Visualizzazione post con etichetta "Beni comuni". Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta "Beni comuni". Mostra tutti i post

domenica 10 giugno 2012

Piotr (Пётр): Arlechin servidor de do paroni

"Arlechin servidor de do paroni" di Piotr (Пётр)
1. «Davanti a Obama, lite tra Monti, Hollande e Merkel. Eurolandia si spacca sul rischio contagio a Madrid».
Questo un titolo in grande rilievo nella sezione di economia dell’edizione di Venerdì 1° giugno dell’organo italiano del Democratic Party americano, “La Repubblica”.Si riferiva ad una videoconferenza tra Monti, Merkel, Cameron, Hollande e il presidente statunitense.
Obama attacca subito spingendo con insistenza sull’ipotesi di Unione Bancaria europea e per l’intervento diretto del fondo salva-stati (l’EFSF che è sul punto di trasformarsi nel più potente Esm) nel salvataggio delle banche spagnole. Monti e Hollande appoggiano subito il pressing di Obama mentre la Merkel oppone un netto rifiuto: “La Germania è contraria ad un intervento diretto dell’EFSF; non vogliamo che il fondo con i soldi dei governi, spenda milioni in cambio di collaterali di banche già cotte”.
Sembra di sentire gli echi antinterventisti e moralistici della cosiddetta Scuola Austriaca.
Monti la scongiura di rifletterci sopra. In cambio l’Italia respingerà i tentativi di cambiamento dello statuto della BCE (cioè rinuncerà a chiedere che la BCE diventi prestatore di ultima istanza). Ma niente da fare: la partita è rimandata sotto gli auspici-minacce di Monti: “La Germania deve riflettere profondamente e rapidamente”.

2. Penso che il 90% della sinistra a questo punto non sia più in grado di capire cosa stia veramente succedendo (per non parlare della destra il cui più alto punto di riflessione ha sfornato la pseudo-teoria del “signoraggio” purtroppo sposata anche da alcuni settori della sinistra radicale).

Ma come? Non c’era forse la “dittatura della finanza”? Monti non era un servo della Merkel e del suo euro-marco? Hollande non era il simbolo del riscatto della sinistra per la crescita? La Germania non era solo un burattino subimperiale degli USA e l’euro una dependance del dollaro? Il capitalismo non è forse uno e trino?

Sulle pagine di Megachip, ad esempio qui, qui e qui, si è cercato di dimostrare che Monti gioca tenendo bene in mente gli interessi dominanti in Europa, Italia e Stati uniti, ma in fondo è un uomo di Obama. Sulle stesse pagine, ad esempio qui e recentemente qui, si è cercato di far capire che si è da tempo aperto un profondo contrasto tra – schematizzando – l’economia finanziarizzata anglosassone e l’economia materiale tedesca; un contrasto che ricorda quello degli anni Trenta. Se non ci sentono oggi in Occidente tamburi di guerra è perché la Germania è pre-occupata dal suo alleato d’oltreoceano. In molteplici occasioni si è cercato di argomentare che “dittatura della finanza” e “dittatura delle banche” sono titoli ad effetto che vanno bene per lo strillonaggio politico, ma non sono concetti cui affidarsi per capire cosa sta succedendo e mettere a punto una strategia, anche solo di resistenza.

L’alta finanza si allea con uno Stato predominante e questo Stato per rimanere predominante deve mantenere quell’alleanza. Alta finanza e Stato predominante sono come suocera e nuora: non c’è una se non c’è l’altra, anche se litigano perché la logica degli Stati e quella dell’alta finanza sono differenti e seguono obiettivi che tendono a divergere e devono essere periodicamente ricondotti ad un compromesso comune.

