
sabato 6 novembre 2010
Sapere, potere e semiosfera

lunedì 1 novembre 2010
Facebook e "soluzione cilena" alle contraddizioni sociali

"La polizia ci spia su Facebook" di Giorgio Florian - "Un patto segreto con il social network. Che consente alle forze dell'ordine di entrare arbitrariamente e senza mandato della magistratura in tutti i profili degli utenti italiani. Lo hanno appena firmato in California (28 ottobre 2010). Negli Stati Uniti, tra mille polemiche, è allo studio un disegno di legge che, se sarà approvato dal Congresso, permetterà alle agenzie investigative federali di irrompere senza mandato nelle piattaforme tecnologiche tipo Facebook e acquisire tutti i loro dati riservati. In Italia, senza clamore, lo hanno già fatto. I dirigenti della Polizia postale due settimane fa si sono recati a Palo Alto, in California, e hanno strappato, primi in Europa, un patto di collaborazione che prevede la possibilità di attivare una serie infinita di controlli sulle pagine del social network senza dover presentare una richiesta della magistratura e attendere i tempi necessari per una rogatoria internazionale. Questo perché, spiegano alla Polizia Postale, la tempestività di intervento è fondamentale per reprimere certi reati che proprio per la velocità di diffusione su Internet evolvono in tempo rea le. Una corsia preferenziale, insomma, che potranno percorrere i detective digitali italiani impegnati soprattutto nella lotta alla pedopornografia, al phishing e alle truffe telematiche, ma anche per evitare inconvenienti ai personaggi pubblici i cui profili vengono creati a loro insaputa. Intenti forse condivisibili, ma che di fatto consegnano alle forze dell'ordine il passepartout per aprire le porte delle nostre case virtuali senza che sia necessaria l'autorizzazione di un pubblico ministero. In concreto, i 400 agenti della Direzione investigativa della Polizia postale e delle comunicazioni potranno sbirciare e registrare i quasi 17 milioni di profili italiani di Facebook. Ma siamo certi che tutto ciò avverrà nel rispetto della nostra privacy? In realtà, ormai da un paio d'anni, gli sceriffi italiani cavalcano sulle praterie di bit. Polizia, Carabinieri, Guardia di finanza e persino i vigili urbani scandagliano le comunità di Internet per ricavare informazioni sensibili, ricostruire la loro rete di relazioni, confermare o smentire alibi e incriminare gli autori di reati. Sempre più persone conducono in Rete una vita parallela e questo spiega perché alle indagini tradizionali da tempo si affianchino pedinamenti virtuali. Con la differenza che proprio per l'enorme potenzialità del Web e per la facilità con cui si viola riservatezza altrui è molto facile finire nel mirino dei cybercop: non è necessario macchiarsi di reati ma basta aver concesso l'amicizia a qualcuno che graviti in ambienti "interessanti" per le forze dell'ordine. A Milano, per esempio, una sezione della Polizia locale voluta dal vicesindaco Riccardo De Corato sguinzaglia i suoi "ghisa" nei gruppi di twriter, allo scopo di infiltrarsi nelle loro community e individuare le firme dei graffiti metropolitani per risalire agli autori e denunciarli per imbrattamento. Le bande di adolescenti cinesi che, tra Lombardia e Piemonte, terrorizzano i connazionali con le estorsioni, sono continuamente monitorate dagli interpreti della polizia che si insinuano in Qq, la più diffusa chat della comunità. Anche le gang sudamericane, protagoniste in passato di regolamenti di conti a Genova e Milano, vengono sorvegliate dalle forze dell'ordine. E le lavagne degli uffici delle Squadre mobili sono ricoperte di foto scaricate da Facebook, dove i capi delle pandillas che si fanno chiamare Latin King, Forever o Ms18 sono stati taggati insieme ad altri ragazzi sudamericani, permettendo così agli agenti di conoscere il loro orga nigramma. Veri esperti nel monitoraggio del Web sono ormai gli investigatori delle Digos, che hanno smesso di farsi crescere la barba per gironzolare intorno ai centri sociali o di rasarsi i capelli per frequentare le curve degli stadi. Molto più semplice penetrare nei gruppi considerati a rischio con un clic del mouse. Quanto ai Carabinieri, ogni reparto operativo autorizza i propri militari, dal grado di maresciallo in su, ad accedere a qualunque sito Internet per indagini sotto copertura, soprattutto nel mondo dello spaccio tra giovanissimi che utilizzano le chat per fissare gli scambi di droga o ordinare le dosi da ricevere negli istituti scolastici. Mentre, per prevenire eventuali problemi durante i rave, alle compagnie dei Carabinieri di provincia è stato chiesto di iscriversi al sito di social networking Netlog, dove gli appassionati di musica tecno si danno appuntamento per i raduni convocando fans da tutta Europa. A caccia di raver ci sono anche i v enti compartimenti della Polizia postale e delle comunicazioni, localizzati in tutti i capoluoghi di regione e 76 sezioni dislocate in provincia."
