sabato 1 novembre 2014
LICENZIA (Impresa capitalista) ... MENTI (Renzi)
In Italia si licenzia moltissimo, una potente ramazza ogni anno spazza via circa un milione di rapporti di lavoro, più o meno un decimo dei rapporti a vario titolo cessati nel corso dell’anno stesso (oltre ai licenziamenti, rapporti conclusi su richiesta del lavoratore e soprattutto contratti temporanei giunti a scadenza, ecc.).
Tra i licenziamenti quelli collettivi (le ristrutturazioni aziendali e gli esuberi, la chiusura degli stabilimenti, ecc.!) sono una piccola cosa rispetto ai licenziamenti individuali, disposti “uno alla volta”, per fattori che potrebbero più facilmente essere collegati alle asimmetrie di potere tra imprenditore e lavoratore.
Tra i motivi dei licenziamenti individuali è poi del tutto preponderante - per l’88%! - il giustificato motivo oggettivo (il cd. licenziamento per motivi economici), il tipo di licenziamento che con più veridicità potrebbe essere controllato dal giudice (le ragioni economico-produttive addotte dall’imprenditore sono effettive? è effettiva la soppressione del posto di lavoro?), ma che è proprio il tipo di licenziamento al quale si vorrebbe togliere il presidio dell’Art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, con la sua forte penalità per i licenziamenti illegittimi. Irrisoria all’opposto (3%!) l’incidenza del licenziamento per giustificato motivo soggettivo (notevole inadempimento degli obblighi contrattuali), per il quale (forse) quel presidio verrebbe mantenuto.
Questi dati provengono dal Sistema permanente di monitoraggio della riforma del mercato del lavoro del Ministero del lavoro, riesposti per ragioni di comprensibilità e di maggior evidenza.
Link: Prospetto sui licenziamenti in Italia.
Insomma, la discussione attorno all’art. 18 dello Statuto dei lavoratori non è affatto “ideologica”, avulsa dal contesto storico-sociale (appunto, si licenzia moltissimo). E’ poi ragionevole attendersi che si licenzierebbe ancora di più coi nuovi “contratti a tempo indeterminato a tutele crescenti”, per i quali l’art. 18 verrebbe sospeso nei primi anni di vita di tutti i rapporti di lavoro del futuro, sia che riguardino il giovane in cerca di prima occupazione, sia chi, a qualunque età, abbia perso un lavoro e voglia trovarne un altro o semplicemente chi desideri cambiare lavoro. Vedremo come andrà a finire col Disegno di legge delega ora all’esame della Camera dei Deputati.
Intanto l’art. 12 del Disegno di legge di stabilità 2015 (il provvedimento che dal 2010 ha preso il posto della tradizionale “legge finanziaria”) dispone consistenti sgravi contributivi per assunzioni a tempo indeterminato, con l’intento implicito di connettere tale beneficio ai nuovi contratti a tutele crescenti. Per ogni nuova assunzione con tali contratti le imprese si vedrebbero riconosciute sgravi “nel limite massimo di un importo pari a 8060 euro su base annua”, “per un periodo massimo di 36 mesi”. Non sarebbe saggio, per favorire nuove assunzioni e nello stesso tempo disincentivare sempre nuovi licenziamenti, vincolare il beneficio alla continuità del rapporto di lavoro (almeno) per tutti i citati 36 mesi? Link: Testo integrale della "Legge di stabilità".
Appunti sulla legge di stabilità ...
Orizzonte . . . Che sia il lavoro o i lavoratori, la tassazione o gli investimenti, i saperi o l’istruzione, la salute o l’ambiente, l’energia o la sicurezza alimentare, c’è un unico pensiero che nasce prima della crisi e si rafforza con la crisi: “Lasciare libera l’impresa e i benefici ricadranno anche sulla società”. Recentemente un Ministro italiano ha addirittura sostenuto che il bene dell’impresa coincide con il benessere della società. Intanto, la sovranità popolare sancita dalla Costituzione è condizionata, ridotta o addirittura annullata sia sul provvedimento che negli strumenti democratici che promuovono le e ne regolano l’applicazione. Questa è la base del Trattato Transatlantico di Partenariato per la protezione del commercio e gli investimenti (TTIP). Ogni incontro d'organizzazione antagonista può essere l’occasione per ragionare insieme a tutti i soggetti interessati a costituire COMITATI della campagna STOP-TTIP.
. . . Pensieri ricorrenti . . . Con la legge di stabilità 2015 Keynes finisce definitivamente in soffitta. La logica che ispira il governo renziano è appesa alla speranza degli investimenti privati garantiti da decontribuzione e lavoro “usa e getta”. Senza intervento pubblico, quasi inesistenti i margini di ripresa.
Mercoledì notte il consiglio dei ministri ha varato una «legge di stabilità» 2015 che segnerà molti anni a venire. Ci sono cose attese, ed altre meno attese, ma quello che non cambia è la filosofia e il segno di tutti i provvedimenti di questo governo.
