L’attacco incessante che da quattro anni il capitalismo globale – nelle espressioni militanti della destra politica liberista, quelli del “massacro sociale”, e
della sinistra politica e sindacale socialdemocratica, quelli dell'
“agenda sociale”- va conducendo con la riorganizzazione
ristrutturativa del comando proprietario sul lavoro con forme
autoritarie e repressive del potere nei riguardi delle insorgenze
antagoniste, ha definitivamente affossato ogni illusione di dare uno
sbocco “riformista” alla crisi in atto nel paese ed a livello
internazionale. Un fatto è che lo Stato/Impresa ha infilato diritta la strada della repressione violenta e sistematica delle lotte e che un generale spostamento a destra si è realizzato
all’interno del quadro istituzionale. Le vicende di questi ultimi
mesi lo dimostrano ampiamente e le elezioni politiche saranno un
ulteriore referendum tra l'imperio dell'imprenditoria capitalista e
della finanza e l'idea democraticista della delega, della
rappresentanza, della compatibilità tra capitale e lavoro. I voti
palesi rubati dai fascisti per conto dai loro mandanti faranno delle
elezioni politiche, preparate ad arte come effetto oppiaceo del
“cambiamento”, sono solo gli episodi più appariscenti del grande
rituale imbroglio e della vomitevole farsa delle “offerte
politiche”.
Alla permanenza e all’intensificarsi della
resistenza proletaria il capitale globale contrappone un progetto
strategico di riorganizzazione reazionaria e neofascista dello stato:
il progetto di una grande destra nazionale. Siamo ancora alle prime
battute, ma al di là delle contraddizioni tattiche con cui questo
progetto deve fare i conti se ne intravedono ormai le linee
fondamentali.
Nelle grandi fabbriche e nelle piazze dove il
rifiuto dell'austerity e della cancellazione dei diritti cresce fino
a diventare rifiuto del potere, le lotte vengono represse con ogni
mezzo. Basta guardarsi in giro per vedere come, sempre più, aumenta
l’intransigenza dei padroni pubblici e privati che, decisi a nulla
concedere fanno intervenire con sempre maggior frequenza la polizia
nelle vertenze operaie e sociali per contrastare l'antagonismo di
massa. Poi, c’è l’organizzazione dei crumiri, dei nuovi
sindacati padronali e delle squadracce fasciste, queste ultime vere e
proprie forze dell’ordine civile che all’occorrenza si uniscono e
danno manforte, spiando, provocando, facendo del terrorismo, alle
“forze dell’ordine” dello stato.
I grandi giornali
padronali, la radio e la TV fanno il resto. Con il pretesto della
“lotta alla criminalità” non perdono occasione per confondere le
idee presentando e contrabbandando la crescente militarizzazione e
fascistizzazione dello stato come “esigenza dell’ordine pubblico”
e cioè preparano il terreno per un “attacco finale” in tempi
stretti alle avanguardie rivoluzionarie presentate come “minoranze
criminali”. Proprio per questo le grandi arre d4el paese e non solo
le metropoli del nord sono ormai quotidianamente sottoposte a
giganteschi rastrellamenti, a continui posti di blocco, vere e
proprie esercitazioni antiguerriglia, con impiego di ingenti forze di
polizia e carabinieri. Siamo cioè di fronte ad uno stato
“militarizzato” che non riuscendo più ad organizzare per via
pacifica il consenso, si prepara ad imporlo con la forza di
provvedimenti legislativi e manu militari. I rappresentanti degli
interessi nazionali del capitalismo delle multinazionali utilizzano
per questo suo progetto tutte le forze politiche disponibili sul
mercato, ma la forza trainante in questo momento è il proprio il PD
con i suoi satelliti che tenta di “normalizzare” quanto sta
accadendo.
Sarebbe dunque un errore ricondurre la questione del
neofascismo entro schemi pre-resistenziali. Oggi siamo di fronte ad
un tentativo « nuovo » di costruire intorno alle esigenze dello
Stato imperialista una “base sociale” stabile. Il neofascismo in
altre parole — almeno in questa fase — non mira tanto ad una
liquidazione istituzionale dello “stato democratico”, quanto alla
repressione ferocissima del movimento delle lotte; non si manifesta
come appariscente modifica istituzionale, ma come pratica quotidiana
di governo. In questa prospettiva il disegno di una destra nazionale
raccolta intorno ad un progetto d’ordine, costruito su misura delle
attuali e future necessità produttive e di accumulazione del
capitale ristrutturato, ha certamente un respiro più lungo di quel
“centro-destra” di mediazione messo su per scopi elettorali da
leaders navigati e dell'ultimora.
Non è un caso che molti
personaggi, guardando lontano, siano tra i più solerti sostenitori
della destra nazionale, tra i più attivi promotori della maggioranza
non più “silenziosa”, bensì drogata dall'ideologia della
partecipazione e collaborazionista, che, ovviamente, non intende
metter in questione il “sistema”. Del resto c’è spazio per
tutti in questa prospettiva: sia per chi vuol muoversi sul binario
della “legalità”; sia per chi al contrario preferisce la via
delle violenze indotte dall'ingiustizia sociale. Ed è proprio nella
combinazione del terreno politico di scontro con quello presidiato
dalla repressione delle devianze sociali, che va vista la forza
attuale del neofascismo aziendalista e finanziario: maggioranza
“partecipante e collaborazionista” e comando capitalista non sono
realtà contraddittorie, come non lo sono i corpi armati dello stato
e le squadracce nazi rianimate sul territorio sguarnito da gruppi di
autodifesa proletaria.