Se non si capisce questo non si capisce la storia mondiale per lo meno dal Rinascimento ad oggi. E si finisce nella confusione da commedia dell’arte: ma come, la serva Germania osa rispondere male al suo padrone a stelle e strisce e l’Italia, serva della Germania, prende le parti del padrone della sua padrona, per giunta in combutta con la sempre intrigante Francia? Ma come, il socialista parakeynesiano Hollande difende le banche sacrificando la crescita e la monetarista liberista Merkel difende le fabbriche tedesche contro le banche mentre il suo ministro delle Finanze dichiara addirittura di sostenere le richieste sindacali nell’industria privata e di voler alzare motu proprio del 6% gli stipendi dei dipendenti pubblici? Ma qui non ci si capisce più nulla! Cos’è questo mondo alla rovescia?

Beh, ovviamente basta partire con la mappa sbagliata per perdersi facilmente. E la sinistra lo fa con metodo: anche quando ha la cartina giusta la tiene in mano all’incontrario.


3. Chi vincerà? Possiamo solo avanzare delle ipotesi. La Germania ha dalla sua solo la potenza economica. Ma come, si dirà, la potenza economica è tutto ciò che conta nel capitalismo! Ecco la mappa tenuta in mano al contrario, ad onta di Marx che avvertiva che dietro ogni fenomeno economico c’è in realtà un fenomeno sociale, ci sono rapporti sociali.

La potenza economica se non si allaccia a quella politica, militare, diplomatica e culturale è inservibile, anzi addirittura serve ad altri. Gli esempi non si contano. Alla fine del 1700 la ricchissima India fu conquistata dall’Inghilterra che era una pulce economica al suo confronto. Attorno alla metà del 1800 la straricca Cina fu soggiogata sempre dalla pulce inglese. I Cinesi abituati al commercio, al calcolo economico e ai problemi di politica interna (un po’ come i nostri economicisti), nemmeno pensavano che fosse possibile che agli Inglesi potesse venire in mente un’idea così bislacca e furono colti del tutto impreparati allo scontro.

Dal canto loro il potentissimo Impero Britannico fu sconfitto dal trentennale scontro militare con la Germania – che gli Inglesi nominalmente vinsero – e dall’alleanza militare con gli USA che gli permise quella vittoria.

Non solo, questi ultimi entrarono nella II Guerra Mondiale che ancora si leccavano le ferite della crisi del ’29 (il PIL non era nemmeno ritornato ai livelli pre-crisi) ma dopo quattro anni di carneficina disegnavano le sorti economiche, finanziarie, politiche e militari del mondo del dopoguerra, a Bretton Woods.

Oggi gli USA sono uno dei Paesi messi economicamente peggio: deficit pubblico fuori controllo e deficit commerciale fuori di testa, dove questi due “fuori” sono dei fuori economicistici, ma hanno una precisa valenza politica. La potenza economica sta in Germania, in Cina, nei BRICS. Ma l’alta finanza non sta né a Francoforte né a Shanghai. Risiede a New York, a poche ore di auto da Washington, sede decisionale dell’ancora ineguagliata superpotenza militare, politica e diplomatica degli Stati Uniti d’America. Sono queste le leve competitive degli USA. E le utilizzeranno. In che modo? Anche in questo caso possiamo solo fare delle ipotesi. 4. Innanzitutto con pressioni dirette di ogni tipo sulla Germania coadiuvate dal lavoro ai fianchi di Francia, Italia e Gran Bretagna (e di Paesi della stessa “area d’influenza tedesca”) e tagliando i retroterra alternativi geopolitici e commerciali dell’Europa, impedendole che essa, e in primo luogo la Germania, sposti i suoi interessi economici e politici verso Est.

Questo gli USA lo hanno già iniziato a fare destabilizzando la costa meridionale del Mediterraneo. Con ciò hanno reso difficoltosa sia un’ipotesi di Ostpolitik tedesca sia un’ipotesi di defezione di un’Europa del Sud da una Europa del Nord (se non eventualmente sotto l’egida statunitense), obbligando quindi l’Europa a rimanere unita e in preda alle proprie contraddizioni interne, che i popoli europei pagano salatamene ma che sono sul gobbo della Germania e della sua politica miope di potenza economica solitaria.

