e discordia” (Fr. 51);
c. “Polemos di tutte le cose è padre, di tutte re; e gli uni disvela come dei e gli altri come uomini, gli uni fa schiavi e gli altri liberi” (Fr. 53);
d. “L'armonia invisibile val più della visibile” (Fr. 54);
e. “Si deve sapere che la guerra è comune e che la giustizia è contesa, e che tutto accade secondo contesa e necessità” (Fr. 80).
Rabbia. Unilaterale, perché altrimenti si snatura. La rabbia è una zoonosi, causata da un virus appartenente alla famiglia dei rabdovirus, genere Lyssavirus. Colpisce animali selvatici e domestici e si può trasmettere all’uomo e ad altri animali attraverso il contatto con saliva di animali malati, quindi attraverso morsi, ferite, graffi, soluzioni di continuo della cute o contatto con mucose anche integre. Il cane, per il ciclo urbano, e la volpe, per il ciclo silvestre, sono attualmente gli animali maggiormente interessati sotto il profilo epidemiologico. “Marchionne può andare dove gli pare, ma la FIAT tirata avanti con gli incentivi degli italiani rimarrà qui, perché ce la possiamo prendere con la forza. La fabbrica e i capitali accumulati. Son nostri. NOSTRI”, scrive P. M.. Condivido. Penso negli stessi termini. La rabbia va esercitata per essere “vera”. Come nell'alto Medioevo, in un contesto che media intensamente "cristianesimo primitivo" e "comunismo primitivo", oggi il tema del dominio viene ripreso e coniugato in un rapporto di implicazione diretta con “etiche” contrapposte. La lotta della classe operaia è indissolubilmente legata alle esigenze unilaterali antagoniste dell'autovalorizzazione, non della “democrazia” che reprime la “rabbia”. Il “regime democratico” stabilisce il dominio, le gerarchie di comando, rende eterno lo sfruttamento, anestetizza l'intelligenza collettiva dentro narcotiche “forme di vita”, castra l'insorgenza della “comunità”, determina l'alienazione della “rappresentazione”. L'autentica ricchezza trasformativa, la principale risorsa eversiva dell'attuale dominante sistema sociale va identificata non nel capitale materiale, bensì' da quello sociale. È il livello di “conoscenza” e “coscienza” delle moltitudini, nel vivo della conflittualità senza riserve politico-culturali, a caratterizzare la possibilità di rivolta antisistema. È il livello di “conoscenza” e “coscienza” delle moltitudini a ridefinire gli effetti da sclerosi metafisica di quanti non condividono la “rabbia”, unica energia generatrice d'allusione concreta alle pratiche comuniste di “soggetti” che continuano a lavorare per costruire l'iniziativa rivoluzionaria. Ma con chi e in che modo ripercorrere la strada intrapresa della”rabbia” per il comunismo nella metropoli italiana del capitalismo globale? Dentro il movimento rivoluzionario non è mai mancato lo spazio per la critica e l'autocritica, il dibattito seguito alle sconfitte inflitte all'insubordinazione sociale dalla fine degli anni '70 ad oggi è stato profondo e condotto in termini tali da non poter essere liquidato come una prassi formale e non sostanziale nella ridefinizione di una strategia rivoluzionaria. Un confronto serrato, ma sempre interno al campo della rivoluzione. Alcuni pseudo«storici», invece, pensano chiaramente ad altro referente, l'unico capace di valorizzare adeguatamente la loro smania di ricostruzione delle vicende dell'insubordinazione sociale. Pensano alla putrida sponda partitica. E non è certo voler forzare o stravolgere il loro pensiero affermare che questo referente è quel “sistema dei partiti” che promette – invariabilmente, palindromicamente - solo lacrime sangue. È nei fatti. È nella recente storia economica e sociale. In quanto pseudo«storici» i nostri non hanno fretta di ribellarsi, si limitano a ”comunicare” lo sdegno, in attesa di migliori momenti, a “ricercare” in modo fabulatorio la “connessione con il popolo”. Un variegato arco di forze erede della “storica e nuova sinistra” si mostra impotente di fronte alla “crisi” di ristrutturazione del modello capitalistico di sfruttamento e riproduzione dei rapporti sociali. Pronti ed interessati, velleitariamente quanto vigliaccamente, a porre un'opzione politica sul futuro dell'operazione «massacro sociale». Miserie. “Rabbia” contro la “miseria” e le “miserie”. La “rabbia” non può essere abiurata, dalla “rabbia” non ci si può dissociare, pena l'azzeramento identitario, la compartecipazione da attori non protagonisti alla “spettacolo”. È per evitare simili confusioni che a qualcuno di loro pare sia promessa una ulteriore legittimazione del loro “parlare” del movimento rivoluzionario. Le loro preoccupazioni, vendere la “rivolta”, vendere una consulenza storico-politica. Al di fuori del dibattito fra rivoluzionari, aprioristicamente pronti ad ogni qualsivoglia “trattativa” con il “potere”. La loro presunzione e la smania di protagonismo sono davvero cattive consigliere: costoro non rappresentano nessuno se non le loro ambizioni. La loro furbizia di aspiranti politicanti potrà coinvolgere altri, non certo l'antagonismo rabbioso che si riconosce nella validità strategica dell'esercizio della “rabbia” per il comunismo, non certo coloro che non collaborano alla costruzione di un mosaico esaltato dal capiate come il massimo della democrazia: accettare subalternità a vita nel sistema di sfruttamento vigente. Basta osservare con un po' di onesta attenzione per comprendere il presente della situazione sociale e per sapere quale futuro si prepara a danno dell'esistenza delle moltitudini in rivolta. Se si lascia correre.

