lunedì 12 novembre 2012

Dal 14 Novembre internazionalista, un percorso verso il “campo base”

I proletari devono perdere la brutta abitudine, contratta con la frequentazione dei partiti revisionisti e dei sindacati confederali, del “far politica” e cominciare a pensare e ad agire nei termini di “rivoluzione”. Questo vuol dire che vita privata e vita pubblica, dimensione interiore e dimensione esteriore del proprio essere sociale devono essere composti e riarmonizzati. La rivoluzione non si può fare part time e per i proletari non c'è neppure la settimana corta; vuol dire ancora che ci si responsabilizza in prima persona rispetto agli atteggiamenti e ai comportamenti omologanti di subalternità classista, e ci si rende conto delle scelte che si riterranno più opportune per moficare radicalmente ed irreversibilmente lo stato presente di cose. Inoltre, la “calamità occorsa nel 1989” avrà pure una sua “ragione”; comunque, bisogna farsene una “ragione” piuttosto che rimenere ancora ad “osservare inorriditi gli effetti devastanti” del crollo murario. I punti di riferimento dei proletari coscienti della propria condizione e della situazione economico-sociale sono il marxismo-leninismo, la rivoluzione culturale cinese e l'esperienza in atto dei movimenti antagonisti metropolitani; in una parola la tradizione scientifica del movimento operaio e rivoluzionario internazionale. È necessario capire bene la seguente affermazione: “per favorire il processo rivoluzionario, occorre riappropriarsi delle esperienze del passato, a cominciare dall’organizzazione politica per finire nell’edificazione reale del socialismo, dove il proletariato ha dimostrato di aver affrontato correttamente le questioni poste all’ordine del giorno dal progresso umano”. Questo vuol dire anche che non vanno accettati in blocco gli schemi che hanno guidato le organizzazioni operaie ed i partiti comunisti europei nella fase otto-novecentesca della loro storia soprattutto per quanto riguarda la questione del rapporto tra organizzazione politica di massa e organizzazione pratica della rivoluzione, secondo la concezione di Lenin e le prassi che è stato in grado d'adottare per vincere.
Con la crisi del capitalismo globale ed il massacro sociale, spacciato dai governi in carica per “risanamento” dei debiti sovrani degli Stati – attestati mediamente intorno al 120% del PIL -, con il permanente ricatto “democraticista” di nuove elezioni politiche foriere di chissà quali sorti magnifiche e progressive, la dittatura borghese del capitale nazionale e multinazionale cerca di frenare lo sviluppo delle lotte proletarie e delle soggettività antagoniste. Ora, vuole ottenere la “pace sociale” per rideterminare forme di dominio assoluto, per organizzare “territori programmati per la quiete” non più attraverso un progetto “riformista” e “socialdemocratico”, ma con il progetto della restaurazione integrale del “comando capitalista” guidato della “destra liberista”, braccio armato delle multinazionali e dei direttori finanziari sovranazionali. Per quanto abituati al linguaggio criptico degli agenti politici del capitale globale, la resistenza popolare all'incedere delle crisi ristrutturativa dell'impresa multinazionale non si perde in quel fiume di parole nelle quali i destinatari possono oggi scorgere amare menzogne, intenti manopolatori e inibizione dell'immaginario trasformativo. Nel parlamento italiano, con l'unione delle forze che hanno determinato l'operare del governo Monti, si è realizzata l'evidenziazione del contrasto sociale tra classi contrapposte, del conflitto tra Stato e popolo, tra direzione capitalistico-borghese dell'economia ed antagonismo delle forme delle moltitudini in rivolta. Nei tribunali, con i magistrati che amministrano la “giustizia” perseguendo i senza denaro. Nei quartieri, con la polizia e con i fascisti che collaborano sempre più strettamente per stroncare il movimento di resistenza popolare. Nelle fabbriche, con i padroni che licenziano e discriminano gli operai d'avanguardia; con la polizia e i fascisti armati che attaccano i picchetti; con i sindacati collaborazionisti. Di fronte a questo progetto, che ha come base la repressione del conflitto, la risposta dei comunisti e resistenti non può essere il voto. Compito fondamentale è ora organizzarsi e organizzare la lotta di classe per schiacciare tutti i nemici del popolo. La crisi irreversibile che l'imperialismo sta attraversando mentre accelera la disgregazione del suo potere e del suo dominio tradizionale basato sulla “mediazione politico-partitica”, innesca nello stesso tempo i meccanismi di una profonda