sabato 14 luglio 2012

Agenzie di rating: specchietti per le allodole e sodomizzazione di massa

Il nodo politico dell’organizzazione politica di classe non è più rinviabile. Tanto più in una fase in cui il capitalismo mostra i caratteri di una crisi strutturale e le risposte dei vari schieramenti partitico-sindacali novecenteschi tendono ad uniformarsi. La vicenda del cosiddetto “declassamento” decretato dagli emissari della confraternita del dollaro costituita da società (i cui proprietari sono gli stessi investitori che acquistano i titoli analizzati) che valutano il rischio di insolvenza di aziende, e Stati, ha, tra l'altro, messo in luce l'omologazione politica in atto. È questo, quel che in molti “leggono” in questa lunga fase di cambiamenti strutturali avviati alla fine del primo decennio del XXI secolo con l'Impresa multinazionale che si fa Stato. Restando il conflitto sociale sul piano tradeunionistico, rivendicativo, economico-normativo, senza che sia in grado d'evolvere strategicamente, l'importante partita giocata dal capitalismo finanziario contro l'economia “reale” e, quindi, contro il lavoro rischia di essere persa dall'antagonismo globale. Se da una parte è vero che il capitalismo finanziario ha stravolto decenni di conquiste del movimento proletario andandone ad intaccare lo status nel suo rapporto strutturale con l’azienda, dall’altra ormai è evidente che si pone il problema di nuovi modelli di organizzazione politica di classe. Ovviamente, come agli inizi del Novecento, quando nacquero le prime camere del lavoro, non c’è nulla che si costruisce ex novo. Molto dipende dalla capacità di rintracciare nella memoria e nelle prassi proletarie quegli strumenti utili a dar vita a una rete di solidarietà e di lotte che sappia nuovamente incidere sulla condizione di vita del proletariato contemporaneo instaurando innovative istituzionalità popolari, sancendo l'estraneità e l'ostilità verso la “democrazia rappresentativa e della delega” e le forme parlamentaristiche di “mediazione” politico-sociale.
"C’è poca politica e molto saper fare in questa sfida". Tutto dipende dalla capacità di costruire programmi d'azione realmente unificanti ed autenticamente radicali. Va comunque registrato un dato importante: il capitalismo globale in questa sua ricerca forsennata, e disperata, di valorizzazione, non segue un disegno definito ma procede a tentoni. Questo, chiaramente, lo espone a un alto grado di debolezza. In più, le contraddizioni interne sono altissime. A dimostrarlo sono le numerose guerre in corso e un quadro internazionale che dal punto di vista dei flussi di capitale e delle aree di influenza mostra tensioni senza precedenti. La natura della crisi, infatti, non permette una facile ricomposizione politica degli interessi e, da un punto di vista strutturale, le spinte alla valorizzazione, soprattutto quelle di natura finanziaria, appaiono sempre più senza regole definite. Quello che sta accadendo in FIAT, da un lato, e il mantra dello spread, dall'altro, lo dimostrano ampiamente. Prezzi sociali altissimi si stanno già pagando e, dando ulteriore credito all'ideologia della ripresa delle disastrate economie occidentali e della loro “crescita”, devastante sarà il dominio assoluto del denaro sull'esistenza di massa, come se il “mercato” - entità concettualmente astratta, ma concretamente operativa – sodomizzasse violentemente e permanentemente i salariati e cittadini.

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