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domenica 13 novembre 2011

Fine anno con il botto ...

Il coordinamento nazionale del Comitato “No debito” si è riunito nel momento in cui si va definendo nettamente l'ipotesi denunciata chiaramente con l'assemblea del 1° ottobre. L'investitura di Mario Monti come nuovo presidente del consiglio realizza quel “governo unico delle banche” che rappresenta una minaccia dichiarata ai diritti sociali e dei lavoratori e delle condizioni di vita dei settori popolari. E' un governo che godrà in una prima fase di “consenso” sia a livello politico bipartizan (per esplicita responsabilità di Napolitano) sia in vasti ambiti della società che lo interpreterà come il governo che “ha mandato via Berlusconi”. Ciò significa che l'iniziativa della campagna No Debito e sui cinque punti dell'assemblea del 1° ottobre dovrà fare i conti, in una prima fase, con un senso comune divergente e con ostilità crescenti sul piano politico. Si rimane convinti che la posizione indicata in questi mesi – no al debito e no al vincolo europeo – mantenga intatta la sua credibilità e troverà conferma nello sviluppo dei fatti. In tal senso, assume enorme rilievo politico l'assemblea nazionale a Roma del prossimo 17 dicembre convocata dal comitato No Debito, una occasione che rappresenta il primo grande appuntamento di massa dell'opposizione politica e sociale al “governo della Bce” rappresentato da Mario Monti. Tutti coloro che sono contrari a questo governo e alla Bce sono invitati a partecipare a questo appuntamento e tutti coloro che hanno condiviso l'appello “Dobbiamo fermarli” sono invitati a preparare e a far crescere questo appuntamento sia a livello locale che nazionale. Nell'assemblea nazionale del 17 dicembre verrà avanzata la proposta di convocazione di una grande manifestazione nazionale dell'opposizione sociale e politica alle misure del governo Monti per l'inizio del prossimo anno.
La tabella di marcia del Comitato No Debito prevede il lancio dell'obiettivo “Noi vogliamo decidere. Referendum!”. A tale scopo verrà lanciato un appello che chiederà la convocazione di un referendum contro le misure della Bce e – di fronte al prevedibile rifiuto da parte delle istituzioni preposte – avvierà i preparativi di un referendum autogestito inteso come consultazione popolare e democratica di massa contro i diktat dell'Unione Europea. La proposta del referendum è una proposta che il comitato No Debito avanza come terreno di iniziativa unitaria a tutte le forze e i soggetti che ritengono di poter e voler condividere questa battaglia di democrazia.
In secondo luogo assumono un carattere decisivo le assemblee locali e la costituzione dei comitati locali “No debito” possibilmente entro la data dell'assemblea del 17 dicembre. La commissione organizzazione comunica che in calendario sono state già fissate alcune iniziative locali (vedi il calendario pubblicato in homepage). Sono in via di definizione altre assemblee (Bologna, Bari, Trieste, Gorizia, Veneto). E' importante che le assemblee siano pubbliche, rappresentative e inclusive anche dei soggetti sociali e politici che fino ad ora non hanno firmato l'appello “Dobbiamo fermarli”. Il Comitato No Debito porterà il proprio contributo al convegno del Forum Diritti Lavoro che si terrà a Roma il 18 novembre e agli incontri previsti per discutere il referendum contro l'art.8 e la legge 30. Per il 10 dicembre è confermato il primo seminario con gli economisti a Roma mentre un secondo seminario si terrà a gennaio a Milano.
Il Comitato No Debito aderisce e partecipa con un proprio striscione e spezzone unitario alla manifestazione del 26 novembre convocata dal Forum dei comitati per l'acqua pubblica. La commissione comunicazione ha resocontato la propria attività (consapevole ancora dei limiti esistenti e che sono stati sottolineati). In primo luogo indica che l'identità assunta sarà quella di “Comitato No Debito” pur consaspevoli che i cinque punti di programma avanzano obiettivi non legati solo a questa dimensione. E' stato approntato un logo che indica il nesso tra il “Noi” come forma di partecipazione collettiva in prima persona e gli obiettivi che verranno declinati nei vari momenti (NOI No debito, NOI vogliamo decidere, NOI no alla guerra, NOI per i beni comuni, NOI per i diritti dei lavoratori, vedi qui a fianco). 
E' stato aperto un primo gruppo su facebook e adesso verrà attivata anche una pagina Facebook ufficiale del Comitato No Debito. Si stanno centralizzando gli indirizzi dei giornalisti e delle redazioni per favorire una maggiore comunicazione. A breve si risistemerà il sito per renderlo più dinamico e accattivante”.
Da martedi 15 novembre comincerà un appuntamento di comunicazione integrata quindicinale del comitato No Debito che aggiornerà le informazioni, indicazioni e campagne. La trasmissione si terrà negli studi di Radio Città Aperta alle 14.30, verrà trasmessa in diretta in streaming video da Libera Tv e potrà essere embeddada da tutte le pagine web, radio o televisioni che vorranno collegarsi a questa iniziativa. La cosa potrebbe raggiungere migliaia e migliaia di persone.
Roma, 10 novembre

lunedì 25 ottobre 2010

Sergio Marchionne: gli interessi aziendali FIAT contro gli interessi delle masse popolari