Il Def 2014 di aprile era ancora un retaggio del governo Letta, anche se il ministero dell’Economia era passato dalla Banca d’Italia (Saccomanni) direttamente all’Ocse (Padoan). Il Def abbassava di molto le stime di crescita del dicembre 2013 ma era ancora fiducioso per un 2014 di ripresa del Pil, mentre per l’occupazione si sarebbe dovuto attendere un poco di più. Si scommetteva tutto su investimenti privati ed esportazioni, con consumi privati in stagnazione e investimenti pubblici in caduta libera.
Sappiamo invece come sta andando. Previsioni errate, come peraltro Fmi, Ocse, Bce e Ce avevano avvertito: il Pil quest’anno diminuisce rispetto al 2013, le esportazioni nette languono, grazie peraltro al contenimento delle importazioni, investimenti privati e pubblici sono in picchiata, e i consumi privati ristagnano nonostante il bonus di 80 euro.
La «nota di aggiornamento» al Def ha poi semplicemente fotografato lo stato di depressione, reso credibili le stime del Pil per il 2014, mantenuto però sopra le righe quelle al 2015, tanto che la Banca d’Italia ha osservato che la crescita prevista, pur modesta, pecca comunque di troppo ottimismo. Anche sui conti pubblici — aggiustati verso la soglia deficit/Pil del 3% e spostato al 2017 il raggiungimento degli obiettivi di medio termine — la Banca d’Italia esprime perplessità, data l’entità ottimistica dei risparmi previsti sugli interessi del debito. Almeno la Nota è onesta su un punto: prevede una pressione fiscale non minore negli anni a venire, anzi nel breve continuerà ad aumentare. La Nota contesta anche, in modo garbato ma deciso, le stime dell’«output gap», ovvero la differenza tra reddito effettivo e reddito potenziale, per invitare la Commissione ad essere molto cauta nel valutare (traduci: «minacciare d’infrazione») l’inadempienza del governo rispetto il Fiscal Compact.
Tuttavia con la legge di stabilità 2015, la «verità» governativa viene ristabilita, e si realizza una sana iniezione di ottimismo per l’economia reale.
L’aumento del deficit/Pil al 2,9% consente meno tasse su imprese e lavoro (Irap, decontribuzione assunzioni, bonus 80 euro) ma con minori spese per investimenti pubblici e autonomie locali, quindi servizi. Il rischio non è solo una redistribuzione della domanda piuttosto che una domanda aggiuntiva, quanto una sostituzione di domanda certa con domanda incerta. Il governo vara una grande azione di fiducia collettiva perché ora non ci sono scuse: «Consumate e investite a più non posso, che dal pantano usciremo solo grazie a voi». Neppure si fa leva sulla domanda estera, che il modello bavarese è in crisi profonda anche nella manifattura centro-settentrionale.
Tutto si gioca sul terreno della ripresa degli «spiriti animali» degli imprenditori che, affrancati da un governo che intende delegiferare su tutto e di più (dallo Sblocca Italia al Jobs Act). Dovrebbero investire tutto ciò che hanno risparmiato e guadagnato negli anni della crisi, magari indebitandosi se necessario, banche permettendo. E dovrebbero assumere flotte di lavoratori con il discount, contributi sociali zero e licenziamento facile entro i tre anni allo scadere della promozione, garantirà il Jobs Act.
Il governo è consapevole che la crisi che percorre il paese è profonda, lambendo la depressione. Per essere onesti, l’Italia è in depressione dal 2008, e gli italiani pure son depressi. Nonostante lo scenario economico accertato da tutti gli istituti internazionali, il governo rimane però fiducioso su alcune misure, e non potrebbe essere diversamente.
Il pilastro delle politiche renziane è quello di stimolare gli investimenti. Senza investimenti (è il refrain di Filippo Taddei) il paese non può uscire dalla crisi. Come non essere d’accordo. Ma il problema è chi deve fare gli investimenti e perché investire. Il governo non ha solo sottolineato che la spesa pubblica è inefficiente, sulla qual cosa ci si potrebbe anche lavorare, ma è pure inefficace, quindi più che inutile è dannosa perché drena risorse che il privato userebbe al meglio. Quindi se non si ri-avviano gli investimenti privati non si uscirà dalla crisi.
Ma gli investimenti privati sono pesantemente condizionati dalle aspettative. Renzi parla di «fiducia», che non è proprio un sinonimo, che il governo intende alimentare via riduzione del costo del lavoro, delle tasse e un incremento dei consumi; financo l’ipotesi di utilizzare il Tfr rientra in questa logica. Il taglio delle spese e delle tasse produce un effetto limitato? Vero. La carta canta, soprattutto per le tasse, un poco meno per la spesa, a dir il vero, che è domanda certa.
Ma non è questo il punto. Se lo scenario di riduzione delle tasse e del costo del lavoro è credibile, l’«austerità espansiva» assieme alla «precarietà espansiva» nel tempo darà i suoi frutti. Come interpretare, diversamente, le mirabolanti proiezioni di crescita di lungo periodo della riduzione delle tasse e delle privatizzazioni di partecipate pubbliche? Un bel problema.