mercoledì 27 ottobre 2010
A Bologna come altrove in Italia: esprimere subito contrarietà all'«ipotesi Vendola»

Link utili:
http://cprca2010.ning.com/profiles/blogs/lt-unaltra-opposizione-e
http://www.bolognacittalibera.org/profiles/blogs/io-narrante-e-coscienza
http://www.bolognacittalibera.org/profiles/blogs/i-cangianti-colori-della-1
http://www.bolognacittalibera.org/profiles/blogs/fuori-dal-parlamento-visibilia
lunedì 25 ottobre 2010
Sergio Marchionne: gli interessi aziendali FIAT contro gli interessi delle masse popolari

La manifestazione del 16 Ottobre, viceversa, sostiene la proposta dello sciopero generale contro il dominio politico dell'impresa e contro le politiche governative che ne sono espressione, accolta con entusiasmo consapevole dalla enorme massa di persone che vi hanno partecipato. È la giusta azione contro la devastazione sociale, l'unica dignitosa rivolta possibile oggi, arrivata direttamente dai lavoratori e cittadini consapevoli ed indisponibili ad una deriva berlusconiana che trascina nell'impotenza anche tutte le forze organizzate della “sinistra”. Senza il pronunciamento combattivo dei proletari uniti, non c'è alternativa degna di un popolo che sappia prendere in mano il proprio destino. La grande, democratica questione del lavoro e dei suoi diritti non è un utile argomento per la retorica dei politici, è il discrimine tra il futuro libero e di massa della società italiana che – autonomamente – si riorganizza e l'incontrastata riproposizione delle fortune del capitale multinazionale.
Link di Bologna Città Libera:
“Governo, impresa, conflitto capitale-lavoro e autonomia politica"
http://www.bolognacittalibera.org/profiles/blogs/governo-impresa-co...
"Fabbrica Italiana di Profitti, comunità operaia e autonomia”
http://www.bolognacittalibera.org/profiles/blogs/fabbrica-italiana
giovedì 21 ottobre 2010
Dopo il 16 Ottobre, "Uscire dalla rete ... e poi ?"

- Spunti d'analisi - La scossa c'è stata. A Roma, il 16 Ottobre. L'embrione di unità della soggettività antagonista generata dalle lotte sociali si è palesato, certo risentendo della caoticità dell'insorgenza rivendicativa, ma – senza alcun dubbio – presentandosi come obiettivo segno d'una seria ripresa della capacità di contrasto all'incedere della “dittatura dell'impresa” e del protagonismo popolare che ripropone l'orizzonte del “beni comuni”. Questa scossa, auspicata e coprodotta, è indotta da condizioni materiali che divaricano irreversibilmente il coagulo di interessi del capitale globale (la commistione – in sede governativo-parlamentare - di interessi pubblici e fatti privati è l'espressione più facilmente decodificabile dell'attuale prioritario ruolo che svolge il “complesso politico-industriale-finanziario” nella configurazione del dominio sociale) da un lato, e, dall'altro, una reazione delle “classi subalterne” – nel vivo del quotidiano scontro sociale – che “vede” necessarie l'autorganizzazione, mentre sedimenti di conoscenza critica ed elaborazione teorico-politica vengono condivisi e fatti “corpo” nelle concrete “forme di vita” e di “cittadinanza attiva”. Da questo punto di vista, anacronistiche e fuorvianti sembrano quei “laboratori politici” (ad esempio, le “fabbriche” vendoliane e/o pdessine) che tentano di recuperare questo “potenziale antisistema” (quindi, autenticamente rivoluzionario), ovviamente depurato da imbarazzanti “presenze democraticiste”, dirigendolo verso un impotente riflusso partitico-legalista orientato a beneficio unico di un “ceto politico” che intende riciclarsi, sopravvivendo a se stesso ed incapace di autocritica. Il terremoto politico non è dato da una militanza nella “sinistra” (PdRC, PdCI, SEL, FdS) con evidenti segnali di continuità con il fallimentare recente passato; tali “sigle” sono restate sul mercato della politica a contendersi elettori, ponendosi come obiettivo massimo rieleggere deputati, senatori o consiglieri, negoziare presenze nelle Giunte comunali, provinciali o regionali, collocare “amministratori” negli enti subordinati, confondendo il consenso elettorale con un improbabile riequilibrio dell'assetto di potere e pretendendo di ridare attualità politica ai tipici valori della “sinistra” togliattiana-divittoriana della “democrazia progressiva”.