Senza gli stabilimenti italiani, la FIAT andrebbe “meglio”. “Meglio”, per l'ad FIAT Marchionne, sta per più utili: “Nemmeno un euro dei due miliardi di utile operativo previsti quest'anno viene dall'Italia”. Il “metalmeccannico” Marchionne chiarisce ulteriormente la strategia aziendale del FIAT Group enfatizzandone gli aspetti della competitività industriale che già garantisce un giro d'affari di 50 miliardi di euro nella produzione di automobili (56,2%), macchine agricole/edili (20,1%), veicoli industriali (14,2%), componenti e sistemi di produzione (8,5%), editoria e pubblicità (1% circa); tale imponente business è realizzato in 188 stabilimenti dei quali 64 sono in Italia, gli altri sono delocalizzati (52 sono in Europa, 27 nel Mercosur, 16 in Nord America, 24 nel resto del mondo), da 190.000 dipendenti, il 42,3% dei quali lavorano in Italia, il 57,7% in altri paesi. Laddove il profitto non è tale da incrementare il business, Marchionne ritiene le relazioni nelle fabbriche nazionali modificabili, al fine di recuperare “produttività” per restare sul mercato, agendo solo sul fattore lavoro, trascurandone le condizioni, le retribuzioni, la sicurezza. Non una parola, infatti, nella tranquilla intervista rilasciata a “Che tempo che fa”, sulle fondamentali questioni dei diritti dei lavoratori, solo il ricatto del disinvestimento e la rivendicazione della totale libertà nel trattare la manodopera (come la FIAT ha iniziato a fare con le deroghe al contratto nazionale di categoria, imposte nel contesto di Pomigliano), come quando allude allo sfruttamento intensivo degli operai polacchi affermando senza battere ciglio che “in Polonia, nel nostro unico stabilimento, 6100 operai hanno prodotto le stesse auto di tutti gli stabilimenti italiani, ovvero hanno fatto il lavoro di 22mila operai”. Marchionne si permette anche di dileggiare chi lavora e vive con mille euro mensili, pronosticando di portare “i salari italiani al livello dei Paesi europei”, ammettendo esplicitamente di aver spremuto già come limoni le maestranze FIAT, nonostante gli oneri pubblici della c.i.g., prestiti statali ed incentivi incassati come ladri dal management FIAT. Marchionne, mentre cerca comunque di estorcere ulteriori minuti essenziali per una pseudopausa-pranzo dei lavoratori - senza soluzione di continuità con i precedenti “vertici aziendali” sostenitori già dodici anni fa dell'idea secondo la quale, causa la globalizzazione, gli stabilimenti italiani erano pagati dai profitti brasiliani -, cerca di inventarsi innovatore risucchiando nelle logica FIAT sindacati compiacenti chiamati a cogestire le “anomalie” rappresentate dalla resistenza e conflitto degli operai indisponibili, piuttosto che dall'offensiva e menzognera immagine di prezzolati, assenteisti operai-tifosi che tenta volgarmente di accreditare. L'ingiuria del dominio politico dell'impresa sulla società espressa da Marchionne che vuole imporre l'aumento dei salari «legati alla produttività», fa da contraltare alle richieste della Cisl e della Uil: secondo queste organizzazioni sindacali, occorre vedere insieme con il padronato come si può arrivare ad un utilizzo intensivo degli impianti in cambio non solo del salario di produttività, ma anche della ripartizione degli utili ed arrivare ad un livello alto di partecipazione delle decisioni aziendali.
La manifestazione del 16 Ottobre, viceversa, sostiene la proposta dello sciopero generale contro il dominio politico dell'impresa e contro le politiche governative che ne sono espressione, accolta con entusiasmo consapevole dalla enorme massa di persone che vi hanno partecipato. È la giusta azione contro la devastazione sociale, l'unica dignitosa rivolta possibile oggi, arrivata direttamente dai lavoratori e cittadini consapevoli ed indisponibili ad una deriva berlusconiana che trascina nell'impotenza anche tutte le forze organizzate della “sinistra”. Senza il pronunciamento combattivo dei proletari uniti, non c'è alternativa degna di un popolo che sappia prendere in mano il proprio destino. La grande, democratica questione del lavoro e dei suoi diritti non è un utile argomento per la retorica dei politici, è il discrimine tra il futuro libero e di massa della società italiana che – autonomamente – si riorganizza e l'incontrastata riproposizione delle fortune del capitale multinazionale.
Link di Bologna Città Libera:
“Governo, impresa, conflitto capitale-lavoro e autonomia politica"
http://www.bolognacittalibera.org/profiles/blogs/governo-impresa-co...

"Fabbrica Italiana di Profitti, comunità operaia e autonomia”
http://www.bolognacittalibera.org/profiles/blogs/fabbrica-italiana