Keynes è in soffitta. La sua idea era che lo Stato intervenga per fare cose che il privato non fa, e nella crisi sono molte le cose che il privato non fa. Investire, ad esempio. Ma per Renzi lo stato si deve ritirare, anche nella crisi, e lasciar fare al privato.
Nel frattempo sono sprecate risorse pubbliche che potrebbero avere ben altra destinazione, magari favorendo quei piccoli interventi di ripristino ambientale che sarebbero essenziali dato lo stato di salute del nostro territorio. Si potrebbero usare le risorse per industrializzare la ricerca pubblica e privata, per aumentare la produttività del capitale investito, cioè intervenire sul punto più debole dell’industria italiana. Poi investire in conoscenza, anche nei luoghi di lavoro, perché l’innovazione non è solo tecnologica ma anche organizzativa e riguarda qualità e condizioni di lavoro, flessibilità funzionale che sostiene la produttività. Ma il governo non si cura affatto di ciò; il lavoro è declinato solo in flessibilità di mercato, quella dei rapporti di lavoro «usa e getta».
Il problema è la filosofia di fondo che guida l’azione del governo. Lo stesso Jobs Act è lo specchio fedele delle policy governative. Noi creiamo le condizioni per la crescita, voi dateci una mano con gli investimenti.
Ma lasciare oggi la soluzione dei problemi ai cosiddetti «capitani coraggiosi» è un azzardo. Avrebbe anche un senso se avessimo un capitalismo dallo «sguardo lungo», ma l’industria italiana da anni ha dato prova di «sguardo molto corto».
. . . Qualche appunto condiviso sul Piano governativo di stabilità (documento di programmazione economica e finanziaria prodotto dal Governo) . . . La legge di stabilità, insieme alla legge di bilancio, costituisce la manovra di finanza pubblica per il triennio di riferimento e rappresenta lo strumento principale di attuazione degli obiettivi programmatici definiti con la Decisione di finanza pubblica. Essa sostituisce la legge finanziaria e rispetto a quest'ultima prevede novità sia in ordine ai tempi di presentazione sia in merito ai contenuti. Il disegno di legge di stabilità viene presentato in Parlamento entro il 15 ottobre (in passato era il 30 settembre), un mese dopo la data di presentazione della Decisione di finanza pubblica. La modifica dei termini di presentazione dei due documenti tende ad avvicinare il momento della programmazione a quello di definizione della manovra di finanza pubblica. Nel corso della seconda parte della XVI legislatura, in concomitanza con l'acuirsi delle tensioni sui debiti sovrani dell'area dell'Euro, è emersa a livello comunitario l'esigenza di prevedere negli ordinamenti nazionali ulteriori e più stringenti regole per il consolidamento fiscale e, in particolare, di introdurre, preferibilmente con norme di rango costituzionale, la "regola aurea" del pareggio di bilancio. Con legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 è stato pertanto introdotto nella Costituzione, in coerenza anche con quanto disposto da accordi internazionali quali il c.d. Fiscal compact, il principio dell'equilibrio strutturale delle entrate e delle spese del bilancio. L’obbligo di introdurre negli ordinamenti nazionali regole, costituzionali o legislative, volte ad assicurare il rispetto dei valori di riferimento relativi al disavanzo e al debito fissati a livello europeo non discende dalle disposizioni dei Trattati in materia di Unione economica e monetaria, ma da impegni previsti da strumenti di diversa natura introdotti nel quadro della nuova governance economica europea. Il bilancio dello Stato dovrà essere in pareggio o in attivo; tale regola si considera rispettata se il disavanzo strutturale dello Stato è pari all’obiettivo a medio termine specifico per Paese, con un deficit che non eccede lo 0,5% del PIL; gli Stati contraenti potranno temporaneamente deviare dall’obiettivo a medio termine o dal percorso di aggiustamento solo nel caso di circostanze eccezionali, ovvero eventi inusuali che sfuggono al controllo dello Stato interessato e che abbiano rilevanti ripercussioni sulla situazione finanziaria della pubblica amministrazione, oppure in periodi di grave recessione, a patto che tale disavanzo non infici la sostenibilità di bilancio a medio termine; qualora il rapporto debito pubblico/Pil risulti significativamente al di sotto della soglia del 60%, e qualora i rischi per la sostenibilità a medio termine delle finanze pubbliche siano bassi, il valore di riferimento del deficit può essere superiore allo 0,5%, ma in ogni caso non può eccedere il limite dell’1% del PIL; nel caso di deviazioni significative dal valore di riferimento o dal percorso di aggiustamento verso di esso, le parti contraenti dovranno attivare un meccanismo di correzione automatica, che includa l’obbligo per la parte contraente interessata di attuare le misure per correggere la deviazione entro un determinato termine temporale. Il principio del pareggio è contenuto nel novellato articolo 81, il quale stabilisce, al primo comma, che lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle diverse fasi - avverse o favorevoli - del ciclo economico. Ai sensi del secondo comma dell’articolo 81, alla regola