In realtà, archiviate queste arcaiche manovre, è fondamentale insistere sulla linea dell'edificazione di nuove istituzionalità popolari, distanti / diverse da quelle articolazioni statali ove la “rappresentanza” perpetua subalternità, soggioga le masse popolari, crea devastanti distorsioni nella “democrazia costituzionale”; l'autonomia politica deve – viceversa – conquistare e difendere spazi per esercitare i “diritti” dei giovani, donne, precari, disoccupati, cassaintegrati, operai, artigiani, autoimprenditori delle conoscenze, lavoratori autonomi che oggi mal sopportano la storica iniquità dell'ennesima crisi del modello capitalista di sviluppo. Le lotte di resistenza e di attacco alla “tenaglia” confindustriale-sindacale che impone l'agenda politica al Paese, manifestano una consapevolezza “altra” della crisi che chiede a tutti i suoi protagonisti una rinnovata determinazione nella capacità popolare di dare autorevole voce – senza mediazione partitica – ai “bisogni sociali” (reddito, Welfare, cultura, ambiente, multiculturalità, …) e del “lavoro” che sono nel suo DNA. Questa sollecitazione non può non essere colta dalle donne e dagli uomini liberi con l'entusiasmo che deriva dal riappropriarsi della propria esistenza. Per chi ha vissuto e vive la difficile battaglia della libertà individuale e collettiva dal gioco del capitale – non distinguendo, in modo miope ed asfittico, il “locale” dal “globale”, come purtroppo in alcune componenti dell'area “neocivica” si è ottusamente evidenziato, causando ulteriori “sconfitte” e dispersione di energie trasformative -, questo presente in piazza, sui tetti, nelle occupazioni e presidi, questo presente della “mobilitazione in proprio” delle masse popolari non può che avere come orizzonte e meta l'affermazione di un nuovo modello sociale, del “linguaggio” della comunanza, temi veri delle “proposte politiche” veicolate dalle lotte. Lo scenario è necessariamente più ampio di quello delle pseudostrategie di partito.
I transfughi dei partiti di “sinistra”, compresi i pdessini in libera uscita per una breve, “eccitante” stagione, che hanno frequentato modalità autonome ed alternative d'organizzazione e produzione di eventi politico-sociali, constatando il “blocco mortale” e l'evanescenza dell'opposizione – non solo PD - alla presenza berlusconiana, oggi, percependo il sentore d'una repressione (annunciata da tempo dalla ConIndustria, per bocca della Presidente Marcegaglia) di tipo cileno, tornano sui loro passi, ad una “casa madre”, ad un'autoreferenzialità ed un interclassismo incapaci di “scegliere” la parte del popolo (ad esempio, sull'acqua: il PD si è forse schierato raccogliendo le firme per la difesa di quel bene pubblico essenziale ? E sul petrolio e il nucleare ? E per il lavoro ?), immaginando di occupare posti ed apparire seriosi e compìti in TV.
L'urto del 16 Ottobre, dunque, è stato prodotto ed ha provocato un'iniziativa unitaria dell'antagonismo sociale. Ora, va suscitata la voglia collettiva di stare realmente sul territorio, di continuare a realizzare iniziative a sostegno delle mobilitazioni di interesse comune. Vista anche la possibilità imminente di elezioni ed il rischio di subire ancora, da parte di alcuni, il fascino del “democraticismo partitico” (con decisioni prese come sempre altrove, in primis a Roma), pare opportuno indicare con nettezza l'estraneità ed ostilità verso “giochi” improduttivi quando non dannosi, dotando il “movimento popolare di resistenza e per la cittadinanza attiva” di “luoghi” propri di rappresentanza e di autodifesa democratica. Nelle circostanze date, è possibile la creazione di stabili organismi popolari e di lotta espressi direttamente dai lavoratori e dai cittadini, quali spazi di partecipazione alle decisioni nell'esclusivo interesse delle comunità sociali e territoriali, cellule base della democrazia di massa da cui far generare l'organizzata nuova struttura pubblico-istituzionale che, in tale forme, può costituirsi; nel contingente, tali organismi popolari di lotta possono svilupparsi come strumento rivendicativo e luogo privilegiato d'intervento politico dei soggetti antagonisti. Si può auspicare, in particolare, la fondazione della strategia politica antisistema sull'egemonia socio-territoriale di Comitati popolari di resistenza per la cittadinanza attiva quali strumenti di contropotere alternativo all'apparato statale. Accendere il dibattito su questi temi alla luce del sole - non fra pochi, ma ampio - porterà finalmente all'individuazione d'una linea comune delle pratiche antagoniste, ben riconoscibile ai soggetti delle diffuse rivolte le quali, per questa guisa, potranno trasformarsi in decisioni concrete di respiro duraturo.