La Germania sa benissimo che sul fronte Siria-Iran si giocano gran parte delle sue possibilità di nuova Ostpolitik, e quindi di sganciamento economico dall’Europa del Sud e dagli USA. Ma lo sanno anche gli USA e cercheranno di impedirglielo. La Merkel avendo capito il gioco aveva cercato di boicottarlo, dissociandosi lo scorso anno dall’aggressione alla Libia. Oggi però ripete che sarebbe disposta ad aggredire la Siria. Lo dice soltanto per non entrare in contrasto con gli USA su tutta la linea o perché sta prendendo atto che l’aggressività destabilizzante statunitense in Nord Africa e in Medio Oriente sta pagando e fa buon viso a cattivo gioco? Lo fa perché ha paura o lo fa perché sta ottenendo in cambio qualcosa che ancora non conosciamo? Fatto sta che è stata in prima fila nell’assedio diplomatico antiucraino che ha fatto leva sul caso Julija Tymošenko. In altre parole sembra che sul lato militare e diplomatico gli USA stiano segnando dei punti nel cuore dell’Europa.

Hollande, per non venir meno alla tradizione guerrafondaia filoatlantica inaugurata dal marito di Carla Bruni, ha già fatto sapere che se richiesto sarà il primo a bombardare la Siria. Il socialista Hollande è organicamente (economia e politica estera) nel campo statunitense. La liberista Merkel lo è disorganicamente. Attenzione a questa inversione, perché gli imbonitori politici europei, e quelli italiani per primi e con più sfacciataggine, la utilizzeranno per mascherare di progressismo (antiliberismo, neokeynesismo, ecologismo, eccetera) la scelta di campo a favore degli USA.

Come abbiamo avuto più volte modo di ripetere, la politica estera degli attori in campo chiarirà molte cose. Ci dirà chi sta vincendo tra finanziarizzazione a guida anglosassone ed “economia reale” tedesca, più precisamente e forse prima di quanto ci dirà la querelle sugli eurobond.

Io, se fossi la Segretaria di Stato, darei ordine ai tagliagole ai miei ordini in Siria di fare in modo che il piano Annan salti al più presto. Senza più lo schermo dell’ONU rimetterei quindi all’ordine del giorno l’attacco militare alla Siria, a quel punto con o senza il benestare del Consiglio di Sicurezza. Metterei così in difficoltà Cina e Russia, obiettivo primario, e contemporaneamente ricompatterei l’Europa sotto la politica economica e geostrategica degli USA, obiettivo complementare necessario. Come si è fatto altre volte, ad esempio con l’Iraq, semplicemente facendo l’appello degli alleati. Così obbligherei anche la Germania a prendere posizione proprio mentre è al centro del fuoco incrociato di tutti i grandi Pesi europei e degli USA stessi, costringendola a capitolare su tutti i fronti.


5. La “riscossa” della sinistra in Francia già mostra la sua natura: l’austerità non è in discussione, il keynesismo bancario non è in discussione; gli investimenti per la crescita, le deroghe al fiscal compact e quelle a Maastricht vengono invece subordinate all’accettazione tedesca del keynesismo bancario. D’altra parte, per “crescita” si intende sostanzialmente qualche mega intervento sulle infrastrutture e qualche micro intervento sull’impatto ecologico, oltre all’aiuto al settore delle armi e a quello energetico, vuoi per difenderli vuoi per acquisirli (nel caso patologico dell’Italia invece si svenderanno a spezzatino). Non ci sarà nessun rilancio dell’espansione materiale adeguato al mantenimento del benessere materiale raggiunto nei secoli passati dalle società capitalistiche storiche. E’ quindi “naturale” che questi interventi – che avranno in gran parte un carattere politico – siano considerati secondari rispetto al salvataggio delle banche (chi denuncia il ritrarsi dello Stato dall’economia e perora un suo nuovo interventismo, deve essere molto più preciso, perché a memoria capitalistica gli Stati non sono mai intervenuti così pesantemente come nell’epoca del cosiddetto “pensiero unico neoliberista”, quando trilioni di dollari e centinaia di miliardi di euro sono serviti a salvare le banche).