generale dell’equilibrio di bilancio è possibile derogare, facendo ricorso all’indebitamento, solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e al verificarsi di eventi eccezionali, che ai sensi dell’articolo 5 della legge costituzionale possono consistere in gravi recessioni economiche; crisi finanziarie e gravi calamità naturali. Per circoscrivere e rendere effettivamente straordinario il ricorso all'indebitamento connesso a eventi eccezionali, il secondo comma dell’articolo 81 prevede che esso sia autorizzato con deliberazioni conformi delle due Camere sulla base di una procedura aggravata, che prevede un voto a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti. A corredo del principio del pareggio di bilancio, il nuovo terzo comma dell’articolo 81 prevede che ogni legge - ivi inclusa la legge di bilancio, che in virtù della riforma acquista un carattere sostanziale - che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte. Ai sensi del secondo comma dell’articolo 81, alla regola generale dell’equilibrio di bilancio è possibile derogare, facendo ricorso all’indebitamento, solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e al verificarsi di eventi eccezionali, che ai sensi dell’articolo 5 della legge costituzionale possono consistere in gravi recessioni economiche; crisi finanziarie e gravi calamità naturali. Per circoscrivere e rendere effettivamente straordinario il ricorso all'indebitamento connesso a eventi eccezionali, il secondo comma dell’articolo 81 prevede che esso sia autorizzato con deliberazioni conformi delle due Camere sulla base di una procedura aggravata, che prevede un voto a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti. A corredo del principio del pareggio di bilancio, il nuovo terzo comma dell’articolo 81 prevede che ogni legge - ivi inclusa la legge di bilancio, che in virtù della riforma acquista un carattere sostanziale - che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte. . . . La ferocia della retorica politica ... Come già a suo tempo ampiamente denunciato, le 80 euro riconfermate - ma sempre ad una platea ristretta - verranno riprese dal governo con gli aumenti dell'Iva e benzina che saranno scaricati sui prezzi dei beni di consumo.
Viene liquidato il Tfr in busta paga. Questo apparente aumento salariale viene fatto utilizzando gli stessi soldi dei lavoratori e tornerà allo Stato con l'aumento dei prezzi, bollette, tasse per le masse popolari - tra l'altro, a differenza di come avevano annunciato all'inizio, il Tfr sarà sottoposto a tassazione ordinaria, quindi c'è una perdita. Niente soldi per la stabilizzazione dei forestali. Per i padroni, invece, azzeramento dei contributi per tre anni per i nuovi assunti (insieme alla libertà di licenziamento) e riduzioni di tasse. I tagli alle Regioni, non verranno certo fatti sulle spese della "casta", ma verranno scaricati sui servizi essenziali, a partire dalla sanità, e quindi sulle masse popolari.
Vale lo stesso la questione dei tagli ai ministri che verranno pagati prima di tutto dai lavoratori - questo si unisce al blocco dei contratti fino a dicembre 2015. Ma c'è da dire che al Ministero della Difesa viene data solo una sforbiciata... Anche cose che vengono presentate come positive - vedi il bonus bebè - viene esteso anche ai redditi medio-alti (togliendo quindi più soldi ai redditi bassi). Ma la cosa più scandalosa è che mentre vengono dimezzati i fondi per le calamità naturali (vedi Genova...) questo decreto nello stesso tempo conferma ricche dotazioni per opere di devastazione territoriale e fatte contro le popolazioni, come il Mose e la Tav. Si liberalizzano le trivellazioni, si conferma la libera circolazione dei rifiuti e un uso intensivo degli inceneritori, «Più inceneritori, rifiuti che viaggiano per l’Italia per alimentare impianti ormai obsoleti, segretezza dei dati, espropri coatti e con l’uso dell’esercito se qualcuno osa opporsi all’incenerimento», Inoltre, resta in piedi la possibilità per il governo di autorizzare opere ritenute strategiche anche contro il parere delle Regioni. ... Punti principali oppure . . . Due miliardi per ammortizzatori e cig in deroga - Stanziati 2 miliardi per l'anno 2015 per finanziare gli ammortizzatori sociali "inclusi gli ammortizzatori sociali in deroga, i servizi per il lavoro e le politiche attive, quelli in materia di riordino dei rapporti di lavoro".
No taglio sconti, ma rincaro Iva e della benzina - Dal 2016 un aumento di due punti dell'Iva, per le aliquote ora al 10 e al 22%. Un ulteriore punto scatterebbe nel 2017. Previsto come garanzia anche il rincaro dell'accisa sulla benzina al 2018.
Confermati 80 euro - Il bonus Irpef diventano strutturali ma si trasforma in detrazione (nel bilancio dello Stato passano da maggiore spesa a minore entrata). La platea resta immutata, 10 milioni di italiani tra gli 8mila e i 26mila euro di reddito.
Tfr in busta paga, tasse ordinarie - Il Tfr potrà essere liquidato mensilmente in busta paga tra il marzo 205 e il giugno 2018 su richiesta del lavoratore. Ma non ci sarà riduzione fiscale ma gli importi saranno sottoposti a tassazione ordinaria. La richiesta sarà irrevocabile fino al 2018.
