giovedì 1 novembre 2012

Note sull'Azienda-Stato e compiti politico-organizzativi dell'antagonismo sociale

I provvedimenti antioperai del primo “Governo Marchionne” consentono, tra l’altro, una rilettura di ”Lotta sociale e organizzazione nella metropoli" (’69 – ’70) dall'indubbio valore teorico, nel quale, sulla base dell'esperienza politica accumulata in anni di lotte, viene elaborata una minuziosa analisi rispetto alle prospettive future del movimento, un movimento che "…esprime, in forme ancora embrionali e parziali (spontanee, appunto), una contraddizione antagonistica con il sistema generale di sfruttamento economico, politico, culturale…".
La lotta di classe si manifesta oggi con segno padronale e si inserisce dunque nel corpo vivo dell'autonomia operaia, ma al contempo implicitamente concorre a creare le condizioni d’una estesa, irreversibile critica al "rivendicazionismo" partitico-sindacale, messo oggettivamente (oltre che soggettivamente) in crisi dall’agire concretamente “selvaggio” ed unidirezionale della ristrutturazione capitalistica. Il sindacato, liquidata ormai la mediazione politica, che vuole dirigere nel sociale le lotte di fabbrica, sta indietreggiando sul piano giuridico piuttosto che organizzare l’antagonismo. Dunque, per sopravvive nella sua autonomia di classe, il proletariato di fabbrica dovrà superare la fase spontaneistica caratterizzata dal rivendicazionismo economico-normativo, per contrapporre alla politica delle organizzazioni tradizionali “…una seria prospettiva di classe…".
Evidentemente, se la prospettiva deve essere quella della presa del potere, la lotta di classe non può che manifestarsi come "lotta antagonistico-duale di popolo", condotta con ogni mezzo, che si pone come necessità a fronte della violenza del sistema aziendale dominante nell’attuale sinergia Stato/Impresa; pertanto “… l’assunzione della responsabilità rivoluzionaria non è un fatto soggettivo, non è un'istanza morale: essa è imposta da una situazione che è ormai strutturalmente e sovrastrutturalmente violenta. Per questo la pratica rivoluzionaria organizzata è ormai un parametro di discriminazione tra chi lavora autenticamente alla prospettiva di fuoriuscita dal capitalismo e chi no … lo scontro violento è una necessità intrinseca necessaria, sistematica e continua dello scontro di classe" che vede oggi gli operai ed il mondo del lavoro dipendente e precario subire i diktat del FMI e BCE e le ritorsioni dell’Azienda-Stato. Estremamente interessante in ”Lotta sociale e organizzazione nella metropoli" la definizione offerta per la categoria "autonomia proletaria": essa è "…il movimento di liberazione del proletariato dall'egemonia complessiva della borghesia, e coincide con il processo rivoluzionario. In questo senso…è…una categoria politica del marxismo rivoluzionario, alla luce della quale valutare la consistenza e la direzione di un movimento di massa. Autonomia da: istituzioni politiche borghesi…, istituzioni economiche…, istituzioni culturali…, istituzioni normative….Autonomia per: l'abbattimento del sistema globale di sfruttamento e la costruzione di un'organizzazione sociale alternativa.". La lotta dell'autonomia proletaria deve diventare sociale, superando così le posizioni operaiste e studentiste tipiche del pseudoriformismo collaborazionista: "…la socializzazione delle lotte si presenta con tutta la sua pregnanza come attacco all'organizzazione del lavoro e alla condizione salariale nella fabbrica, nella scuola e nella società…", per questo occorre "… estendere la lotta continua dai centri produttivi alla società, dalle manifestazioni dello sfruttamento diretto alle manifestazioni complessive dello sfruttamento … sviluppare l'autonomia proletaria oggi significa superare le lotte settoriali e gli organismi settoriali … la dimensione sociale della lotta richiede organismi di base a livello sociale, non si tratta quindi di fare un salto da organizzazione di base a organismo di vertice…, ma di costruire organismi politicamente omogenei per intervenire nella lotta sociale metropolitana". Il passaggio alla lotta sociale diffusa e tendenzialmente organizzata leninisticamente, attraverso il quale "… il movimento antagonista può raggiungere la maturità di un vero movimento rivoluzionario'…" si rende inevitabile, giacché "… il proletariato si trova di fronte ad un livello superiore di lotta: l'attacco alla condizione di sfruttamento generale nella società. L'avversario non è più, se mai lo è sembrato, il padrone singolo, ma il sistema dei padroni …" che si nfa Stato. Un ulteriore passaggio del documento, sottolineando