Al convegno della SPD alla fine dello scorso anno, l’anziano Helmut Schmidt ha fatto un nobile discorso. Con esso ha cercato di far capire alla propria nazione che il suo interesse di medio e lungo periodo è quello di ritornare ad una vocazione europeista, ovvero di anteporre agli immediati interessi tedeschi quelli strategici europei. Il sostrato materialistico del nobile intervento è stato analizzato qui. Non ho nulla da aggiungere a quell’analisi, ad esempio non penso che sia necessario insinuare secondi fini filoamericani diretti. Il problema è che ogni discorso, per quanto nobile possa essere, deve incunearsi in un contesto reale complesso e conflittuale. E deve essere cosciente sia di questa complessità sia della conflittualità che la permea e che deve saper sfruttare altrimenti saranno i nobili intenti ad essere sfruttati. Se non si entra in quest’ottica si pecca d’ingenuità, che è un errore e quindi è peggio di un crimine perché non permette di cogliere le contraddizioni nel fronte avversario. Quelle ad esempio che le recenti “riscosse” di sinistra in Francia e in Germania segnalano e che esse stesse aprono.

L’ingenuità degli intellettuali di sinistra e dei loro seguaci in estasi per la “riscossa” francese e per quella preannunciata dal Länder tedeschi, ricorda invece da vicino una barzelletta scollacciata, che spero venga perdonata. È quella della cosiddetta “masturbazione cinese”: darsi tanti colpi di martello sui testicoli, così che quando si sbaglia il colpo si gode come dei pazzi.

In realtà fenomeni come quelli della succitata “riscossa” sono colpi andati a finire sull’altro testicolo, quello ormai divenuto insensibile per via del trattamento. Ci si continua a far del male ma stavolta godendo come pazzi.
Fonte: http://www.sinistrainrete.info/geopolitica/2120-piotr--arlechin-servidor-de-do-paroni.html

domenica 13 novembre 2011

Fine anno con il botto ...

