Il capitalismo globale pone da tempo [1] la questione della relazione causale tra finanziarizzazione ed interdipendenza subalterna delle economie nazionali ed annientamento delle ultime parvenze della democrazia parlamentare, particolarmente in Europa (continente in cui il compromesso fra capitale e lavoro aveva raggiunto uno dei punti più avanzati fino all’affermazione del neoliberismo).
Con
l’esperienza referendaria catalana (la partecipazione alla
consultazione si è attesta sul 42%, su 5,3 milioni di persone aventi
diritto: massiccia l’adesione all’opzione indipendentista, a
favore della quale si sono pronunciati oltre 2 milioni di elettori,
per una percentuale leggermente superiore al 90%; per il ‘no’ si
sono invece espressi 176.565 elettori -7,8%-, per quanto ovviamente
il fronte anti-indipendentista sia numericamente ben più nutrito e –
secondo un sondaggio realizzato a luglio – conti circa il 49% della
popolazione; 45.586 sono state le schede bianche e 20.129 i voti
nulli) si è giunti ad una fase storica di svolta: quella che segna
la manifesta incompatibilità di questo moderno capitalismo
con le forme della democrazia che fin qui si sono affermate.
Bisogna,
conseguentemente, ricordare che il processo d’autodeterminazione
di un popolo può avere per fine la modifica della composizione della
società internazionale, per costruire un nuovo ente o rafforzare un
ente già esistente, ma non ancora dotato di una posizione
sufficientemente indipendente. Questa è la chiave di lettura di
quanto sta accadendo in Catalogna: non si tratta né di «una
messinscena, un ulteriore episodio di una strategia contro la
convivenza democratica e la legalità» (M. Rajoy), né solo del
protagonismo dei cittadini catalani che «hanno conquistato il
diritto ad avere uno Stato indipendente che si costituisca sotto
forma di Repubblica» (Presidente della Generalitat C.
Puigdemont); trattasi, bensì, di una consultazione referendaria che
– anche al di là delle intenzioni dei promotori – può veicolare
una chiara, irreversibile rottura con quanto previsto
dall’ordinamento e dalla Costituzione spagnoli dello Stato
monarchico plurisecolare, e prefigurare elementi di progresso
economico, sociale e politico-istituzionale. Se così non fosse –
un laboratorio di sperimentazione di nuove istituzionalità popolari
e di riorganizzazione solidaristica ed antimercantile della
produzione -, se il pronunciamento referendario catalano non
alludesse ad una contestuale battaglia contro la ristretta visione
nazionale e nazionalistica, la tendenza all’isolamento autarchico
avrebbe il sopravvento.
Nell’affermare
l’esigenza della Catalogna all’autodeterminazione, il
movimento propulsore, per essere internazionalmente efficace, deve
rendere evidente che i vincoli caratterizzanti il gruppo sociale
indipendentista si esprimano in relazione ad un’autonomia regionale
rispetto allo Stato spagnolo che parli lo schietto linguaggio di
fuoriuscita dalla logica rivendicazionista identitaria
sociopoliticamente compatibile con il capitalismo globale e di
sfruttamento territoriale in proprio di benefit economici. Da
questo punto di vista, la brutale repressione del gendarme monarchico
spagnolo – paradossalmente – è un segnale d’allarme
significativo.
Infine,
il balbettio formale dell’UE. serve solo a sottolineare
come, ai sensi della Costituzione, il referendum non possa
considerarsi legale, ribadendo che lo scontro tra Madrid e Barcellona
è questione interna alla Spagna e va risolta in linea con l’ordine
costituzionale spagnolo; da Bruxelles, la Commissione europea non
manca retoricamente ed ambiguamente di evidenziare come oggi più che
mai siano necessarie unità e stabilità: serve dialogo, senza
ricorrere alla violenza, ma è evidente come l’enfatizzazione
conservatrice europea dello status quo spagnolo si configuri come
un’ingerenza, interferenza esterna in modo talmente sfacciato da
precludere ai catalani l’effettiva partecipazione alla vita
politica dei propri territori foriera di decisioni correlate alla
volontà popolare.
[1]
Cfr. Alfonso Gianni, “Capitalismo finanziario globale e
democrazia: la stretta finale“, MicroMega, 18 Novembre 2013