- Proposta politica -

2.Tutte le ipotesi e le pratiche politico-organizzative messe in cantiere (volendo limitarsi a considerare solo il periodo dalll'89 ad oggi), sono state fallimentari per gli interessi delle classi subalterne. Gli stessi sciagurati protagonisti ed interpreti degli ultimi decenni della devastazione progettuale e della stessa mobilitazione delle coscienze, si ripropongono ora come “salvatori” avanzando ricette avvelenate (tutti uniti nel o al PD) ed inventandosi conduttori di reality politici sulla pelle delle masse lavoratrici, dei disoccupati, degli sfruttati.
Nessuno di costoro può più permettersi – senza pagare dazio – di anteporre proprie concezioni teorico-politiche al reale movimento sociale di resistenza all'incedere della crisi, nessuno è più legittimato a rappresentare moltitudini non disposte a delegare ulteriormente. Pertanto, qualsiasi ripresa della lotta e della partecipazione politica deve individuare il massimo di contraddizione nell'assetto della “rappresentanza” e della “rappresentatività” operando una rottura teorico-politica e di prassi, liberando una soggettività politica da ogni “appartenenza” - anche se residuale - nel “noi sociale” in grado di comunicare nuove forme istituzionali della “domanda popolare” e contenuti propri, oggetti specifici delle “politiche sociali” che si vogliono perseguire. Il punto più alto delle contraddizioni economico-sociali del capitale è l'annientamento delle “socialità altre”, non “collaborazioniste”. Il punto più alto di risposta allo stato presente di cose è “fare comunità” - costruire il “noi sociale” - tramite capacità di autovalorizzazione (conoscenze, professionalità, autoimprenditorialità, sostenibilità, contropotere) di progetto e di comunicazione sociale . . . . .
3.La realtà non deve diventare la sua rappresentazione mediale, come anche significative esperienze recenti (neocivismo) hanno fatto. L'irruzione della realtà nella lotta politica dipende dalla volontà del “noi sociale” di distruggere il paradigma della rappresentazione partitico-mediale delle contraddizioni sociali. “Noi” dobbiamo rappresentare personalmente noi stessi, non un brand, un veicolo di comunicazione nel mercato della politica. Rompere questo dispositivo di potere (“delega” e “rappresentanza”) evitando di essere ancora sudditi, vuol dire farsi carico in prima persona dell'agire politico e sviluppare non solo pensiero, ma anche pratiche di liberazione. La precondizione è costituire un “luogo politico” - Comitato popolare di resistenza per la cittadinanza attiva (CPRCA) – che nel territorio accolga, spogliati di ogni appartenenza partitica, sindacale, associativa, ogni individuo, ogni sincera compagna, ogni onesto compagno, disponibili tutte e tutti a proporre, organizzare e lavorare per un sistema che dal basso possa affrontare e risolvere i problemi della cittadinanza conferendo autonomia e responsabilità politico-amministrativa nuove ad ambiti istituzionali socio-territorialialmente “partecipati”, imponendo socialmente l'agenda politica. Ad esempio, il territorio emiliano – romagnolo, da Piacenza a Rimini, è lo scenario entro il quale muoverci a fronte d'una socialità atonomisticamente frammentata e zone specializzate per funzioni. Costruire i CPRCA per ogni ambito territoriale provinciale può significare costruire un proprio “frame” capace di ricomporre politicamente il territorio regionale aggredendone i santuari del potere che da questa parcellizzazione egolatrica ne trae beneficio al fine di rideterminare forme di dominio. Sottrarsi ad ogni gioco politico eterodiretto dai “soliti noti” (partiti e personale politico ben retribuito) e vivere politicamente ed esclusivamente nello spazio/tempo della comunità in cui si riesce a giocare la propria “sottrazione” ed estraneità. Costruire nuove istituzionalità che si sviluppino nel tempo divenendo egemoni nella dimensione popolare delle forme di vita, esigendo “beni comuni” in ogni città del territorio d'appartenenza . . . . .