Il coordinamento nazionale del Comitato “No debito” si è riunito nel momento in cui si va definendo nettamente l'ipotesi denunciata chiaramente con l'assemblea del 1° ottobre. L'investitura di Mario Monti come nuovo presidente del consiglio realizza quel “governo unico delle banche” che rappresenta una minaccia dichiarata ai diritti sociali e dei lavoratori e delle condizioni di vita dei settori popolari. E' un governo che godrà in una prima fase di “consenso” sia a livello politico bipartizan (per esplicita responsabilità di Napolitano) sia in vasti ambiti della società che lo interpreterà come il governo che “ha mandato via Berlusconi”. Ciò significa che l'iniziativa della campagna No Debito e sui cinque punti dell'assemblea del 1° ottobre dovrà fare i conti, in una prima fase, con un senso comune divergente e con ostilità crescenti sul piano politico. Si rimane convinti che la posizione indicata in questi mesi – no al debito e no al vincolo europeo – mantenga intatta la sua credibilità e troverà conferma nello sviluppo dei fatti. In tal senso, assume enorme rilievo politico l'assemblea nazionale a Roma del prossimo 17 dicembre convocata dal comitato No Debito, una occasione che rappresenta il primo grande appuntamento di massa dell'opposizione politica e sociale al “governo della Bce” rappresentato da Mario Monti. Tutti coloro che sono contrari a questo governo e alla Bce sono invitati a partecipare a questo appuntamento e tutti coloro che hanno condiviso l'appello “Dobbiamo fermarli” sono invitati a preparare e a far crescere questo appuntamento sia a livello locale che nazionale. Nell'assemblea nazionale del 17 dicembre verrà avanzata la proposta di convocazione di una grande manifestazione nazionale dell'opposizione sociale e politica alle misure del governo Monti per l'inizio del prossimo anno.
La tabella di marcia del Comitato No Debito prevede il lancio dell'obiettivo “Noi vogliamo decidere. Referendum!”. A tale scopo verrà lanciato un appello che chiederà la convocazione di un referendum contro le misure della Bce e – di fronte al prevedibile rifiuto da parte delle istituzioni preposte – avvierà i preparativi di un referendum autogestito inteso come consultazione popolare e democratica di massa contro i diktat dell'Unione Europea. La proposta del referendum è una proposta che il comitato No Debito avanza come terreno di iniziativa unitaria a tutte le forze e i soggetti che ritengono di poter e voler condividere questa battaglia di democrazia.
In secondo luogo assumono un carattere decisivo le assemblee locali e la costituzione dei comitati locali “No debito” possibilmente entro la data dell'assemblea del 17 dicembre. La commissione organizzazione comunica che in calendario sono state già fissate alcune iniziative locali (vedi il calendario pubblicato in homepage). Sono in via di definizione altre assemblee (Bologna, Bari, Trieste, Gorizia, Veneto). E' importante che le assemblee siano pubbliche, rappresentative e inclusive anche dei soggetti sociali e politici che fino ad ora non hanno firmato l'appello “Dobbiamo fermarli”. Il Comitato No Debito porterà il proprio contributo al convegno del Forum Diritti Lavoro che si terrà a Roma il 18 novembre e agli incontri previsti per discutere il referendum contro l'art.8 e la legge 30. Per il 10 dicembre è confermato il primo seminario con gli economisti a Roma mentre un secondo seminario si terrà a gennaio a Milano.
Il Comitato No Debito aderisce e partecipa con un proprio striscione e spezzone unitario alla manifestazione del 26 novembre convocata dal Forum dei comitati per l'acqua pubblica. La commissione comunicazione ha resocontato la propria attività (consapevole ancora dei limiti esistenti e che sono stati sottolineati). In primo luogo indica che l'identità assunta sarà quella di “Comitato No Debito” pur consaspevoli che i cinque punti di programma avanzano obiettivi non legati solo a questa dimensione. E' stato approntato un logo che indica il nesso tra il “Noi” come forma di partecipazione collettiva in prima persona e gli obiettivi che verranno declinati nei vari momenti (NOI No debito, NOI vogliamo decidere, NOI no alla guerra, NOI per i beni comuni, NOI per i diritti dei lavoratori, vedi qui a fianco). 
E' stato aperto un primo gruppo su facebook e adesso verrà attivata anche una pagina Facebook ufficiale del Comitato No Debito. Si stanno centralizzando gli indirizzi dei giornalisti e delle redazioni per favorire una maggiore comunicazione. A breve si risistemerà il sito per renderlo più dinamico e accattivante”.
Da martedi 15 novembre comincerà un appuntamento di comunicazione integrata quindicinale del comitato No Debito che aggiornerà le informazioni, indicazioni e campagne. La trasmissione si terrà negli studi di Radio Città Aperta alle 14.30, verrà trasmessa in diretta in streaming video da Libera Tv e potrà essere embeddada da tutte le pagine web, radio o televisioni che vorranno collegarsi a questa iniziativa. La cosa potrebbe raggiungere migliaia e migliaia di persone.
Roma, 10 novembre