Tasse su rendite fondi pensioni - Con uno stretto legame all'operazione Tfr, la tassazione sui rendimenti dei fondi pensione "dal periodo d'imposta 2015" passa dall'11 al 20%. Sui redditi da rivalutazioni dei fondi per il Tfr la tassazione passa invece dall'11 al 17%.
Sconto neo-assunti sale a 8.060 euro - Sale la soglia per l'azzeramento triennale dei contributi sui neo-assunti: si passa dai 6.200 euro della bozza agli 8.060 ora previsti, è quanto prevede la bozza finale che stanzia 1 miliardo l'anno tra 2015 e 2017 e 500 milioni per il 2018.
Dovrebbero essere circa 790mila i contratti per cui i datori potranno usufruire della decontribuzione piena, mentre per altri 210mila si potrà beneficiare dello sgravio sino al tetto degli 8060 euro.
Salta intervento forestali - Saltano i 140 milioni, previsti nelle prime bozze, per i forestali calabresi. Restano invece 100 mln per Lsu di Palermo e Napoli.
Via costo lavoro dall'Irap, assorbe sconto 10% - Il costo del lavoro sarà dedotto del tutto dall'imponibile dell'Irap a partire dal 2015. La legge di Stabilità che cancella lo sconto del 10% previsto per il 2014 per la stessa imposta. La modifica, comunque, non cancella la riduzione sugli acconti di fine anno delle imprese, che troveranno poi incremento nel saldo del 2015.
Salta riforma maturità - Risorse per la stabilizzazione dei precari (1 miliardo il prossimo anno, 3 a dal 2016). Salta invece la riforma delle commissioni per gli esami di maturità, che arriverà con un provvedimento successivo.
Regioni, tagli per 4 miliardi - Le Regioni contribuiranno con 4 miliardi. Si tratta ancora sulla composizione dei tagli. Oltre 6 miliardi di tagli dai ministeri.
Tagli semi-linear - Per i ministeri arrivano anche tagli lineari, con una riduzione delle proprie dotazioni di circa 1 miliardo nel 2015. La Difesa taglia 500 milioni.
Contratti statali, ancora uno stop - Contratto del pubblico impiego congelato fino a dicembre 2015. Magistrati, avvocati, procuratori dello Stato, personale militare e delle Forze di polizia, diplomatici sono esclusi dal blocco degli scatti.
Individuate 4 priorità per opere ferroviarie - Nuove risorse arrivano per finanziare alcune opere ferroviarie. Ne vengono individuate quattro con priorità: l'Alta velocità Brescia-Verona (1,5 mld); l'Alta velocità Verona-Padova (1,5 mld), il terzo valico Milano-Genova (400 milioni) e il tunnel del Brennero (570 mln).
Mentre vengono dimezzati i fondi per Genova e L'Aquila. La Commissione Bilancio ha dimezzato i fondi stanziati per le calamità naturali e in dotazione alla Protezione civile: sono passati da 100 milioni (somma frutto di un emendamento di Sel) a 50. Dimezzate, quindi, anche le risorse destinate agli alluvionati di Genova e agli abitanti dell’Aquila.
Invece stanziati 500 milioni sia per la Tav che per il Mose.
Liberalizzazioni rispetto alle trivelle; confermato l'OK anche per la libera circolazione dei rifiuti, che dovranno andare a foraggiare inceneritori
Bonus mamme su richiesta - Per tutti i nati (o adottati) dal 1 gennaio 2015 al 31 dicembre 2017 arriva un bonus da 960 euro l'anno, 80 euro al mese, fino al terzo anno (di età o di adozione) con limite a 90mila euro di reddito familiare (che non vale dal quinto figlio in su). Intervento che per le fasce medio basse (fino a 26mila euro) si somma al bonus Irpef, visto che il bonus è esentasse. Va richiesto all'Inps. Per il 2015 anche fondo da 298 milioni per altri interventi a favore della famiglia.
Ecobonus - Prorogato per il 2015 lo sconto al 65% per gli interventi di efficienza energetica, valido anche per i condomini, così come quello per le ristrutturazioni che si ferma però al 50%. Ok anche al bonus mobili-elettrodomestici
Fisco, novità per i minimi - Addio a forfettini e forfettoni. Per artigiani e micro-imprese arriva il forfait unico al 15% per sostenere 900mila partite Iva. Non ha più il limiti di tempo e di età, ed è esteso a ricavi fino a 40mila euro (secondo i settori). Fondi per la giustizia - Arriva un fondo ad hoc. Le risorse raddoppiano l'anno successivo per poi arrivare a quota 120 milioni nel 2017. Le spese per i tribunali non saranno più a carico dei Comuni ma dello Stato (stanziati 250 milioni).
Agenzia Entrate aiuta auto-correzioni - I controlli fiscali avranno l'obiettivo di aiutare il contribuente all'auto-correzione e concentrare il contrasto su frodi e contribuenti meno collaborativi. Arriva il "ravvedimento lunghissimo" e semplificazioni per adempimenti Iva.