Tutti sono invitati ad avviare un discorso pubblico su questi temi.
“... Felicità non è correre e poi fermarsi di botto. Ma star fermi, progredire, lentamente, consapevolmente ...” - Tratto da “Ho fatto un sogno: Vivere il socialismo dell'armonia” di Zygmunt Bauman
- Proposta d'iniziativa -
ASSEMBLEA PUBBLICA / SEMINARIO
(entro Novembre 2010) iniziativa di “respiro” nazionale
dedicata ad Oscar Marchisio
Titolo provvisorio:
< QUIETE E POI TEMPESTA, SOTTO I CIELI DEL MONDO
UN'ALTRA OPPOSIZIONE È POSSIBILE
CRISI, DIRITTI DI CITTADINANZA, LIBERTÀ
NELLE METROPOLI DEL CAPITALE >
Si invita a contribuire all'organizzazione ed a partecipare all'Assemblea pubblica "QUIETE E POI TEMPESTA, SOTTO I CIELI DEL MONDO - UN'ALTRA OPPOSIZIONE È POSSIBILE. CRISI, DIRITTI DI CITTADINANZA, LIBERTÀ NELLE METROPOLI DEL CAPITALE " per ricordare Oscar Marchisio. Poco più di un anno fa, Oscar Marchisio se ne andava per sempre. In viaggio lo è sempre stato, quasi per abituarci alla sua assenza e ad imparare a far da soli. Ora sono cambiate le capacità / volontà permanenti del suo ricordo da parte di ciascuno di noi, orgogliosi di averlo conosciuto, frequentato, "usato" intellettualmente e politicamente, capacità / volontà collettive di conservare e far fruttificare i frammenti del suo agire come lasciti individuali da ricomporre. Ricordarlo, dunque, come se dovesse tornare a donarci ancora i "prodotti" della sua mente, gli stimoli "a fare" del suo prezioso operare teorico-politico e culturale. Dal punto di vista politico-programmatico - refrattario alla deriva "commerciale" del sistema dei partiti, sempre più assortito - Oscar Marchisio, anche in occasione delle elezioni amministrative '09, ha guardato con sincero interesse ed "occhio critico" all'esperienza di Bologna Città Libera, constatando la reale "logica concorrenziale" sussistente tra il "mercato mainstream" e post-neo organizzativo delle "sinistre" contrapposto ad "etichette" più o meno "indipendenti" (ad esempio, la tendenza neocivica insita in B.C.L.) e di leadership eterno-emergenti. In mezzo, una marea di "soggetti" che o muoiono dopo le prime "battaglie" pubbliche - avvezzi solo alla virtualità reticolare - o emigrano verso "mercati" che meglio remunerano (sottobosco del mondo sindacale, politico, culturale, mediale). La "TEMPESTA, SOTTO I CIELI DEL MONDO" è - a contrario - una sincera espressione di rifiuto di tali melmosi andazzi. È una raccolta di energie (donne e uomini liberi che si incontrano nelle autentiche relazioni territoriali e sociali antagonisticamente orientate contro la "società del capitale" e si autodeterminano) che hanno il polso della "situazione" e manifestano la coraggiosa volontà di industriarsi nel costruire un'alternativa forma di vita popolare - umile e forte - dal respiro strategico ed efficace nel risultato, inaridendo definitivamente le visioni e le prassi dei mesterianti ed aspiranti stregoni.
Una "lingua" nuova, per dire ed affermate nuove forme di vita popolare. Questo è lo snodo fondativo ed irreversibile d'una modalità originale di pensiero e di azione che salda l'opera di Oscar Marchisio all'iniziativa politico-programmatica che viene messa in cantiere, nella rilettura doverosamente critica (scienze) e nell'assunzione di responsabilità (coscienze) di un dispositivo collettivo - i costituendi Comitati popolari di resistenza per la cittadinanza attiva (CPRCA) - da vivere davvero sulla propria pelle, senza vie di fuga, nel fuoco di un cambiamento epocale la cui posta in gioco è la libertà d'esistere.
Giovanni Dursi
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http://www.facebook.com/home.php?#!/profile.php?id=1192180355 Bologna, Intervento per l'incontro del 24 Ottobre 2010
Link: http://www.faremondo.org/news.php?nid=49
sabato 9 ottobre 2010
Tasche vuote, chiacchiere e sangue
Il Presidente della Repubblica è uomo esperto che si intende di molte cose e di “democrazia” in special modo.