giovedì 16 giugno 2011

Commento sull'esito referendario

Provo a ragionare sull’esito referendario. A seggi chiusi, il quorum è superato con un’affluenza alle urne che, negli istant poll, già oscillava addirittura tra il 54,5 e il 59,5% consentendo ai SI di traguardare una percentuale oscillante tra il 93 ed il 97% della scelta espressa dagli elettori. Ora i risultati si sono stabilizzati [http://referendum.interno.it/], ma l’esito politico si conferma come altamente positivo. Comportamenti elettorali, certo, ma adottati in un’allarmante situazione di “crisi a più dimensioni” che continua a devastare la coesione sociale, avvelenata da una incontrollata deriva politico-culturale del “ventennio berlusconiano”. Il successo referendario è l’onda lunga e carsica d’una parte del “corpo sociale” che non si arreso alla ristrutturazione autoritaria del dominio capitalista nella metropoli italiana. La resistenza (operaia, studentesca, dei soggetti antagonisti presenti nella società civile) e la clandestinità comportamentale (incardinata nella palese estraneità ed ostilità verso il “sistema dei partiti” ed i “santuari” del potere), ha reso ai cittadini tutti la consapevolezza della praticabilità di “politiche generative” del “nuovo” di cui una prima manifestazione – dal 2008-2009 al 2011 - sono stati (per quanto variegati e non tutti autentici) i “coriandoli” del “neocivismo”. La marcia nel deserto non è però finita e non si esaurisce nella contraddittoria esperienza del neocivismio. In buona sostanza, c’è altro accanto all’idea di recidere i cordoni ombelicali con le rantolanti “organizzazioni del consenso”, vecchie e nuove, anche della “sinistra” che annovera tra le sue fila tanto Pietro Ichino quanto la FIOM-CGIL. Il dato importante da considerare è questo: nel corpo sociale si è diffuso un coinvolgente ripensamento in atto del “governo dei beni comuni” materiali ed immateriali. Certo, l’acqua, il sole, l’aria pulita e la potenza del vento, ma anche l’istruzione e la salute pubbliche, i diritti al reddito, alle “protezioni sociali” (che ritorni universalistico il Welfare !)ed alla conflittualità, la condivisione delle conoscenze e delle sue veicolazioni tecniche. Il largo fronte delle vertenze sociali ha aperto una stagione politica costituente: c’è chi pensa che il “movimento antagonista” non debba rifluire nella miope e strumentale ricerca di nuovi equilibri sociali ed in nuovi “accordi” interclassisti a garanzia di stabili profitti e status quo; c’è chi propugna, fatta propria la logica antisistema, l’attuazione del progetto d’edificazione di istituzionalità popolari sulla base di nuove forme di cittadinanza attiva che superino le antinomiche espressioni dell’attuale “democrazia reale”. La distanza irreversibile non è tra il Governo in carica ed il Paese, bensì sussiste tra una “moltitudine” (masse popolari senza più gli ancoraggi delle appartenenze politico-sindacali e/ dell’ordinamento sociale e classista tradizionale) e lo Stato. S’assiste al concreto riaffermarsi dell’autonomia politico-organizzativa dell’autentico (a-ideologico) antagonismo che riprende la sua marcia amalgamando, poco a poco, chi lotta, sedimentando “comunità” nei territori. Siamo di fronte alla crisi radicale della “politica alienata ed estraniante della rappresentanza e della delega”. In altri termini, la fenomenologia sociale innescata dalla “crisi” è inequivocabile pronunciamento di soggetti dispersi fuoriusciti dal post-fordismo di maniera, tipico della “piccola trasformazione italiana” (Bonomi), inabissatisi quando si è affermato il “capitalismo molecolare”, successivamente, quello “delle reti e dei flussi” (che ha in Marchionne la migliore tra le truffaldine figure), per riemergere ora come unico, attrezzato argine alla contaminazione e lacerazione dei “populismi armati” (quello di territorio come Lega Nord ed affini; quello dell’individualismo proprietario, tecnocratico, giustizialista; quello “dolce” di un “potere” che ricerca “connessioni” con il popolo …). Dentro una lacerante scomposizione sociale ormai in metastasi, si realizza un’aggregazione di luoghi sociali e territori che reagisce alla subalterna omologazione politico-telecratica, che rifiuta la morte cognitiva, che resetta il blocco implosivo delle rappresentanze (verso il basso, ripensando il “consenso”, verso l’alto, progettando “contropotere”). Le infrastrutture normative, sofisticato risultato del sistematico picconamento al quale è stato sottoposto da decenni lo “Stato di diritto”, messe in opera dall’egolatria insita dal “berlusconismo”, oggi devono fare i conti con autonomi movimenti sociali e di pensiero. Con forza, nuove istituzionalità irrompono sulla scena del conflitto sociale perseguendo la soddisfazione dei “bisogni”, esprimendo responsabilizzazione nella “progettualità sociale”, organizzando la gestione comunitaria delle “conoscenze” e delle I.C.T.. Non si sogna più la “comunità”, la si conquista, valorizzando il “conflitto” piuttosto che accettare la “mediazione” ed unificandosi, superandole la frammentazione originaria, le esperienze di contropotere.

