venerdì 24 dicembre 2010
Tutto L'Amore Che Ho - Video Ufficiale
Gli "accordi separati" per Mirafiori, primi provvedimenti del "Governo Marchionne"
L'instabilità generata dalla conflittualità operaia è l'unica “variabile” indipendente, non governabile da Marchionne, il quale, ovunque presenti soluzioni “liquidazioniste” del contratto nazionale, dei diritti e del lavoro (rischiosa la situazione della SEVEL di Atessa destinata alla fine anticipata degli accordi FIAT-PSA nel 2014 anziché nel 2017, con in ballo 6200 posti di lavoro in azienda ed oltre 2000 dell'indotto nella sola Val di Sangro), troverà pane per i suoi denti, pur addestrati ad azzannare alla giugulare i lavoratori, nello sciopero generale e con l'unità antagonistica delle lotte sociali contrastanti il “regime FIAT”. Così si da vita alla vera “opposizione” politica.
Link: http://www.bolognacittalibera.org/profiles/blogs/svegliarsi-dallincubo-fiat
martedì 21 dicembre 2010
Imàgo
In senso concreto, guardo la forma esteriore di quel corpo che mi sta di fronte; anche gli altri sensi la percepiscono, ma la vista ha il sopravvento. Non è l'immagine d'una cervia altera e bella (Poliziano). So che il concetto non preesiste all'oggetto allo stesso modo della fatal quïete / tu sei l'immago (Foscolo). Piuttosto, è come l'immagine della voce, l'eco, un prolungamento infinito di raggi che convergono. Non è filtrata, manipolata, mediata da mezzi tecnici. Un'occhiata che mette le carte in tavola, un'azione, un'espressione chiara, definitiva. Partecipo ad una prova di forza tra me e il “mondo”. Uno showdown. Verità sto cercando. In me ed altrove. Work in progress, quell'infinita serie di relazioni instaurate o dileguantesi. Tra loro, emerge l'immagine, prima a me invisibile, come di un soggetto che si forma in uno stato di emulsioni fotografica e che è resa evidente dal processo di sviluppo. Andando incontro, plasticamente si “realizza”. Supero di slancio le fila di maschere funebri degli antenati, manufatte in cera o materia preziosa, ai lati del mio andare, così permanentemente disposte per meglio averne “memoria”, custodite fin'ora gelosamente e venerate. Ora, guardo una riproduzione esatta, non solo estremamente simile, è quel che è. Manifestazione percepibile con nettezza di un elemento non più astratto, indefinibile. Ho idea precisa della forma condivisa di vita, della società contemporanea, della potenza scatenata, della gioia artefatta, del soffocamento subito. È lì ad evocare la “realtà”. Si staglia minacciosa, incombente, greve. Preme come una montagna di sabbia che entra in gola e negli occhi, come l'impatto di corpo morto che tutto tocca e copre, come quella sozza imagine di froda (Dante, Inferno XVII, 7).
Al contrario, esprimo vita, efficacemente cammino, impavido. Sono all'ultimo stadio nella metamorfosi, corrispondo alla perfezione di me. Non ho più solo una rappresentazione mentale, una visione interiore delle cose, persone, situazioni che si discosta dall'attualità. Non prendo parte al mercato dei prodotti della fantasia. Non ho una visione. Nel corpo e nelle mente, all'unisono, ho potenza e forza immaginativa, non suppongo, non prevedo, non do vivacità ad una narrazione. Si tratta d'una vigorosa affermazione che spazza via l'ideazione, l'invenzione, quell'escogitare con la mente che mi ha reso mutilo. Non credo, non “penso”, non suppongo né presumo. Corro, energicamente mi batto, mi scaglio virilmente, affondo le mani, stringo. Uccido. Libero dalle illusioni di un tempo che irrefrenabilmente scorre. Libero dalle gabbie semantiche e dalle intuizioni, dal riscuotimento di lampi o campanelli immaginarii nel pieno della notte (Morante). Il mio campo d'azione non separa il reale dal simbolico e dall'immaginario. Il mio fondamento è la conoscenza che ho di molte cose (De Sanctis), non mi nutro del possesso dell'apparenza, dei simulacri, delle contraffazioni, delle approssimazioni. Convergo nella rabbiosa polifonia e sono me stesso.[Il testo è dedicato, con autentico affetto, a tutti coloro che vivranno, riuniti, coraggiosamente e serenamente il 22 Dicembre 2010 – G. Dursi]
Nota:
“Il latino imaginor viene accomunato dai grammatici tardo-antichi ad "imito", ma in realtà il verbo indica un'attività più sottile della mente, simile al greco φαντάζω, che vuol dire "mi mostro" ma anche "inganno" (cfr. φάντασμα). Può essere usato anche con il significato di plasmare (cfr. Lattanzio: "…terram digitis suis imaginatam…"Lact. 5, 13, 21). Il sostantivo del verbo imaginor è imago. Da alcuni filologi è ricondotto ad imito (contrazione di imitago); ma se gli esiti di verbi analoghi come aemulo e simulo sono aemulatio e simulatio, quello di imito è imitatio che ha una valenza diversa da quella più intima e propria di imago.