Se, più volte, si è deciso ad intervenire ed il suo staff presidenziale si è “mosso” per affermare un andamento disastroso per la società italiana, dev’essere proprio vero. D’altronde la penuria è nelle tasche di tutti i lavoratori, scontatamente vuote quelle dei disoccupati, inoccupati e cassaintegrati, basta affondarvi le mani. La grave crisi economica – caratterizzata da storici squilibri mondiali tra aree geopolitiche diverse, commisti a sovrapproduzione di merci – e l’indotta stasi del “mercato” è affrontata dal capitale in “modo selvaggio”: licenziamenti, azzeramento di ogni diritto contrattuale degli occupati nelle aziende, smantellamento dei servizi e della stessa logica del Welfare, distruzione ecosistemica e guerre di conquista spacciate per “esportazione della democrazia”. L’inflazione reale continua a salire nel silenzio dei media che inseguono gli obnubilati lettori e spettatori proponendo loro solo trame del malaffare e “scandali a corte”, accadimenti di secondo piano, ovviamente tutti ad “insaputa” dei laidi protagonisti politici d’una maleodorante scena degna di un bordello clandestino. Il Governo dei lazzi, frizzi, carote in culo, bestemmie e di guerre combattute con elevatissimi costi umani è lo specchio fedele di un ottimismo campato in aria, da tardo impero ove ognuno è impegnato ad arraffare quanto più può, mentre altri muoiono di fame o colpiti in battaglie che producono ignari morti civili, prima del momentaneo tramonto che – questo è l’auspicio dei trogloditi al potere – possa annunciare una nuova era dove tutto sia come prima, per ricominciare ad occuparsi di affari privati e della “serva democratica”. Il guardiano costituzionale mostra tutti i limiti della retorica "democraticista" quando insiste nei richiami e nemmeno pensa ad una scenario resistenziale, ad un pronunciamento popolare che spazzi via la marmaglia fascista. Ci apprestiamo a celebrare – ormai anestetizzati – l’ennesimo anno dell’euromoneta in un continente in preda a nuove violente ondate xenofobe, razziste, militariste; ciò dimenticando responsabilità che ricadono certo non nel conio unico, ma su chi, attraverso il vil denaro, ha speculato prima e ha innescato, dopo, la congiuntura economica globale (in sinergia con la crisi finanziaria USA) procurando devastazione sociale e impossibilità di sopravvivenza per milioni di cittadini, mai rinunciando ai “margini di profitto” comunque garantiti da un sistema di produzione basato sullo sfruttamento. La “democrazia” non è una questione solo “politica”, ma istituzionalmente articolata ed ha origine nella democrazia economica alla quale è necessario guardare per far si che la Costituzione, in Italia, sia rispettata senza tentennamenti o tentazioni abrogative, siano esse “normative” o “di fatto” come il “caso FIAT” insegna. Può andare diversamente ? Forse. Certo non con le liturgie del Palazzo o del putrefatto sistema dei partiti, tantomeno rincorrendo le “buoniste” chimere di un impotente riformismo, sia esso interno alle logore forme della rappresentanza, sia esterno alla dimensione parlamentare, che si può cambiare un autunno caldo ed un inverno di torrido scirocco. Eppure – non solo il Presidente – si continua a parlare d’altro: processi “brevi”, RAI, puttanate … dimissioni mai giunte, fastidiose inutili litanie polemiche, sgambetti tra manager, guerre trasversali tra fazioni politiche, colpi di mano nelle nomine di fiduciari, tutti decisi a contendersi palmo a palmo una fetta di potere ulteriore, con la massima carica delle Stato che osserva ed inghiotte, mai pensando a clamorose dimissioni, mai pensando seriamente ad una messa “fuori gioco” di potentati contendenti che non sono stati scelti dal popolo. La sobrietà e l’autorevolezza del “dire” non bastano, anzi, non servono: è un parlare a vanvera, come confondere l’ordinario con la straordinario. Straordinariamente, ora tocca al popolo, a chi crede nel popolo sovrano in grado di partecipare alla creazione di nuove istituzioni.