martedì 8 marzo 2011

8 MARZO: FINE ALLE VIOLENZE SESSUALI


8 MARZO: ANCHE IN ITALIA LA CAMPAGNA DI AMNESTY INTERNATIONAL PER CHIEDERE AL GOVERNO DEL NICARAGUA DI PORRE FINE ALLA VIOLENZA SESSUALE. OLTRE 14.000 STUPRI IN 10 ANNI - In occasione dell’8 marzo, Giornata internazionale delle donne, la Sezione Italiana di Amnesty International promuove in Italia la campagna mondiale dell’organizzazione per i diritti umani per chiedere al governo del Nicaragua di porre fine alla violenza sessuale, dilagante nel paese. Tra il 1998 e il 2008, 14.337 donne e ragazze hanno denunciato di aver subito violenza sessuale.In quasi la meta’ dei casi, si trattava di ragazze al di sotto dei 17 anni di eta’. La maggior parte delle violenze e degli abusi avviene in ambito familiare. Nonostante l’evidente gravita’ del problema, il governo del Nicaragua non si sta ancora occupando di questa emergenza nascosta dei diritti umani. Nel suo appello al governo del presidente Daniel Ortega, Amnesty International chiede di prevenire la violenza sessuale, proteggere le sopravvissute e garantire giustizia e risarcimento alle giovani vittime di stupri. Nonostante i dati impressionanti, l’organizzazione per i diritti umani sottolinea come in Nicaragua, cosi’ come in altri paesi dell’America Latina, lo stupro e gli abusi sessuali siano reati poco denunciati, soprattutto se coinvolgono giovani ragazze e se avvengono in famiglia. Il sistema giudiziario non riesce a proteggere le ragazze che hanno denunciato abusi sessuali o stupri alla polizia e molte di loro restano intrappolate in situazioni di violenza senza una via d'uscita ne’ giustizia. Anche nei casi in cui le inchieste vadano avanti, spesso chi ha sporto denuncia abbandona il processo poiche’ troppo traumatico o costoso.In alcuni casi, i presunti colpevoli sono rilasciati su cauzione senza che vi siano adeguati controlli o supervisioni, con enormi rischi di ritorsioni e vendette sulle donne che hanno subito violenza sessuale. Le giovani sopravvissute agli stupri o agli abusi sessuali ricevuto uno scarso, se non nullo, sostegno dal governo per superare i traumi e ricostruire le loro vite. Le piu’ fortunate trovano assistenza psicologica o legale in strutture indipendenti, ma cio’ non e’ abbastanza per garantire aiuto a tutte quelle che ne hanno bisogno. Nel 2008, inoltre, e’ entrata in vigore una legge che considera reato l’aborto in ogni sua forma e in qualsiasi circostanza. Questo significa che le ragazze che restano incinte a seguito di uno stupro sono lasciate senza possibilita’ di scelta. Per promuovere l’appello al governo del Nicaragua, la Sezione Italiana di Amnesty International ha anche prodotto il cortometraggio ‘Fermiamo la violenza sessuale contro donne e ragazze’, in cui l’attrice Maria Scorza legge alcune testimonianze di donne e ragazze che hanno trovato il coraggio di denunciare gli atti di violenza subiti. Roma, 7 marzo 2011Per ulteriori informazioni, approfondimenti e interviste:
Amnesty International Italia - Ufficio stampa
Tel. 06 4490224 - cell. 348-6974361 - 348-6974361 - e-mail: press@amnesty.it
Leggi tutti gli altri comunicati stampa all’indirizzo:
http://www.amnesty.it/archivio-tutte-news-comunicati.html
http://www.amnesty.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/3008
http://www.amnesty.it/donne_nicaragua