ristrutturazione che dovrebbe ricondurre il paese sotto il controllo totale delle centrali del capitale multinazionale e soggiogare definitivamente il proletariato. La trasformazione nell'area europea degli Stati-nazione di stampo liberale in Stati imperialisti delle multinazionali (Sim) è un processo in pieno svolgimento anche in Italia. Il Sim, ristrutturandosi, si predispone a svolgere il ruolo di cinghia di trasmissione degli interessi economico-strategici globali dell'imperialismo, e allo stesso tempo ad essere organizzazione della contro rivoluzione preventiva rivolta ad annichilire ogni “velleità” rivoluzionaria del proletariato. Per trasformare il processo di guerra civile strisciante, ancora disperso e disorganizzato, in una offensiva generale, diretta da un disegno unitario, è necessario sviluppare e unificare il movimento di resistenza proletario offensivo costruendo l'organizzazione politica del proletariato rivoluzionario, il “campo base” proprio. Movimento e partito non vanno però confusi. Tra essi opera una relazione dialettica, non un rapporto di identità. Ciò vuol dire che è dalla classe che provengono le spinte, gli impulsi, le indicazioni, gli stimoli, i bisogni che l'avanguardia comunista deve raccogliere, centralizzare, sintetizzare, rendere teoria e organizzazione stabile e infine, riportare nella classe sotto forma di linea strategica di combattimento, programma, strutture di massa del potere proletario. Agire da partito vuol dire collocare la propria iniziativa politica generale all'interno e al punto più alto dell'offensiva proletaria, cioè sulla contraddizione principale e sul suo aspetto dominante in ogni congiuntura, ad essere, così, di fatto, il punto di unificazione del dell'antagonismo diffuso, la sua prospettiva di potere. Milioni di lavoratori e i comunisti che hanno vissuto le lotte, i travagli e anche le contraddizioni di questi anni non possono più aver fiducia nella “mediazione politico-sindacale” che ha creato intenzionalemente le condizioni di confusione e distorsione degli interessi di classe da parte degli anticomunisti di destra e di sinistra. Per le masse l'organizzazione politica metropolitana vorrebbe dire estensione quantitativa del modello e della pratica della lotta politica per il comunismo, perché consentirebbe di affondare la progettualità del programma e delle pratiche rivoluzionarie nel cuore pulsante della classe.
L'arma della critica non è mai stata sufficiente a gestire il salto al contropotere proletario, bensì ha anestetizzato essenzialmente una pratica sociale unitaria di coscientizzazione. L'agire da partito irradia la consapevolezza, la conformità degli scopi, la progettualità del programma lungo tutto l'arco delle contraddizioni di classe all'interno di tutte le figure della composizione di classe e in tutte le determinazioni dell'antagonismo diffuso. Il tutto non in maniera pedagogica o nostalgica, ma dirigendo sempre più estese e profonde pratiche di contropotere e trasformazione sociale; è in questo modo che la classe si renderebbe sempre più consapevole della sua missione storica e dell'immane opera di autentica rivoluzione globale cui deve attendere. Il salto politico-organizzativo in seno alle masse significherebbe dar corso, attuazione e sviluppo a questa opera di rivoluzione globale nel divenire delle contraddizioni di classe; col dischiudersi di orizzonti così ampi, il soggettivismo, lo spontaneismo, il “delirio comunicativo” indotto dagli stessi social network e l'organizzativismo plateale sarebbero definitivamente spiazzati. Concludendo, questo procedere intenzionale verso la rivoluzione proletaria è un patrimonio incancellabile della lotta di classe e della storia delle organizzazioni comuniste. Viene affermato che lo sviluppo della lotta di classe ha storicamente affinato e perfezionato la teoria-prassi e la metodologia politico-organizzativa di costruzione del partito. Questa teoria-prassi e questa metodologia sono, insieme, un caposaldo da cui non è possibile prescindere. Ci si riferisce ai principi strategici unità-crisi-unità e lotta-critica-trasformazione. La battaglia politica così condotta chiarisce in termini di unità-crisi-unità e di lotta-critica-trasformazione la linea corretta e quella sbagliata. Isola la linea errata e la sconfigge e dunque recupera, riunifica e assesta tutta l'organizzazione sulla linea corretta. La battaglia politica serve a determinare nuove unità a un livello superiore, dentro sintesi generali che rideterminano, congiuntura dopo congiuntura, il programma strategico dell'organizzazione comunista.

Nessun commento:

Posta un commento