l’avvenuto, a suo tempo, "tradimento" del PCI e della sinistra costituzionale, specifica il significato dell'obiettivo rivoluzionario del proletariato moderno: “… la dimensione reale dello scontro è oggi sociale e complessiva: il suo punto più alto è la lotta contro la repressione, che è lotta contro la violenza globale del sistema, e quindi già direttamente rivoluzionaria. Le organizzazioni revisioniste sono incapaci di scendere su questo terreno: l'appello resistenziale alla legalità costituzionale, la tattica difensiva, denunciano praticamente la 'via italiana al socialismo' per quello che è: una strategia riformistica di inserimento del proletariato nell'ambito dell'egemonia economico-politca borghese…il proletariato deve portare avanti in modo diretto la sua rivoluzione, e…non può più…innestare la propria azione su obiettivi essenzialmente borghesi…il nostro problema è attaccare su un obiettivo direttamente rivoluzionario: rovesciamento del sistema di potere borghese e trasformazione della stessa essenza del potere…".
Sono presenti nel documento elaborato alla fine degli anni ‘60 molti degli elementi di analisi che di lì a poco saranno fatti propri dalle Brigate Rosse; emerge dal passo successivo una chiara ispirazione maoista, nonché la volontà di riadeguare al tessuto metropolitano occidentale il modello di guerriglia urbana assunto dai Tupamaros uruguayani: la lotta armata non può che caratterizzarsi come tale: "…l'ipotesi dell'insurrezione generalizzata è oggi assolutamente illusoria. Ma questo non significa rinunciare al proprio compito di rivoluzionari...la borghesia ha già scelto l'illegalità. La lunga marcia rivoluzionaria nella metropoli è l'unica risposta adeguata…la città è oggi il cuore del sistema…ma è anche il punto più debole del sistema: dove le contraddizioni appaiono più acute, dove il caos organizzato che caratterizza la società tardocapitalista appare più evidente…è qui, nel suo cuore, che il sistema va colpito.". Oggi l’antagonismo militante può avviare la sua trasformazione in un'organizzazione più centralizzata: può nascere il progetto di un’organizzazione proletaria, un conglomerato che raccoglie militanti di diverse decine di realtà di lotta. Le discussioni teorico-politiche, veicolate da tanti media, le esperienze di lotta e le forme di insubordinazione sociale devono diventare un unico “urlo” che dia forma alla edificazione di nuove istituzionalità popolari sedimentanto la coscienza della necessità dell’organizzazione politica dell’antagonismo. In un editoriale della rivista "Sinistra Proletaria", della quale usciranno soltanto due numeri, una sintetica definizione di questo processo di autovalorizzazione proletaria “… l'unità dei compagni nelle fabbriche, nei quartieri, nelle scuole, negli uffici: unità senza sigle né tessere, rifiutando ogni divisione che minacci la vera unità di classe, cioè l'unità sulla strategia rivoluzionaria. Da questa unità nasce la sinistra proletaria. E solo la sinistra proletaria può costruire nella lotta l'organizzazione rivoluzionaria.". La lotta antagonistico-duale è ormai più che una prospettiva, è il presente; lo dimostrano altre affermazioni presenti nella rivista: "…il proletariato…incomincia a capire che la lotta di classe è come una guerra. Bisogna imparare a colpire all'improvviso concentrando le proprie forze per l'attacco, disperdendosi rapidamente quando il nemico si riprende…l'organizzazione della violenza è una necessità della lotta di classe.". I tempi sono maturi per il definitivo salto di qualità di “processo” (l’organizzazione politica) e di “prodotto” (la rivoluzione): la lotta di classe, l’autonomia, la prospettiva della conquista del potere politico sono un'esigenza imprescindibile, è sbocciato "il fiore della lotta rivoluzionaria". Agli inizi degli anni ’70, in quegli analoghi frangenti si scrisse: "L'autunno rosso è già cominciato"; l'autunno che abbiamo davanti si presenta come una scadenza decisiva nello scontro di potere. Contro le istituzioni che amministrano il nostro sfruttamento, contro le leggi e la giustizia dei padroni, la parte più decisa e cosciente del proletariato ha già cominciato a combattere per costruire una nuova legalità, un nuovo potere. Per costruire la sua organizzazione. … l'apparizione di organizzazioni operaie autonome sono l’obiettivo attuale ad indicare i primi momenti di autorganizzazione proletaria per combattere i padroni e i loro servi sul loro terreno 'alla pari', con gli stessi mezzi che essi utilizzano contro la classe operaia: diretti, selettivi, coperti …".

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