Imago ha differenti significati ma tutti di carattere quasi esoterico. Imagines erano i fantasmi (cfr. φαντάζω- φαντάσματα), le apparizioni illusorie; e quindi imagines erano anche l'eco ed il riflesso dello specchio. Infine imagines majorum erano le statuine modellate nella cera a raffigurazione dei defunti.”
venerdì 10 dicembre 2010
Nell'intimo: voglia di comunismo
Quella porta socchiusa, il minimo indispensabile per intravedere, per rendersi disponibili agli altri, ma non a tutti, per ritrarsi quando ci si sente “invasi”, quando si è intossicati dal nocivo fumo dell'omologazione che ci rende “testimoni e vittime di lutti culturali” (Pasolini). La sfera intima non può contenere la “vita sociale” nella sua interezza. A me capita così. Le “donne”, gli “amici”, i “figli”, gli “allievi”, i “genitori”, i “compagni”, mi riempiono la vita, ma non tutti entrano nell'intimo, anzi, quasi tutti restano fuori dall'uscio, prossimi all'intimità, in attesa, forse, ma all'esterno. Non è miope esclusione; è un lento venire alla luce come un'apparenza che muore. Coloro che si approssimano all'uscio, sono interfacce arricchenti, gradevoli, esemplari della mia personalità, espressioni preziose di dignità, tenerezza, dedizione, di sapere e saper fare, di incantevoli gesti di pìetas. La soglia da attraversare, però, è un passo decisivo, non da tutti, che rende unica la persona, perché non è preceduto, accompagnato o seguito da nessun altro ardente, prepotente “amore” di quel tipo. Con l'andare degli anni, ho scoperto che nell'intimo conservo tracce di intenso coinvolgimento, quasi un humus di un florido giardino. Un'emozionante inclinazione alla predilezione. La rarità di presenze, nella stanza che accoglie pochi intimi, non allude affatto ad aridità d'animo, bensì alla capacità di comprendere il “valore” dell'altro e di farsi conoscere in modo autentico e disinteressato perché “l'amor non fa bollir la pentola”. Ecco, l'intima frequentazione, si distanzia dal fluire incessante di relazioni pur significative, impegnative o importanti per sé che scandiscono l'esperienza umana. La peculiare natura dell'intimo si mostra anche nella sua fenomenologia: risiede nel “sentire comune”, un dato primordiale indispensabile per far si che il legame possa sbocciare, crescere, interamente “occuparti”. Né le convinzioni, né la razionalità condivisa, né le similari prassi possono rappresentare il “sentire comune” che risiede nell'esclusivo spazio concesso e conquistato, insieme. L'appartenenza che descrivo non è “quella ottusa, becera, volgare che governa il nostro presente e vira ogni giorno di più in ipocrisia strafottenza, corporativismo” (da “Il coraggio di appartenere solo a se stessi” di E. D'Errico, Corriere delle Sera, giovedì 9 Dicembre 2010, pag. 53). Penso addirittura che questa dimensione d'esclusività alluda ad una ereticale radicalità nella forma di vita prescelta – in ogni “scelta” c'è la libertà – che sostanzialmente discosta l'aggregazione sociale coatta alla quale, volenti o nolenti, siamo tutti indotti, da quel ritmo vulcanicamente vitale, da quel fuoco interiore che è alimentato da raro umano combustibile. Gli ideali, i valori, la morale avvicinano, ma quasi mai rendono unico ciò che è duale, separato. Viceversa, la “fusione” avviene nello spazio delimitato dal voler essere “veri”, poiché non lo si è spontaneamente né “socialmente”. Questo alone di “verità” (al plurale, ovviamente) ci accompagna nei sentieri che percorriamo, nelle comunità solidali, nelle responsabilità collettive che assumiamo, tanto da essere sempre “diversi”, da parlare un linguaggio “altro” che – è bene che qualcuno si rassegni – non sarà mai agevolmente decodificabile, mai assimilabile del tutto, se non inoltrandosi nell'arduo cammino dell'intimità ricercata. Tendenzialmente intimi, questo è ciò che si da nella generalità delle pur serie relazioni instaurate nel corso esistenziale; altro è “entrare” nella recondita e riservata stanza.
