lunedì 25 ottobre 2010

Sergio Marchionne: gli interessi aziendali FIAT contro gli interessi delle masse popolari

Senza gli stabilimenti italiani, la FIAT andrebbe “meglio”. “Meglio”, per l'ad FIAT Marchionne, sta per più utili: “Nemmeno un euro dei due miliardi di utile operativo previsti quest'anno viene dall'Italia”. Il “metalmeccannico” Marchionne chiarisce ulteriormente la strategia aziendale del FIAT Group enfatizzandone gli aspetti della competitività industriale che già garantisce un giro d'affari di 50 miliardi di euro nella produzione di automobili (56,2%), macchine agricole/edili (20,1%), veicoli industriali (14,2%), componenti e sistemi di produzione (8,5%), editoria e pubblicità (1% circa); tale imponente business è realizzato in 188 stabilimenti dei quali 64 sono in Italia, gli altri sono delocalizzati (52 sono in Europa, 27 nel Mercosur, 16 in Nord America, 24 nel resto del mondo), da 190.000 dipendenti, il 42,3% dei quali lavorano in Italia, il 57,7% in altri paesi. Laddove il profitto non è tale da incrementare il business, Marchionne ritiene le relazioni nelle fabbriche nazionali modificabili, al fine di recuperare “produttività” per restare sul mercato, agendo solo sul fattore lavoro, trascurandone le condizioni, le retribuzioni, la sicurezza. Non una parola, infatti, nella tranquilla intervista rilasciata a “Che tempo che fa”, sulle fondamentali questioni dei diritti dei lavoratori, solo il ricatto del disinvestimento e la rivendicazione della totale libertà nel trattare la manodopera (come la FIAT ha iniziato a fare con le deroghe al contratto nazionale di categoria, imposte nel contesto di Pomigliano), come quando allude allo sfruttamento intensivo degli operai polacchi affermando senza battere ciglio che “in Polonia, nel nostro unico stabilimento, 6100 operai hanno prodotto le stesse auto di tutti gli stabilimenti italiani, ovvero hanno fatto il lavoro di 22mila operai”. Marchionne si permette anche di dileggiare chi lavora e vive con mille euro mensili, pronosticando di portare “i salari italiani al livello dei Paesi europei”, ammettendo esplicitamente di aver spremuto già come limoni le maestranze FIAT, nonostante gli oneri pubblici della c.i.g., prestiti statali ed incentivi incassati come ladri dal management FIAT. Marchionne, mentre cerca comunque di estorcere ulteriori minuti essenziali per una pseudopausa-pranzo dei lavoratori - senza soluzione di continuità con i precedenti “vertici aziendali” sostenitori già dodici anni fa dell'idea secondo la quale, causa la globalizzazione, gli stabilimenti italiani erano pagati dai profitti brasiliani -, cerca di inventarsi innovatore risucchiando nelle logica FIAT sindacati compiacenti chiamati a cogestire le “anomalie” rappresentate dalla resistenza e conflitto degli operai indisponibili, piuttosto che dall'offensiva e menzognera immagine di prezzolati, assenteisti operai-tifosi che tenta volgarmente di accreditare. L'ingiuria del dominio politico dell'impresa sulla società espressa da Marchionne che vuole imporre l'aumento dei salari «legati alla produttività», fa da contraltare alle richieste della Cisl e della Uil: secondo queste organizzazioni sindacali, occorre vedere insieme con il padronato come si può arrivare ad un utilizzo intensivo degli impianti in cambio non solo del salario di produttività, ma anche della ripartizione degli utili ed arrivare ad un livello alto di partecipazione delle decisioni aziendali.
La manifestazione del 16 Ottobre, viceversa, sostiene la proposta dello sciopero generale contro il dominio politico dell'impresa e contro le politiche governative che ne sono espressione, accolta con entusiasmo consapevole dalla enorme massa di persone che vi hanno partecipato. È la giusta azione contro la devastazione sociale, l'unica dignitosa rivolta possibile oggi, arrivata direttamente dai lavoratori e cittadini consapevoli ed indisponibili ad una deriva berlusconiana che trascina nell'impotenza anche tutte le forze organizzate della “sinistra”. Senza il pronunciamento combattivo dei proletari uniti, non c'è alternativa degna di un popolo che sappia prendere in mano il proprio destino. La grande, democratica questione del lavoro e dei suoi diritti non è un utile argomento per la retorica dei politici, è il discrimine tra il futuro libero e di massa della società italiana che – autonomamente – si riorganizza e l'incontrastata riproposizione delle fortune del capitale multinazionale.
Link di Bologna Città Libera:
“Governo, impresa, conflitto capitale-lavoro e autonomia politica"
http://www.bolognacittalibera.org/profiles/blogs/governo-impresa-co...

"Fabbrica Italiana di Profitti, comunità operaia e autonomia”
http://www.bolognacittalibera.org/profiles/blogs/fabbrica-italiana

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