sabato 11 settembre 2010
Etica della comunicazione - Lezione 1
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Etica della comunicazione - Lezione 2
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venerdì 10 settembre 2010
AVAMPOSTO “SEVEL” (Gruppo FIAT) E OPERAI RESISTENTI: ALLA RICERCA DI FORME LIBERATORIE DI LOTTA POLITICA



martedì 7 settembre 2010
Il dire e il fare


Giovanni Dursi
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lunedì 6 settembre 2010
Sdegno, per una "marcia su Teheran" che non si farà


giovedì 26 agosto 2010
Governo, impresa, conflitto capitale-lavoro e "autonomia politica"
Il combinato disposto Impresa/Governo, messo in pratica dall'ad FIAT Marchionne e dal ministro del Tesoro Tremonti, sta producendo i suoi devastanti effetti nel permanente conflitto capitale-lavoro. Federmeccanica, si prepara a derogare dal Contratto Nazionale dei metalmeccanici, inserendo norme ad hoc per il settore automobilistico sulla scia dell'accordo separato di Pomigliano. Martedì 7 settembre il Comitato direttivo di Federmeccanica formalizzerà le sue intenzioni, rinviando il tavolo con i Sindacati di categoria. L'obiettivo è quello di definire una normativa specifica per il settore auto con deroghe al C. N. dei metalmeccanici. La presidente di ConfIndustria, Marcegaglia, forte dello scontato aiuto da parte del “Governo amico” che procede nell'introdurre anomalie normative nell'ambito delle leggi che regolamentano le “relazioni industriali”, spiega come “è possibile fare deroghe al Contratto Nazionale, introducendo un contratto ad hoc per l'auto”. Immediatamente d'accordo si dichiara la Fim-Cisl con il Segretario Giuseppe Farina che spinge per “una specializzazione settoriale” ammettendo la generalizzazione in atto dell'accordo tipo generato per Pomigliano in tutti gli stabilimenti FIAT, a partire dalla triplicazione delle ore di straordinario comandato: da 40 a 120 all'anno.
Tremonti, nel frattempo, si mostra in perfetta sintonia con il padronato, sordo al richiamo del Presidente Napolitano e mentre volta la faccia dall'altra parte quando i tre operai di Melfi, legittimamente reintegrati al lavoro da un'ordinanza cautelare del Giudice competente, illegalmente la FIAT non riammette alla catena di montaggio. Il Ministro sostiene la proposta di collegare gli stipendi agli utili delle imprese anche non rispettando i “diritti acquisiti” perché “una certa qualità di diritti e regole non possiamo più permetterceli”, oltre a riproporre la scelta nucleare a causa dell'impatto negativo sul PIL dell'import d'energia. Dal canto suo, Marchionne dichiara apertamente che in Italia le fabbriche sono meno produttive che in alti paesi, ammettendo implicitamente che i minor margini di profitto nel Paese sono determinati dallo sfruttamento intensivo della manodopera che la FIAT realizza in altre nazioni laddove nelle sue fabbriche sono inesistenti tutele sindacali e redditi socialmente sostenibili, evocando delocalizzazioni ulteriori nello scenario – addirittura – d'una auspicata abrogazione del conflitto capitale-lavoro nell'attuale epoca.
Considerato che anche il P.D. (Damiano) considera “possibile l'individuazione di specifiche normative per i diversi settori industriali, per quanto riguarda il regime dei turni, la prestazione straordinaria e l'organizzazione del lavoro”, la classe operaio, il mondo del lavoro dipendente e del non-lavoro non hanno altra strada che l'autonomia politico-organizzativa che possa effettivamente contrastare questo gioco al massacro nell'indifferenza sostanziale anche di chi si dichiara dalla parte dei lavoratori, attardandosi però a leccare il culo al maggior partito d'opposizione parlamentare. Il conflitto reale nella società di adesso è tra chi è capace e consapevole di governare queste lotte e chi invece subisce i ricatti della subalternità. C'è chi continua a “dialogare” con il P. D. attardandosi in diatribe e polemiche perfino personali, quindi fuorvianti; c'è chi, apprendista stregone che si esercita con il pallottoliere, verifica ipotesi alchemiche mescolando risicate percentuali elettorali e residuali spezzoni di partito, peraltro appesantiti da sindrome del leader. Incapaci di percepire “altro”, procedono immemori di quanto già “No logo” di Naomi Klein ci ha fatto meglio comprendere … Da Seattle all'esperienza di Bologna Città Libera e del neocivismo, dall'egemonica estensione planetaria del liberismo selvaggio negli anni '80 alla “marea nera” obamiana, la “politica” espressa dal sistema dei partiti nelle sue forme novecentesche