domenica 15 agosto 2010

Fuori dal Parlamento. Visibilia e melma

È ormai certo che la situazione sociale è l’alveo più produttivo per la nascita, l'estensione ed il consolidamento di strutture territoriali di resistenza popolare all'incedere della “crisi” (prevalentemente reddituale, occupazionale e del Welfare), le cui devastanti caratteristiche nuove (irreversibilità del “comando” capitalista, annunciato dal “caso Pomigliano) si sommano alle tradizionali (subalternità dei lavoratori vincolati alla mediazione sindacale collaborazionista ed al “voto” di scambio) creando un blackout della sostenibilità sociale. In concomitanza di momenti altamente critici sul piano economico, quando le tensioni sociali sono più dirompenti, o quando la difficoltà individuale e/o collettiva di risolvere il disagio è acuta, le obsolete organizzazioni politiche della “sinistra” manifestano intrinseche fragilità – palesemente, sul piano storico-strategico – e cercano di ricomparire sul proscenio della politica nazionale con mere “formulette” ricompositive solo del personale politico, spacciando per opposizione la retorica litania dell'antiberlusconismo, del resto mai veramente praticato avendone avuta opportunità. È quanto sta accadendo in Italia in questo periodo, con la repressione – ordinata da ConfIndustria al Governo - e le forze dell’ordine che contrastano continuamente il tentativo di ripristinare l’organizzazione comunista delle lotte operaie e, più in generale, dell'antagonismo sociale. È evidente che ogni sirena della “sinistra” (Vendola) agisce tipicamente sulla spinta di un disorientamento politico-programmatico di fronte all'autodeterminazione – mediante le lotte - dell'autentica opposizione sociale. L'autonomia espressa dal conflitto sociale segnala come urgente ed indifferibile l'impegno per una nuova istituzionalità popolare e la decisa fuoriuscita da ogni “luogo della rappresentanza e composizione” degli interessi propri della “democrazia reale borghese” (vuoi i Consigli comunali, vuoi il Parlamento). La “sinistra” (latu sensu) ha perduto non solo una leadership capace (chi pensa di risolvere la questione con “facce nuove” o le “mani pulite” è un utile idiota o un prezzolato mentitore), ma la possibilità di interpretare le stesse condizioni materiali di vita e di lavoro delle masse popolari e di dar loro univoco sbocco rivendicativo ed obiettivi politici credibili, poiché ripetitiva di logori rituali che espropriano il popolo della legittima attività creativa – in quanto essenzialmente basata sulla diretta partecipazione - per attuare integralmente un'“attiva cittadinanza” e fondare nuove istituzioni.
Ecco perché la violenza politica e l'eversione, di questo si tratta, diventa la risposta dello Stato all'insubordinazione sociale in fase di organizzazione militante. Il deficit è dunque della proposta politico-organizzativa della “sinistra”, un deficit di direzione politica delle lotte dalle rischiose conseguenze. Inoltre, non bisogna scindere la riorganizzazione dell'antagonismo sociale e la costruzione di nuove istituzionalità popolari dal contesto internazionale e specificamente da quello Europeo e dal sistema delle relazioni internazionali, sullo sfondo d'una crisi economica che costituisce il fattore più importante di riaggregazione rivoluzionaria, una crisi-presupposto della crescita dei movimenti sociali autonomi di contrasto alla “politica borghese” in tutte le sue varianti di “destra” e di “sinistra”. Ascoltato il “ricorso alle piazze” delle camicie verdi leghiste e dei cappucci neri delle P2 e 3 al Governo per semplici interessi di permanenza al potere e di tutela di interessi propri (personali, di clan, di gruppi aziendali, di fazioni della borghesia finanziaria), piuttosto che di un interesse generale da servire, la “sinistra” trascura il “totale accentramento di potere”, le “gravi carenze e irregolarità, sotto il profilo del riciclaggio” e i non meno gravi “conflitti di interesse” negli affidamenti, reati perpetuati dalla “cricca affaristico-mafiosa” insediata al Governo del Paese, per esercitarsi nella grande ammucchiata che vede già i "democratici" affabilmente colloquiare, localmente quanto nazionalmente, con ex M.S.I., secondo le elementari proprietà commutativa, associativa e dissociativa dell'addizione: cambiando l'ordine degli addendi la somma non cambia; la somma di tre o più addendi non cambia se al posto di alcuni di essi si sostituisce la loro somma ; la somma di due o più addendi non cambia se a uno o più di essi se ne sostituiscono altri la cui somma è uguale all'addendo sostituito. Melma.

Nessun commento:

Posta un commento