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venerdì 10 settembre 2010

AVAMPOSTO “SEVEL” (Gruppo FIAT) E OPERAI RESISTENTI: ALLA RICERCA DI FORME LIBERATORIE DI LOTTA POLITICA

Alcuni sostengono che “non cambia nulla”. Il riferimento è al contratto valido siglato il 15 Ottobre 2009 con l'aumento salariale medio di 112€ e la scadenza triennale dell'accordo. Altri – a ragione – sostengono che “cambia tutto”: la disdetta contrattuale imposta dalla FIAT all'imprenditoria industriale (FederMeccanica) è un ricatto che porterà ad una battaglia sociale dai contenuti non chiaramente delineabili. I due aspetti delle reazioni alla disdetta del contatto nazionale di lavoro sono figlie dello strappo di PomIgliano d'Arco sull'accordo raggiunto tra la FIAT guidata da Sergio Marchionne da una parte, e Fim-Cisl, Uilm-Uil, Fismic e Ugl dall'altra, sindacati collaborazionisti che hanno la responsabilità di aver procurato una rottura profonda tra i lavoratori costretti a scegliere tra lo sfruttamento intensivo, precarietà sistemica nei rapporti di lavoro interni alla fabbriche, lesione dei diritti costituzionalmente sanciti e la conservazione – nella subalternità assoluta del volere padronale – d'un salario legato alle convulsioni del mercato e quindi non garantito. Fuori dall'attuale “logica” FIAT, sono Fiom-CGIL, Failms-Cisal, CoBas ed altre sigle sindacali. Allora, clima di veleni dentro e fuori le fabbriche, annunci dei ritorni dei sabato “straordinari”, nuovo avvio di mobilità per migliaia di dipendenti con procedure di prepensionamento, aumenti di carichi di lavoro, ritorno massiccio al “lavoro interinale” dopo aver fatto a meno degli stessi migliaia di lavoratori ora in procinto di essere “riutilizzati” (esemplare, per questa sperimentazione del “modello gestionale” ideato da Marchionne, è lo stabilimento abruzzese SEVEL in Val di Sangro che produce, grazie a 5000 operai, il furgone “Ducato” con ordinativi, da Europa ed Asia, e volumi produttivi in rialzo). Tutto ciò in una congiuntura economica che vede il PIL crescere un po', mentre diminuisce ancora l'occupazione. In alcune aziende (appunto, alla SEVEL) del Gruppo FIAT, inoltre, l'agibilità minima sindacale (assemblee interne) è minata a tal punto che non possono partecipare gli operai della Fiat di Melfi licenziati, ma reintegrati.La gravità della situazione è tale che l'oltranzismo a difesa dei diritti dei lavoratori (il conflitto esteso socialmente) è l'unica strada per non arrivare al paradosso di far rimanere fuori dai cancelli delle fabbriche le stesse “ragioni operaie”. L'impresa si è posizionata al centro delle relazioni sociali, impone stili di vita e gerarchie, colonizza l'immaginario di massa e, contestualmente, una dialettica Stato/Impresa nega in modo animalesco ogni forma di vita civile, rende gregaria e indifesa la soggettività proletaria. La “fame” di lavoro, reddito, tutele e Welfare è l'altra faccia dello scempio capitalista e della desertificazione sociale che l'unilaterale “obiettivo-profitto” sta procurando. Le Istituzioni sono occupate da sodali di ConfIndustria, mandante del massacro sociale, in altre faccende occupati (fondi FAS distolti dalle proprie finalità), di fronte ad una sempre più estesa crisi sociale con redditi tagliati del 30%. Forse non è più solo tempo di scioperare.Va organizzata politicamente la resistenza operaia protesa alla riconquista d'una cittadinanza attiva, liberatoria quantomeno del giogo confindustriale. [http://cprca2010.ning.com/profiles/blogs/lt-unaltra-opposizione-e]