endogene alle compatibilità capitalistiche, ha fallito nei tentativi d'emancipazione e rivendicazione economico-normativa (“sinistra”) ed ha aggiornato la ferocia del dominio (“destra”) nel perseguire quote di profitto ad ogni costo (umano, ambientale, culturale). Mentre il ceto politico dirigente nazionale P. D. ed i suoi cloni locali trattano, dopo tanta umiliante anticamera, con le forze governative (da ultimo, D'Alema che “chiede” a Letta) e pensano di affidarsi al turpiloquio televisivo per “riconquistare” attenzione popolare, si assiste alla deroga – nel permanente stato di incoerenza, l'efettivo “brand democratico”, nel quale si dibattono il P. D. e gli “estimatori” esterni al partito - da ogni elementare prassi d'opposizione parlamentare, continuando a frenare, boicottare, imbrigliare le lotte sociali per il salario, occupazione e diritti. C'è chi pensa, dentro e fuori l'area “democratica” ormai parte integrante della “Gomorra istituzionale”, che è sufficiente “farsi vedere” o dichiarare “solidarietà” con i soggetti che si oppongono all'incedere della crisi per “aver cambiato pelle”. Insomma, l'indole moderata d'ogni prassi partitica funziona solo dove le sirene d'Ulisse hanno la meglio sugli sprovveduti di turno che, semplicemente, danno credito agli “infiltrati” P. D. nei movimenti. Sono maturi i tempi – per gli intellettualmente onesti – dell'abbandono al suo destino della “politica” per intraprendere/riprendere il percorso della trasformazione sociale, assumendone le responsabilità che derivano dalla conoscenza della contraddittoria realtà sociale e che hanno come meta una processualità antisistema. Tali responsabilità impegnano tutte e tutti nello strutturare l'antagonismo – in tutte le sue manifestazioni – permettendo all'individuo ed alle comunità territorialmente dislocate d'accumulare conoscenze sulla loro realtà per trasformarla in funzione dei propri bisogni. Interpretare correttamente il proprio mondo sociale – liberandosi d'ogni appartenenza politica e/o sindacale -, immagazzinare informazioni condividendole e tradurle in azioni di resistenza ed assalto: questo lo scenario dell'autorganizzazione dei propri comportamenti ed il possibile adattamento al nuovo vissuto autodeterminato dei propri schemi mentali. L'assunto ad impossibilia nemo tenetur (“alle cose impossibili, nessuno è tenuto”), va ribaltato semanticamente: alle cose possibili, siamo tutti chiamati.
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domenica 15 agosto 2010
Fuori dal Parlamento. Visibilia e melma


Ecco perché la violenza politica e l'eversione, di questo si tratta, diventa la risposta dello Stato all'insubordinazione sociale in fase di organizzazione militante. Il deficit è dunque della proposta politico-organizzativa della “sinistra”, un deficit di direzione politica delle lotte dalle rischiose conseguenze. Inoltre, non bisogna scindere la riorganizzazione dell'antagonismo sociale e la costruzione di nuove istituzionalità popolari dal contesto internazionale e specificamente da quello Europeo e dal sistema delle relazioni internazionali, sullo sfondo d'una crisi economica che costituisce il fattore più importante di riaggregazione rivoluzionaria, una crisi-presupposto della crescita dei movimenti sociali autonomi di contrasto alla “politica borghese” in tutte le sue varianti di “destra” e di “sinistra”. Ascoltato il “ricorso alle piazze” delle camicie verdi leghiste e dei cappucci neri delle P2 e 3 al Governo per semplici interessi di permanenza al potere e di tutela di interessi propri (personali, di clan, di gruppi aziendali, di fazioni della borghesia finanziaria), piuttosto che di un interesse generale da servire, la “sinistra” trascura il “totale accentramento di potere”, le “gravi carenze e irregolarità, sotto il profilo del riciclaggio” e i non meno gravi “conflitti di interesse” negli affidamenti, reati perpetuati dalla “cricca affaristico-mafiosa” insediata al Governo del Paese, per esercitarsi nella grande ammucchiata che vede già i "democratici" affabilmente colloquiare, localmente quanto nazionalmente, con ex M.S.I., secondo le elementari proprietà commutativa, associativa e dissociativa dell'addizione: cambiando l'ordine degli addendi la somma non cambia; la somma di tre o più addendi non cambia se al posto di alcuni di essi si sostituisce la loro somma ; la somma di due o più addendi non cambia se a uno o più di essi se ne sostituiscono altri la cui somma è uguale all'addendo sostituito. Melma.
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