Rai vende immobili - La Rai "può cedere sul mercato attività immobiliari e quote di società". Fs investirà risorse da cessioni sulla rete ferroviaria. . . .
CHE SUCCEDE NELLA SCUOLA CON LA LEGGE DI STABILITA'?
(Da Il Manifesto) - "Il governo festeggia il ritorno dei finanziamenti dopo anni di tagli..., prima tranche per stabilizzare i 148 mila docenti precari delle graduatorie di esaurimento.
Ma nella bozza della legge di stabilità... ci sono tuttavia tagli alle supplenze e all’organico del personale Ata; al personale comandato e, soprattutto, il rinnovo del blocco del contratto al 2015. Il contributo offerto all’altare della spending review da Viale Trastevere dovrebbe valere un sesto dei tagli complessivi chiesti da Renzi e da Padoan a tutti i ministeri (148 milioni di euro su 1 miliardo e 17 milioni nel 2015).
L’università taglierà gli acquisti per 34 milioni nel 2015 e 32 nel biennio successivo. Gli atenei «virtuosi» si divideranno 150 milioni di euro aggiuntivi per la quota «premiale» riservata a chi dimostra di essere «performativo» secondo le regole del sistema di valutazione.
Nella scuola è prevista la riduzione del personale scolastico pari a 2.020 persone, pari a una riduzione di spesa da 50,7 milioni di euro a partire dal prossimo anno scolastico. Una stretta che continua da anni: a questo settore del personale sono stati tagliati 47 mila posti.
Confermato il blocco dei contratti e quello degli scatti di anzianità. Ciò prepara la loro eliminazione quando sarà approvata la riforma Renzi-Giannini che introdurrà gli «scatti di competenza» riservati solo al 66% dei docenti «meritevoli»...
Sono state eliminate le supplenze brevi di un giorno per i docenti e fino a sette per il personale Ata.
La maggioranza dei 148 mila neo-assunti confluirà nell’organico funzionale, risponderà ai presidi-manager e verrà spedito a coprire le supplenze sul territorio provinciale di riferimento.
Senz’altro più cospicui i risparmi che il governo otterrà confermando il blocco del contratto e degli automatismi stipendiali al 2015. Questa misura vale per tutto il pubblico impiego. Sta qui il tesoretto che finanzierà la prima tranche dell’assunzione di massa nella scuola. Per il personale scolastico il contratto è bloccato dal 2009. Un record.
Nella legge di stabilità sono stati stanziati inoltre 200 milioni di euro per le scuole paritarie, a saldo del contributo da 472 milioni di euro previsto per il 2014. È saltata la norma che imponeva i commissari interni all’esame di maturità per un risparmio da 147 milioni di euro...
Non ci sono interventi per il diritto allo studio, come richiesto dai 100 mila studenti che hanno manifestato in 90 città il 10 ottobre scorso..."
La principale criticità di fondo della prima Finanziaria Renzi-Padoan, che è però anche un suo punto di forza, è prima di tutto di carattere filosofico: è un insieme di misure che impongono agli italiani di vivere qui ed ora, che invitano ad utilizzare nel presente quello che è stato messo da parte per il futuro, che fanno spendere oggi quello che si pagherà domani.
Non solo perché la manovra per 11 miliardi sarà finanziaria in deficit, ma anche perché lo ha detto e ripetuto il Presidente del consiglio: occorre cambiare verso, tornare ad avere fiducia, spendere ora e subito per sopravvivere e arrivare a vedere il futuro. Di qui una legge di stabilità che «ha una buona impostazione», ma che tuttavia ha bisogno di una messa a punto su qualche capitolo. Sia di spesa che di entrata. A cominciare dall’aumento della tassazione sulla previdenza integrativa passando per il nuovo regime fiscale per le partite Iva.
Fondi pensione, sale l’aliquota
Tra tutti gli interventi fiscali questo è quello che meno pesa sul bilancio delle famiglie nell’immediato. Si tratta tuttavia, per semplificare, di una sorta di tassa sulla pensione futura, visto che l’aliquota sul rendimento dei fondi pensione è stata portata dall’11,5 al 20%. Una direzione, si potrà dire, già presa dal governo Renzi visto che a luglio c’era stato un mini-inasprimento dell’aliquota salita dall’11 all’11,5%.
Tuttavia, il salto imposto dalla legge di stabilità è penalizzante per la previdenza integrativa tanto più che ormai si è quasi esaurito il passaggio dal retributivo al contributivo. Il ministro dell’economia Padoan ha domenica ricordato che «l’adeguamento della tassazione sui fondi pensione è inferiore ad altre categorie. Si collega a una filosofia di adeguare il trattamento ai valori medi europei. Non stiamo svantaggiando i fondi pensione». Le cose stanno così solo in parte: se il governo con la manovra ha portato l’aliquota che grava sulle rendite finanziarie dal 20 al 26%, va tuttavia ricordato che sui titoli di stato pesa una aliquota al 12,5%.
