venerdì 24 dicembre 2010

Gli "accordi separati" per Mirafiori, primi provvedimenti del "Governo Marchionne"

L'atto di “insediamento” del “Governo” Marchionne, nel corso della deriva politico-istituzionale che vede l'Impresa farsi Stato, è rappresentato dalla messa in pratica della logica del “ricatto” (“intesa con tutti i Sindacati, o niente investimenti in Italia”) e dall'adozione del “provvedimento” che contempla la nascita della newco di Mirafiori con Chrysler fuori da ConfIndustria e dal contratto nazionale di lavoro. Il “premier” Marchionne ha chiesto ed ottenuto dalla Presidenza confindustiale “mano libera” nelle controversie sindacali e nella riconfigurazione delle linee di politica industriale. Non “condividendo” il punto di vista Fiom-CGIL e desiderando sbarazzarsi dell'intransigenza operaia, il “nuovo” partito-azienda definibile “FIP” (Fabbrica Italiana di Profitti) detta l'agenda al paese mentre consolida l'internazionalizzazione della produzione di auto con l'avvio miliardario di una nuova fabbrica in Pernambuco, in Brasile, grazie agli incentivi fiscali, previsti per la regione NordEst, dal Governo di Luiz Inacio Lula da Silva. Il business industriale trova sempre occasione per ampliare i margini di guadagno delle imprese; sempre a discapito della popolazione di Stati, in questo caso 2000 con diverso “orientamento politico”, che, nelle stesse ore nelle quali le “multinazionali ad elevato impatto CO2” ridisegnano forme di dominio industriale e commerciale su scala planetaria, con “contrita” coscienza ambientale, siglano a Cancun un accordo su taglio alle emissioni e danno il via libera al “Fondo verde” per i Paesi in via di sviluppo. Viceversa, il “manifesto” politico al quale il “neopremier” Marchionne sta lavorando, titolabile prosaicamente “FIAT nel mondo”, si compone di un breve testo, di un aforisma che sintetizza i principi ispiratori: gli affari sono affari, competition is competition ! Lo smantellamento degli accordi e la soppressione di posti di lavoro, questi gli obiettivi realmente perseguiti, sono la smentita più evidente alla bolla di sapone con la quale Marchionne fa giocare, come foche con i pallini sul naso, i sindacalisti “collaborazionisti”: la “fantastica” joint venture che avrebbe dovuto gestire il piano di investimenti per raddoppiare la produzione dello stabilimento torinese; in realtà, qualora ridiscenda con i piedi per terra, la newco andrà oltre il “modello Pomigliano” attraverso un accordo quadro esclusivo per il settore auto. Marcegaglia e Marchionne da New York, annunciano il lieto evento: il parto che da alla luce “FederAuto”; “soluzione giusta” secondo la Marcegaglia, che ha dato il via libera alla lesione dei diritti ed all'annullamento del contratto nazionale, memore del suo personale intendimento espresso il giorno dell'insediamento presidenziale: “è necessario intervenire contro chi si oppone alla modernizzazione del Paese”; questo si prefisse la signora a quel tempo; questo trova inveramento nell'opera del sodale Marchionne. Il “fascinoso” Marchionne ha sedotto la Presidentessa modellando l'originale contratto proposto ai Sindacati secondo le esclusive profittevoli esigenze produttive e di “governabilità” (leggasi: comprimere il “costo del lavoro” e reprimere il conflitto) degli stabilimenti. “La macchina mi serve”, avrebbe detto languidamente Marchionne alla già intenerita signora, capo degli imprenditori industriali italiani che attendono di fare altrettanto; l'amorevole richiesta, tradotta nel linguaggio del capitalismo ricattatorio, così recita: “consenso” sindacale ad evitare impedimenti di “varia natura in fabbrica” in cambio dei soldi “promessi” per investire in Italia (oltre un miliardo di euro per il “piano Mirafiori”), ricordando che, in fondo, ci sono tantissimi siti produttivi e la FIAT, “gruppo” di 240mila dipendenti, in Italia ha sotto contratto meno di un terzo della sua manodopera. Nel frattempo gli operai del “gruppo” si ricompattano nelle lotte di resistenza “disdettando”, in alcuni casi, l'appartenenza ai sindacati “collaborazionisti” Fim-Uilm, Fim-Cisl favorevoli alla newco, e preparandosi ad una nuova stagione di mobilitazione e di scontro contro la delocalizzazione delle produzioni e la cancellazione dei diritti acquisiti.







L'instabilità generata dalla conflittualità operaia è l'unica “variabile” indipendente, non governabile da Marchionne, il quale, ovunque presenti soluzioni “liquidazioniste” del contratto nazionale, dei diritti e del lavoro (rischiosa la situazione della SEVEL di Atessa destinata alla fine anticipata degli accordi FIAT-PSA nel 2014 anziché nel 2017, con in ballo 6200 posti di lavoro in azienda ed oltre 2000 dell'indotto nella sola Val di Sangro), troverà pane per i suoi denti, pur addestrati ad azzannare alla giugulare i lavoratori, nello sciopero generale e con l'unità antagonistica delle lotte sociali contrastanti il “regime FIAT”. Così si da vita alla vera “opposizione” politica.


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