A breve termine il blocco neofascista
insegue alcuni obiettivi. Primo è quello di organizzare, utilizzando
i vari centri anticomunisti, quegli strati piccolo e medio-borghesi
esasperati dalla “crisi” o minacciati dallo spettro delle lotte
per la rivoluzione come massa di pressione politica anticomunista nel
gioco elettorale. Secondo obiettivo è quello dì concretizzare
attraverso la cinghia di trasmissione sindacale, una spaccatura
all’interno delle masse lavoratrici, puntando sui suoi strati
ideologicamente e politicamente più deboli, in modo da arrivare alle
vicine scadenze contrattuali con le masse lavoratrici divise ed una
“destra” organizzata nei luoghi di lavoro e nell'ambito
sociale.
Il liberismo goverativo è al servizio di questa
prospettiva. Gli attacchi economici, sociali e politici servono
infatti, facendo leva sulla paura, a immobilizzare la grande massa
dei lavoratori e a “staccarla” dagli “estremi” progetti
rivoluzionari, oggettivamente in campo, cioè dall'ipotesi ed azioni
più incisive di neoistituzionalità popolari che esprimono bene
l'estraneità ed ostilità verso il sistema dei partiti e le
istituzioni borghesi, Da questo punto di vista le avanguardie
rivoluzionarie non intendono farsi calpestare. Terzo obiettivo è
quello di creare nei rioni popolari punti di riferimento organizzati
per svolgere un intervento “politico” demagogico e qualunquista
di disturbo in vista delle elezioni. Infine, ultimo obiettivo è la
costruzione — a lato dello stato — di una forza combattere
clandestina in grado di sviluppare, secondo le necessità politiche
generali, sia una attività terroristica vera e propria, sia una
attività di provocazione — in combutta con gli organi della
repressione poliziesca — contro le forze che si battono per
affermare nel movimento di resistenza popolare la necessità del
passaggio alla lotta antagonistico-duale.
Tutti questi obiettivi
hanno un elemento comune: la volontà di annientamento della sinistra
rivoluzionaria e di neutralizzazione della sinistra istituzionale.
Opporsi a questo progetto non basta.
Ciò che va sostenuto è che
questa opposizione deve avere un respiro strategico, deve cioè
essere una opposizione antagonistico-duale. Lo scontro con il
neofascismo è un momento della lotta di classe, è un passaggio
obbligato del movimento di resistenza popolare nella sua lunga marcia
per edificare un potere proletario e comunista. Come tutte le guerre
essa va combattuta oltre che sul piano politico e ideologico anche e
soprattutto sul piano antagonistico-duale. Essa è cioè un fronte
della lotta per la sopravvivenza civile. Detto questo, si capisce
perché, l'obiettivo in questa lotta non è quello del PD o di altre
forze democratiche “sinceramente antifasciste”, di denunciare le
violenze dell'ingiustizia facendo inchieste e dossier per chiedere
allo stato di intervenire a difesa della legalità repubblicana per
finire di eternare la condizione di sfruttati. I proletari non hanno
stato: lo subiscono! Lo stato per chi lavora non è altro che
l’organizzazione della violenza quotidiana. Per questo i proletari
non intendono più chiedere autorizzazioni a nessuno per esercitare
in modo diretto la loro infinita potenza; per amministrare questa
potenza secondo i criteri della giustizia che nasce in mezzo al
popolo. L'antagonismo duale al neofascismo e allo stato imperialista
è una conseguenza inevitabile della militarizzazione del regime
economico-sociale liberista che caratterizza questa fase dello
scontro di classe. Essa non avrà tregua né potrà cessare fino a
che i l'attuale apparato statale non sarà superato
irreversibilmente. C’è chi dice che con le elezioni si possono
cambiare le cose, che la “rivoluzione” si può fare anche con la
scheda elettorale. Noi non ci crediamo. L’esperienza già fatta
dopo la guerra di liberazione partigiana non può essere nascosta. La
conosciamo tutti: abbiamo consegnato il fucile e da quel momento ci
hanno sparato addosso! Quanti morti nelle piazze dal ‘43? Quale il
nostro potere oggi? L’esperienza della lotta di classe nell’epoca
dell’imperialismo ci insegna che la classe operaia e le masse
lavoratrici non possono sconfiggere la borghesia partecipando al rito
democraticista delle lezioni. Questa è una legge marxista, non una
opinione. Non siamo astensionisti. Non siamo per la scheda bianca. Ma
diciamo a tutti i compagni, con chiarezza, che il voto oggi divide
inutilmente la sinistra rivoluzionaria; che il voto non paga la
nostra richiesta di potere; che non è col voto che si combatte la
controrivoluzione che striscia in tutto il paese. Unire la sinistra
rivoluzionaria nella lotta antagonistico-duale contro il neofascismo
e contro lo l'imperialismo delle multinazionali che lo produce, è il
compito attuale dei militanti comunisti. Liberare le grandi fabbriche
ed i rioni popolari dalle carogne fasciste; strappargli di dosso con
rapide azioni partigiane le pelli di agnello di cui si ammantano in
questi tempi di elezioni; mettere a nudo con fulminee azioni le
complicità nascoste, i legami sotterranei, le trame reazionarie che
uniscono i padroni, lo stato e l’esercito nero SONO ESIGENZE GIA
MATURE NELL’ANIMO DELLE GRANDI MASSE POPOLARI. Ma le forze
rivoluzionarie devono, adesso, osare. Osare combattere. Perché
nessun nemico è mai stato abbattuto con la carta, con la penna o con
la voce; e a nessun padrone è mai stato tolto il suo potere con il
voto!
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