E che su questo tema ci sia la possibilità di una parziale correzione lo ha ammesso il sottosegretario all’economia Pier Paolo Baretta secondo cui «l’aumento ha un senso se stiamo parlando di rendite finanziarie, ma secondo me questi fondi vanno messi nel campo della previdenza». «Se passa l’aumento della tassazione al 20% – ha dichiarato Michele Tronconi, presidente di Assofondipensione – si rafforza un segnale di sfiducia verso il secondo pilastro. Il doppio handicap, cioè la possibilità del Tfr in busta paga e l’alto livello del fisco, spingono il sistema all’eutanasia. Si tratta di un neo in una manovra orientata alla crescita, ma si disconosce che il risparmio previdenziale possa essere reinvestito nel paese».
Quanto possa pesare la misura è difficile a dirsi, ma è possibile che sia soggetta a revisione in sede parlamentare: secondo i consumatori di Adusbef e Federconsumatori varrebbe 14 euro a testa in media mentre una cifra più alta si ricaverebbe dall’aumento dal 20 al 26% della tassazione delle rendite finanziarie per le Casse di previdenza delle professioni. Un fulmine a ciel sereno per le Casse di previdenza privata che si aspettavano in verità un’armonizzazione con i fondi pensione, come avviene in Ue.
Partite Iva, spunta la clausola
A sorpresa nella legge di stabilità è spuntato un intervento a favore delle partite Iva che prevede una riduzione di 800milioni di euro per 900mila partite Iva con ricavi compresi tra i 15mila e i 40mila euro. Un regime forfettario al 15% che eviterebbe il ricorso ai commercialisti. Oggi il regime dei minimi fissa l’asticella a 30mila euro per tutti, mentre nella manovra sarebbe fissato a 15mila per i professionisti e a 40mila per commercianti all’ingrosso e al dettaglio. Ne guadagnerebbero artigiani e commercianti. A spiegare che non c’è obbligatorietà nell’adesione è stato il consigliere economico di Renzi, Gutgeld, secondo cui nella manovra è inserita una clausola di salvaguardia per quelle partite Iva che aderiranno al nuovo regime: se le regole in vigore fossero più vantaggiose di quelle che scatteranno nel 2015, il contribuente potrà scegliere di restare nel vecchio sistema.
Tfr in busta paga, quanto mi costi
La criticità legata alla richiesta di avere il Tfr in busta paga che dovrà essere triennale e sottoposta a tassazione ordinaria è annullata dal fatto che sarà volontaria.
La salvaguardia e le coperture
Il rischio è che se la speding review non riuscirà a produrre i 15 miliardi di tagli inseriti in Finanziaria, scatterà la clausola di salvaguardia (inserita per tranquillizzare l’Europa) che produrrà dal 2016 un rincaro dell’Iva con effetti pari a 239 euro per famiglia. E ancora sono previsti aumenti alle accise per i carburanti e il taglio delle detrazioni fiscali da 4 mld.
Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha annunciato una manovra da 30 miliardi di euro basata su una riduzione fiscale per complessivi 18 miliardi finanziata da un significativo aumento del deficit e da corposi tagli lineari, oltre che da coperture piuttosto incerte e le consuete misure una tantum. La legge di Stabilità preannunciata da Renzi all’assemblea di Confindustria di Bergamo corregge l’impostazione “leggera” della Nota di aggiornamento del Def, che aveva confermato le misure adottate col Decreto Irpef (il bonus da 80 euro e il taglio del 10% dell’Irap) con una spending review da 5 miliardi di euro per coprire le spese indifferibili, come le missioni militari o altri impegni di bilancio. Su diversi quotidiani trapelano i numeri della nuova manovra, che però non sarebbero stati concordati con i tecnici del ministero del Tesoro. Una replica di quanto visto con il decreto Irpef, e che probabilmente renderà particolarmente complessa la composizione della legge di Stabilità. La somma di 18 miliardi di riduzione fiscale rimarcata da Renzi si raggiunge grazie ai 10 miliardi che vale la conferma del bonus degli 80 euro, a cui addizionare un nuovo taglio da 6,5 miliardi dell’Irap, di cui verrebbe cancellata la componente lavoro, e l’incentivo da 1,5 miliardi di euro per i contratti a tempo indeterminato. Sgravi fiscali in linea con le indicazioni europee di ridurre il costo del lavoro tramite spending review, ma che andrebbero finanziati con tagli alla spesa pubblica particolarmente complessi. Gli enti locali dovrebbero effettuare risparmi per circa 5 miliardi di euro, i ministeri per più di 7. La spesa previdenziale non dovrebbe essere toccata, mentre il conto potrebbe esser particolarmente pesante per la Sanità. L’ammontare complessiva della manovra vale infatti 30 miliardi di euro, e l’aumento del deficit previsto per il 2014 copre solo 11,5 miliardi di euro. Il resto andrebbe reperito con la compressione della spesa, anche se dalla presidenza del Consiglio circolano altre coperture, come il gettito da 3,4 miliardi di euro dal contrasto all’evasione fiscale, o nuove tasse una tantum. La riduzione delle detrazioni e delle agevolazioni fiscali, che equivarrebbe a aumento delle tasse, sarà minimo, a quanto finora