Questo eccezionale evento – al di là d'una greve “quantità” di rapporti sentimentali, erotici, socio-culturali, bio-politici, generazionali, filiali che possono darsi – contraddistingue quella trasformazione/emancipazione (possibile) in corpore vili dell'essere umano, traviato dal meccanismo di riproduzione “finalizzata” della forma di vita capitalistica alla quale è incatenato, nel caratteristico autonomo procedere, nel libero incedere verso un felice ed irreversibile “cambiamento del mondo”, impossibilitato a realizzarsi se non esprimendo una novella, netta “ideologia” di rapporti umani “fuori mercato”: voglia di “comunismo” per essere partigiani di inalienabile vita. C'è, dunque, un altro “modo”. Come c’è un altro “mondo”, che quel modo evoca e crea.[Nota “a margine” di “Gaber – L'illogica utopia”, G. Harari, ChiareLettere, 2010]
venerdì 3 dicembre 2010
Némesi e genesi

Sistemate le cose, a piacimento temporale d'ogni protagonista di questa maleodorante stagione politica, aspettando il momento opportuno per la massima valorizzazione Cicero pro domo sua, chiusi acqua luce e gas di quel degenerato immobile “potere”, l'ultimo Governo Berlusconi – con stanco sorriso sardonico sulla bocca del “capo”, chirurgicamente sistemata, e dei proni comprimari – lentamente s'accomoda fuori, apprestandosi a rimirar macerie dall'ovattata dorata dimora dell'autopensionamento ed a spartire il bottino. Con buona pace delle “opposizioni” parlamentari e aspiranti tali, impotenti nei confronti del motu proprio governativo. Non è un farsi da parte, anche a causa di spallate altrui non pervenute, è solo un giro di giostra che prelude alla discesa dal cavallo del cosiddetto “berlusconismo”, dopo un troppo lungo accanimento politico, tanto gratificante per il “complesso politico-affaristico” da esso incarnato, quanto devastante per la vita pubblica nell'incessante spoliazione subita. Il 14 dicembre, alla Camera dei Deputati ed al Senato, andrà in onda l'ultima puntata intitolata “Appagamento (del “Governo” leggasi P2; rif. http://www.socialmente.name/index.php?mod=12&idli=26&idli_co=2 – Impotenza (dell'opposizione)” d'una fiction mai originale nel copione, la cui “regia” oggi sceglie attori che rivendicano il primo piano, ma formati alla stessa “scuola di recitazione”: Montezemolo, Marchionne, Draghi, seguiti già dal nugolo confindustriale di mosche cocchiere, saltimbanchi mediatici, retori, oratori e giullari ridanciani, già impegnati in iniziatiche odi all'epico “capitale” che vuol fare da sé.
Alcuni presumono che all'inarrestabile evento negativo in corso, ad una situazione siffatta, debba seguire periodi eccessivamente fortunati a titolo di giusta compensazione, come la campagna di Russia fu per Napoleone. Gli stessi “ottimisti” (per ufficio), addirittura sostengono l'esistenza d'una giustizia riparatrice di torti e delitti, non dei responsabili – accompagnati da salvacondotti che il “sistema”, a Camere in seduta congiunta e a “reti televisive” unificate, ha deciso di concedere “per servizi resi”, come nel caso Andreotti -, bensì dei loro “discendenti” che al “trono” aspirano. Secondo costoro, sedicenti “sinistri”, interverrà Némesis, dea greca delle giustizia distributrice. Riassorbire il malcontento, il disagio sociale, le ostilità verso il “potere” usando illusionisticamente tecniche neokeynesiane di regolazione politica del “ciclo” – apparentemente fuori controllo, in permanente deregulation – risultano in questo momento, agli occhi degli “oppositori alleati”, azioni di grande efficacia. Gli “oppositori alleati” tra loro, del resto, si intendono: eminenze grigie “democratiche” ogni dì ribadiscono l’idea d'una “collaborazione – senza impressionarsi – con Fini e anche con Casini, poiché sono molte le idee comuni tra me (è D’Alema a parlare !) e il Presidente della Camera, a partire dall’immigrazione. Da anni (è sempre D’Alema a chiarire come stanno le cose !) il dialogo tra noi è approfondito perché basato sui contenuti”; riferendosi a Vendola, conclude: “le primarie sono diventate una resa dei conti tra partiti … non c’è bisogno di slanci eccessivi” (rif. intervista a “la Repubblica” del 24.11, a cura di Laura Pertici). In fondo, anche "noi" (sostengono sempre nel PD),"abbiamo una Banca” (Fassino, intercettato in conversazione telefonica con Consorte).
Il movimento antagonista, antisistema, è gattopardescamente giocato, da tal genìa di “buoni malfattori”, interamente entro il “dinamismo” dell'iniziativa capitalistica che sta cambiando la sua guida politica ricostruendo equilibri di forza continuamente, continuamente “recuperando” gli impatti di “rottura” sistemica. Rumors annunciano che la diffusione sociale della precarietà si contrasta con il “reddito di cittadinanza”, che alla disoccupazione si risponde con “flessibilità e formazione”, che la crisi del Welfare si risolve con la lotta antiburocratica, che l'integrazione dei migranti va “regolata” … ben guardandosi dal mettere in discussione la “razionalità capitalistica”, le profittevoli logiche imprenditoriali, i santuari del denaro, officiando il rito del “politicamente corretto”. Al contrario, la radicalità dell'intenzione rivoluzionaria e della funzione riorganizzativa del movimento antagonista antisistema non passa da un “nuovo” Governo o da elezioni politiche anticipate; è oggettivamente determinata dalla ristrutturazione mercantile della “vita” di miliardi di esseri umani e della conseguente immodificata stratificazione sociale e ritrova e rinnova soggettivamente la sua genesi nell'identificazione di un nemico da abbattere internazionalmente: il capitale [http://cprca2010.ning.com/].
Dicembre 2010, Giovanni Dursi