trapelato. La manovra appare una sfida a metà all’Europa. In teoria c’è la classica ricetta consigliata dalle autorità comunitarie, il taglio della spesa pubblica improduttiva per finanziare la riduzione del costo del lavoro via minore tassazione, ma le coperture appaiono incerte. Nell’audizione alla Camera di ieri Banca d’Italia ha valutato come ottimistiche diverse previsioni della Nota di aggiornamento del Def, che renderebbe assai difficile il rispetto degli impegni comunitari. La manovra di Renzi è di tipo espansivo, con una correzione minima del deficit di bilancio strutturale. Non è scontato che la Commissione dia il via libera ad un simile impianto, visto che il nostro paese è gravato dal secondo debito pubblico dell’eurozona, pari a più del 130% del Pil. La congiuntura appare inoltre in peggioramento a livello mondiale, e le stime su crescita e metriche di indebitamento potrebbero essere riviste al ribasso. Matteo Renzi ha detto di voler rispettare il 3%, ma se la contrazione del Pil supererà lo 0,3% previsto dal Governo questo obiettivo difficilmente potrà essere raggiunto. L’UE sarebbe così obbligata a iniziare una procedura per deficit eccessivo, per sanzionare il mancato rispetto del Patto di stabilità e crescita. Entro domani il Consiglio dei Ministri dovrà inviare le line guide della legge di Stabilità alla Commissione, che avrà 15 giorni di tempo per approvarla, oppure per chiedere correzioni. Nella riunione dell’eurogruppo di ieri le critiche dei ministri finanziari dell’area euro si sono concentrate sulla manovra di bilancio della Francia, ma rimangono forti preoccupazioni verso l’Italia a causa del suo mancato impegno per la riduzione del debito.
. . . Un attimo di respiro teorico ...
Deficit spending Manovra economica con la quale un paese decide di finanziare la spesa pubblica in disavanzo. Il finanziamento in deficit può avvenire in due modi:
— con la creazione di base monetaria;
— con l'emissione di titoli di Stato .
Il ricorso all'uno o all'altro strumento trova numerose giustificazioni di carattere pratico e teorico.
La creazione di base monetaria presenta indubbi vantaggi:
— un costo praticamente nullo; i semplici costi di stampa della carta (quando vigeva l'obbligo della Banca d'Italia (v.) di finanziare lo scoperto del Tesoro sul conto corrente di Tesoreria obbligo che dal 1981 non sussiste più, il costo era comunque molto modesto poiché il tasso di interesse era pari all'1%;
— un effetto espansivo massimo sul reddito, dovuto al fatto che oltre all'operare del moltiplicatore occorre considerare l'aumento degli investimenti dovuto al ribasso del tasso d'interesse, infatti, un aumento della base monetaria comporta una riduzione del saggio di interesse.
Nel lungo periodo, però, il finanziamento con base monetaria provoca inflazione.
Per ciò che concerne, invece, l'emissione di titoli di Stato per finanziare la spesa pubblica, essa è stata da sempre oggetto di animate discussioni tra i fautori del debito e i sostenitori delle imposte.
Già Ricardo aveva affrontato il problema della scelta fra debito e imposta finendo con il concludere che il ricorso ad essi era sostanzialmente equivalente per il sistema economico (Equivalenza ricardiana): se la spesa pubblica è finanziata con l'emissione di titoli, ogni anno sarà necessario pagare imposte aggiuntive per la copertura degli interessi. Per un cittadino razionale, dunque, non dovrebbe esservi alcuna differenza fra le due forme di finanziamento della spesa. Lo stesso Ricardo, però, finiva col dubitare che gli operatori fossero tanto razionali da cogliere correttamente la sostanza del problema e suggeriva, da un punto di vista più politico che economico, di ricorrere comunque al pareggio del bilancio.
Per Keynes, invece, il finanziamento della spesa pubblica con il debito accresce il livello di attività e perciò il reddito nazionale.
I monetaristi ribattono, dal canto loro, che il debito pubblico ha effetti distorsivi (Crowding out), in quanto dirotta risorse dal settore privato a quello pubblico.
Nel caso di finanziamento della spesa pubblica mediante ricorso al debito pubblico, infatti, lo Stato dovrà offrire tassi d'interesse competitivi per poter collocare i propri titoli presso gli operatori privati. Ciò comporterà un aumento generalizzato della struttura dei tassi d'interesse e, di conseguenza, una riduzione negli investimenti privati. Inoltre, gli elevati tassi interni attrarranno capitali esteri, rivalutando il cambio e riducendo le esportazioni. Il tutto si tradurrà in una contrazione della domanda aggregata e, dunque, del reddito.
Il sistematico ricorso al deficit spending, poi, può comportare, nel lungo periodo, problemi di sostenibilità del debito pubblico .
La possibilità di un effetto di spiazzamento è riconosciuta anche dai keynesiani . Essi sostengono, però, che gli investimenti sono poco sensibili alle variazioni del saggio d'interesse, cosicché il crowding out ha una portata relativamente limitata. . . . Alla lotta . . .
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